ISLAM Aggressione a contadini cristiani in Pakistan

Il 29 ottobre in Pakistan, nella provincia del Punjab, diversi cristiani che stavano irrigando i loro campi sono stati aggrediti da un gruppo di proprietari terrieri musulmani che hanno aperto il fuoco su di loro ferendone almeno nove, tre delle quali sono ricoverati in ospedale in condizioni critiche. Secondo le testimonianze raccolte dall’agenzia AsiaNews, i musulmani da tempo intendono acquistare i terreni agricoli dei cristiani che però non sono disposti a venderli perché li hanno ereditati dai loro antenati e perché ne ricavano di che vivere.

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«Campo per la jihad» dell’islam

 

Una cosa è certa. All’islam l’Europa piace. Al punto da farne spesso campo per la jihad. Presente e futura. Lo confermano le cronache dei giorni scorsi.

In Spagna l’intelligence della Polizia Nazionale, in collaborazione con l’Europol, è riuscita a smantellare una banda dedita al finanziamento del terrorismo camuffato da donazioni per i bambini orfani siriani: il denaro, in realtà, è stato raccolto presso la moschea Abu-Bakr di Madrid, seconda per importanza nella capitale, e poi in gran parte inviato all’ong al-Bashaer, legata all’organizzazione jihadista Yeish-al-islam ovvero «Esercito dell’islam», a sua volta collegata al Fronte al-Nusra, in Siria. I soldi finivano così in una scuola di addestramento per futuri mujaheddin gestita dalle milizie di al-Qaeda, dove effettivamente i minori c’erano, sì, ma per imparare ad usar le armi, con cui emulare e vendicare i loro padri caduti in combattimento.

Il giudice del Tribunale nazionale, Joaquín Gadea, ha pertanto spedito in galera, con le pesanti accuse d’appartenere ad un’organizzazione terroristica e d’averne finanziato l’attività, Mohamed Hatem Rohaibani, tesoriere dell’Ucide-Unione delle Comunità islamiche di Spagna, che, con le circa 800 realtà religiose aderenti, fa parte della Cie-Commissione Islamica di Spagna, entrambi organismi retti da Ayman Adlbi, già arrestato e poi rilasciato nell’ambito delle stesse indagini, in attesa d’esser chiamato a testimoniare assieme ad un altro individuo, di cui sono state diffuse al momento soltanto le iniziali, M.S.B.K.

In effetti, molti sono i gruppi jihadisti, che, in un groviglio quasi inestricabile di sigle, proseguono le azioni terroristiche in Siria, beneficiando delle campagne di reclutamento e dei canali di finanziamento tessuti in Europa, ora nel mirino dei servizi d’intelligence di tutto il mondo. I più importanti sono tre, tutti sunniti: al primo posto si mantiene saldamente al-Qaeda, seguita dall’Isis e dalle milizie di Hayat Tahrir al-Sham, composte per lo più da siriani decisi a riconquistare una fetta del Paese, per imporvi la sharia.

In un’intervista pubblicata sul settimanale L’Express il ministro francese per la cittadinanza, Marlène Schiappa, ha sollevato il caso dei 2,5 milioni di finanziamento inviati dalla giunta municipale di Strasburgo all’associazione islamica Millî Görűs, evocando pericolose prossimità ideologiche tra il sindaco, Jeanne Barseghian, esponente della lista EELV-Europa Ecologia I Verdi, e l’islam politico. Il contributo, destinato alla costruzione di un grande centro religioso comprendente la moschea, è permesso dalla legge francese, che non applica il principio di «laïcité» in tre dipartimenti della regione del Grande Est, di cui Strasburgo è capoluogo. Ciò detto, va anche aggiunto che l’associazione Millî Görűs si trova attualmente nel mirino del ministero dell’Interno francese, per il fatto d’essersi rifiutata di firmare la Carta sul rispetto dei valori della Repubblica e del principio di laicità (con annessi appositi corsi di formazione), imposta a tutti i soggetti morali pubblici e privati, specialmente se beneficiari di fondi pubblici. E c’è un precedente: i soldi dati dal sindaco di Grenoble, Eric Piolle, pure dell’EELV, al CCIF-Collettivo contro l’islamofobia in Francia, sorto nel 2003 e disciolto l’anno scorso con apposito decreto del consiglio dei ministri, poiché ritenuto dal ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, «un’officina islamista operante contro la Repubblica». Continue reading

DOPO SANTA SOFIA Se Erdogan aspira a restaurare il Califfato

Oggi è toccato a Santa Sofia essere trasformata in moschea, come voleva Erdogan fin dall’inizio della sua carriera. Ma dove porta questa politica? Erdogan non nasconde il suo progetto di restauratore dell’Impero Ottomano. Già si pone come protettore delle moschee di Gerusalemme. E se un domani restaurasse il Califfato?

Se qualcuno nutriva ancora dei dubbi sulle intenzioni restauratrici neo-ottomane del sultano Erdogan, la decisione della Corte suprema turca che spiana la strada alla riconversione in moschea di Hagia Sophia a Istanbul dovrebbe mettere in chiaro una volta per tutte la realtà della minaccia rappresentata dai Fratelli Musulmani. Continue reading

IL VERO PROBLEMA È LA CRISTIANOFOBIA

Giuliano Guzzo nell’articolo seguente dal titolo “Il vero problema è la cristianofobia. Lo dicono i numeri” parla Il rapporto sull’islamofobia, finanziato dall’Ue, il quale si basa più su libere interpretazioni che su evidenze statistiche. Il documento omette per esempio ogni riferimento al dossier Osce-Odihr, che nel 2016 riportava per l’Italia 8 casi riconducibili all’odio antislamico e 32 all’odio anticattolico. Quattro volte tanto. Ma non risulta che l’Ue si sia preoccupata della cristianofobia. Perché?
Ecco l’articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l’8 novembre 2019

Il rapporto sull’islamofobia europea, finanziato dall’Ue, sostiene che l’ostilità nei confronti dei musulmani, in Italia, sia reale. Una tesi affermata tirando in ballo libere interpretazioni anche del comportamento dei media – vengono richiamati il quotidiano La Verità, Il Giornale e Libero, rei di diffondere «articoli aggressivi» – ma senza, onestamente, inoppugnabili evidenze statistiche. Non solo. Nel descrivere la situazione italiana, il rapporto omette ogni riferimento al dossier Osce-Odihr, elaborato sulla base di un questionario che l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa annualmente invia ai Paesi membri, riguardante la raccolta dei dati sui reati generati, e all’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori.
Una lacuna grave per due ragioni. La prima risiede nell’importanza di questi dati, basati sulle segnalazioni costituenti reato: non quindi su «percezioni» individuali né su opinabili giudizi di valore sui titoli o sugli editoriali di questo o di quel quotidiano, ma su dati di fatto, oltretutto penalmente rilevanti. Un secondo motivo per cui è un peccato che il dossier Osce-Odihr non sia stato citato nelle 24 pagine dedicate all’Italia dal rapporto sull’islamofobia europea deriva dal contenuto del dossier stesso, che metteva in luce come nel 2016 nel nostro Paese vi siano stati 8 casi riconducibili all’odio antislamico. Sempre troppi, per carità. 
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O GESÙ O ALLAH L’Islam entra a scuola: i convertiti ci spiegano perché

In Occidente è in corso una jihad culturale, che sta diffondendo l’insegnamento islamico con la complicità di quei Paesi confusi sull’integrazione. Le nostre società cederanno alla Sharia se non torneranno a credere che Cristo è Dio. Come credono ex musulmani, convertitisi al cristianesimo, che oggi testimoniano potentemente la salvezza che è Gesù.

Avevamo già raccontato di come l’islam fosse impegnato in una jihad non solo armata, come nei Paesi arabi dove i musulmani sono la maggioranza, ma piuttosto culturale. Questa seconda strategia di occupazione sarebbe stata studiata ad hoc per l’Occidente, dove è impossibile pensare a una lotta armata contro una popolazione ancora in maggioranza bianca.

A confermare la tesi della jihad educativa è stata la notizia di un seminario organizzato dal distretto scolastico di Dearborn, una città americana nello Stato del Michigan, dove una donna di origini arabe, Huda Essa, ha tenuto un corso di formazione a 400 insegnanti volto a presentare la tradizione islamica. Ovviamente il seminario era stato giustificato dal bisogno di un “insegnamento culturale responsabile”. E ovviamente il succo del discorso di Essa è stato l’attacco al maschilismo bianco che sarebbe più pericoloso del radicalismo islamico, dimenticando di spiegare che la legge islamica, la Sharia, include norme in netto contrasto con la giustizia garantita dal giusnaturalismo occidentale.

La donna, già invitata a parlare anche in scuole della California, della Georgia, del Texas e della Florida, con la scusa della promozione dell’inclusione e di un approccio multiculturale all’educazione, ha definito «per lo più simili» l’islam e il cristianesimo. Secondo Essa, il Corano sarebbe stato direttamente rivelato da Allah al profeta Maometto, al contrario delle Scritture ebraiche e cristiane che sarebbero state alterate da mani umane. Ergo, il Corano sarebbe superiore alla Bibbia. La donna ha poi affermato che le donne musulmane sono vittime non di una religione che le considera esseri inferiori, bensì dell’islamofobia degli americani bigotti. Continue reading

LA UMMA NON PREVEDE NESSUNA FRATERNITA’ SE NON TRA MUSULMANI Intanto in Germania la Merkel ammette che la società multiculturale è completamente fallita e per questo il parlamento tedesco ha approvato leggi che prevedono espulsioni e un giro di vite sugli ingressi

«Nel Corano ritroviamo questo primo uso del verbo âmana nel senso di “fidarsi gli uni degli altri”. Vi si dice infatti che il profeta «si fida dei muʼminûn», mentre non «si fiderà per niente» di quanti si tirano indietro e trovano delle scuse per non impegnare i loro beni e le loro persone nella lotta sulla strada di Allah (IX, 41, 44, 73 et 81).
Gli affidati «sono una umma unica, ad esclusione degli altri uomini», dice l’incipit della Carta. Nel grande dizionario classico Lisân al-ʽarab, umma questa parola significa prima di tutto gruppo, o raggruppamento umano in senso neutro. Qui, essa non designa un raggruppamento etnico o tribale, ma nel contesto dell’Arabia di allora indica la federazione dei Qurayshiti della Mecca, giunti a Medina con il profeta, e i vari clan e tribù della zona di Medina.
Questa confederazione è di natura politica, unita dall’adesione al profeta di Allah. Essa si caratterizza per il fatto di essere esclusiva. La finalità di questa organizzazione è di garantire l’efficacia del comune sforzo guerriero. Ciò è espresso fin dall’inizio della Carta con la parola jihâd, che verrà più tardi precisata con l’espressione “il combattimento sulla strada di Allah”.

NESSUNA FRATERNITÀ SE NON TRA MUSULMANI
Una stretta regolamentazione e una casistica minuziosa stabiliscono che un affidato possa evitare una sanzione, anche se è colpevole, se la vittima è estranea al gruppo. Questa solidarietà nasce prima di tutto dallo spirito di sopravvivenza del gruppo – dirà lo storico Muhammad Talbi, per giustificare le violenze degli inizi della storia dell’Islam, – «perché si trattava della difesa e della sopravvivenza della umma primitiva».
Non per caso quando il Corano dice: «i credenti sono dei fratelli» (XLIX, 10) utilizza la particella grammaticale innamâ che contiene un significato esclusivo, ma anche un effetto amplificante che dinamizza la frase nominale. Essa è da mettere in relazione con la particella illâ, propria del credo monoteista «nessuna divinità eccetto Allah», che carica la frase nominale, qui negativa, di un esclusivismo ferreo. In questi due esempi abbiamo ben più che delle questioni tecniche, abbiamo delle vere e proprie strategie stilistiche che mirano ad un solo effetto: la valorizzazione dell’aspetto assoluto con la relativa ricaduta nella mente dei credenti.
Del resto, il commentatore al-Râzî afferma che la particella innamâ comporta restrizione: «nessuna fraternità se non tra Musulmani». Egli spiega la sua interpretazione basandosi sulle prescrizioni legali che negano una qualunque fraternità tra un Musulmano e un infedele, il quale non può in nessun caso ereditare da un Musulmano. Allah ricorda a più riprese ai Musulmani che essi sono i soli credenti nel Corano: «voi siete la comunità migliore che sia mai stata creata per gli uomini; voi ordinate di fare il bene e vietate di fare il male, voi credete in Allah» (III, 110).
A partire da qui, l’islam ha considerato la superiorità della comunità dei credenti come il primo legame tra di loro: essi hanno come segno distintivo la capacità di distinguere tra fede e infedeltà, bene e male. Dall’invincibile affermazione dell’unicità di Allah discende il senso vivo del Musulmano per l’unità con i suoi fratelli nella medesima fede.
Essi sono inviati da Allah per difendere i suoi diritti sulla terra. Sono dei servitori eletti e incaricati dell’esecuzione di un piano divino che coincide con le prescrizioni sociopolitiche scese sul suo profeta a beneficio dell’umanità e per il trionfo dell’islam su tutte le religioni (IX, 33). Continue reading

IMMIGRAZIONE ISLAMICA: SPAGNA NEL CAOS (NECESSARIA UNA NUOVA RECONQUISTA) Come in tanti altri paesi europei, sono sempre di più i quartieri a predominio di musulmani dove i furti, lo spaccio, i crimini d’onore e violenze sessuali (inclusi stupri di gruppo) sono frequenti e impuniti

La Spagna ha un problema ormai serissimo di sicurezza. Dall’inizio dell’emergenza immigrazione, gli spagnoli hanno assistito ad un repentino precipitare delle cose. E, come in tanti altri paesi dell’Unione, sono sempre di più i quartieri a predominio di stranieri. Intere zone dove i furti, lo spaccio, i crimini d’onore, le violenze sessuali e il divieto d’accesso per le donne bianche sono la nuova normalità.
Ovviamente non esistono statistiche affidabili sui crimini legati all’immigrazione, perché i dati compilati dal ministero dell’Interno spagnolo su specifiche categorie (omicidio, stupro, rapina, ecc.) non classificano i criminali per nazionalità. Ma anche rispetto ai numeri e alle percentuali legati ai reati, c’è poca chiarezza. Le statistiche ufficiali raccontano, per esempio, di 865 stupri nel 2017, mentre altrove ne vengono registrati 1382 – una differenza del 60%. L’agenzia ufficiale di statistica spagnola (Instituto Nacional de Estadística, INE) ha indicato che gli immigrati rappresentano circa il 10% della popolazione spagnola totale, ma, allo stesso tempo, sono anche il 32% della popolazione carceraria di Spagna. I dati del ministero dell’Interno mostrano poi che la maggior parte degli immigrati arrestati nel 2017 proveniva da due soli paesi: Romania (18.032) e Marocco (17.464). Eppure, sebbene la mancanza di statistiche ufficiali, non è l’aneddotica ma la cronaca nera a disegnare la cornice di una Paese succube della criminalità straniera: dal piccolo furto all’assassinio e alle violenze sessuali, il problema cresce a livello nazionale. Continue reading

IL REPORT FRANCESE Dove si chiudono le moschee la vita migliora

Sette moschee sono state chiuse perché accusate di “apologia del terrorismo, odio e discriminazione”. È quanto emerge dal rapporto del ministero degli Interni francese dopo il giro di vite sui luoghi di culto a rischio jihadismo. E i risultati ci sono. Infatti l’intelligence nota un profondo cambiamento nei quartieri dove le moschee sono state chiuse.

Christophe Castaner, ministro dell’interno francese, e il suo braccio destro Laurent Nuñez, hanno da poco presentato una prima valutazione della legge sulla sicurezza interna e la lotta contro il terrorismo (Silt), entrata in vigore nel novembre 2017. L’analisi promossa e presentata da quello che è stato battezzato come il “primo poliziotto di Francia”, rivela gli sforzi sostenuti dal Paese per tutelare l’ordine interno e affermare l’assoluta priorità dell’esecutivo dopo i vari attentati terroristici.

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LA CEDU CONDANNA CHI CRITICA MAOMETTO E ASSOLVE CHI INSULTA IL CRISTIANESIMO La Corte europea dei diritti umani condanna un professore per aver criticato Maometto, mentre assolve i pubblicitari che hanno insultato il cristianesimo

Quando si tratta di trovare il giusto mezzo tra la difesa del diritto alla libertà di espressione e di quello alla libertà religiosa, la Corte europea dei diritti umani (Cedu) pecca spesso di incoerenza. Non è una novità. Il problema però è che i giudici di Strasburgo hanno una particolare tendenza a proteggere l’islam e a lasciare invece il cristianesimo in balia delle peggiori blasfemie. È la conclusione di un seminario organizzato il 13 dicembre presso il Consiglio d’Europa dal Centro europeo per la legge e la giustizia (Ecjl). I partecipanti al convegno hanno analizzato dapprima tre casi concreti del 2018, evidenziando lo strabismo della Cedu, per poi concentrarsi su un ultimo che deve ancora essere giudicato.

VIETATO CRITICARE MAOMETTO
Il primo caso riguarda la condanna di un conferenziere austriaco, E.S., per avere pubblicamente «denigrato una persona oggetto di venerazione», e cioè Maometto, il profeta dell’islam. Durante un convegno intitolato “Conoscenze base sull’islam”. E.S. affermò che Maometto, avendo sposato una bambina di sei anni, Aisha, e avendo consumato il matrimonio quando lei aveva nove anni, era affetto da tendenze pedofile. Il conferenziere ha aggiunto che questo atteggiamento costituisce un problema dal momento che «il più alto comandamento per un musulmano è imitare Maometto», aggiungendo di conseguenza che c’è un conflitto tra l’islam e i «valori democratici».
E.S. è stato perseguito dalla procura di Vienna e condannato in base all’articolo 188 del codice penale poiché c’è differenza tra sposare una bambina e la pedofilia. La sentenza aveva come obiettivo quello di proteggere la sensibilità religiosa dei musulmani e mantenere «la pace religiosa in Austria». La Corte di Appello e la Corte Suprema hanno confermato la condanna nel 2011, accusando E.S. di volere soltanto «diffamare l’islam». Il conferenziere è stato pertanto condannato a pagare 480 euro di multa e la Cedu il 25 ottobre 2018 ha confermato la condanna nel nome della protezione dei sentimenti religiosi della popolazione musulmana e dell’oggetto del loro credo. Questo, nota il Centro europeo per la legge e la giustizia, nonostante «i commenti in questione fossero basati sui fatti storici». Continue reading

• STATO-ISLAM No al concordato della Fratellanza musulmana

Dopo la visita del Papa ad Abu Dhabi ecco immediatamente i tentativi di approfittarne: l’Associazione Nazionale Musulmani italiani (ANMI) ha presentato a Nardò una proposta di concordato Stato-islam che presenta punti critici su poligamia e moschee clandestine. Inconciliabile con il nostro diritto.

La storica visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi ha certamente lasciato il segno, ma guai a non diffidare delle imitazioni. A Lecce, Nardò per la precisione, la febbre dell’interreligiosità deve essere particolarmente alta. Tanto che, in un chiostro di carmelitani, ha avuto luogo un evento alquanto singolare: la presentazione di un’idea di concordato tra Stato italiano e islam, su iniziativa di musulmani italiani convertiti, riuniti nell’autoproclamatasi Associazione Nazionale Musulmani Italiani (ANMI), e con la benedizione del sindaco della località pugliese.

La presentazione di questo presunto concordato necessita di alcune considerazioni di merito e di metodo.

La prima riguarda la questione della poligamia. I musulmani in Italia, per nascita o convertiti come gli esponenti della suddetta associazione, devono comprendere che non gli è dato “rinunciare alla poligamia”, come se fosse un beau geste per andare incontro allo Stato italiano nella sua laicità. La poligamia è infatti già proibita dalla Costituzione all’articolo 3, dove si stabilisce l’uguaglianza donna-uomo, di per sé l’antitesi della poligamia, che si fonda invece sulla sottomissione della componente femminile. Pertanto, la poligamia in Italia è del tutto illegale a prescindere e non può configurarsi alcuna “rinuncia” nei suoi confronti.  Continue reading