Siamo ancora grati per essere stati ricevuti dal Presidente della CEI al quale è stato consegnato il documento, con cui abbiamo espresso l’urgenza di un intervento più deciso in linea con il presupposto di libertà di coscienza e morale, rispetto alle fughe in avanti di alcune realtà ecclesiastiche verso un obbligo vaccinale inesistente e inesigibile.
Inevitabilmente, e come da copione, sono tuttavia subito spuntati i corifei a gestire mediaticamente tali fughe (rif. articolo pubblicato in data 8/9/2021 su Avvenire https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/la-cei-in-parrocchia-e-bene-essere-vaccinati) con commenti a dir poco “spaventosi”, addirittura indicando che “avere parrocchie sicure è la priorità della Chiesa italiana”, esaltando e forzando una lettura fuorviante del nuovo documento della CEI, anche al di là di ogni decente interpretazione.
Da ultimo e senza troppa sorpresa, anche la diocesi di Milano, nella persona del Vicario generale, si è subito distinta con un documento (rif. https://www.chiesadimilano.it/avvocatura/files/2021/09/Decreto-del-Vicario-Generale-circa-alcune-misure-di-contrasto-alla-pandemia-9-settembre-2021.pdf) che, tuttavia, non riesce ad essere inquadrato canonicamente.
Infatti, non può essere un “decreto generale” che è una legge (can. 29), perché questo spetta al solo vescovo che agisce personalmente (can. 391 § 2) nella sua potestà legislativa, che non può essere delegata se non nei casi esplicitamente previsti (can. 135 § 1). Non può essere neanche un “decreto generale esecutivo” (can. 31 e 32), che può essere emanato dalla potestà esecutiva, come il Vicario generale, perché tale forma di decreto si riferisce a leggi già esistenti e ne urge l’osservanza e ne determina i modi (can. 32), perché non vi è nessuna legge canonica sul merito.
Non si tratta neppure di una “istruzione” (can 34) emanata da “coloro che godono della potestà esecutiva” (can. 34 § 1) “entro i limiti della propria competenza” (ibidem) dato che la natura dell’istruzione è di chiarire “le disposizioni di legge e […] i procedimenti nell’eseguirle”, per il motivo che, ancora una volta, non esiste una legge canonica in materia da chiarire e in base alla quale dare disposizioni per l’esecuzione.
Non è neanche un “decreto singolare” (can. 48), in questo caso un “precetto” con il quale “si impone a una persona o a persone determinate qualcosa da fare o omettere” (can. 49), perché tale decreto serve, come in questo decreto milanese, per “urgere l’osservanza di una legge”; ma, ancora una volta, nella materia specifica di cui si tratta non esiste alcuna legge canonica che urge l’osservanza di tale “legge”.
In ogni caso, il decreto singolare può essere emanato “entro i limiti della propria competenza” (can. 35): e pone il problema di quale sia il limite della competenza del Vicario generale.
Vero è che Milano ha visto un Prefetto come Ambrogio diventare vescovo, ma che il Vicario generale diventi Prefetto è una novità della quale non riusciamo che a meravigliarci.
Secondo il can. 479 § 1 la competenza del Vicario generale ha infatti la medesima estensione della potestà esecutiva di quella del Vescovo diocesano. E allora basterebbe verificare quali sono le competenze del Vescovo che, con non poca confusione, sono elencate in molti canoni, ma più precisamente, per quello che conta, ai canoni dal 381 al 389 e, in nessuno di tali canoni, vi è l’attenzione ad un presunto presupposto normativo riguardante l’emanazione di un atto amministrativo circa l’aspetto sanitario della diocesi. Continue reading