Adelaide Hautval

Era giunta ad Auschwitz per favoreggiamento di ebrei ed era stata assegnata a quel blocco 10 dove il ginecologo dottor Clauberg compiva i suoi esperimenti di sterilizzazione. La Hautval si rifiutò, in piena Auschwitz e di fronet a un medico SS, di eseguire operazioni del genere. Continue reading

Un autentico santo dei tempi moderni: padre Bukowiński

Quando il beato Bukowiński venne imprigionato il 22 giugno 1940 dai bolscevichi. Wladyslaw era nato il 22 dicembre 1904 a Berdyczów, allora Polonia, oggi Ucraina. Era figlio di una famiglia di proprietari terrieri. Studiò a Kiev e mentre sosteneva l’esame di maturità la Polonia venne invasa dai bolscevichi.

Prende la laurea in Giurisprudenza all’Università Jagellonica di Cracovia, intanto matura la vocazione sacerdotale e per tale ragione frequenta la facoltà di Teologia. Colpito da una grave malattia, utilizza quel tempo della prova per approfondire la fede e compiere il passo definitivo. Viene ordinato sacerdote il 28 giugno 1931 dal Cardinale arcivescovo di Cracovia Adam Stefan Sapieha.

Nel 1936 viene chiamato nella regione polacca di Volinia, dove insegna in Seminario, tiene ritiri parrocchiali, si occupa del catechismo nelle scuole, si adopera per l’Azione Cattolica, scrive per la rivista Vita cattolica e viene nominato direttore dell’Istituto di Scienze religiose. Dal settembre 1939 è parroco della Cattedrale di Luck: qui svolge il proprio ministero con fervore e grande carità, tanto che, quando la città cade sotto il dominio sovietico, presta eroico conforto e soccorso ai polacchi condannati alla deportazione in Siberia.      Continue reading

La gioia in un lampo di vita e “la forza per Martamaria”

Un sorriso, silenzio…
Una lacrima che taglia il viso, silenzio…
Di nuovo, un sorriso.

Così racconto la nostra storia:
E’ il 24 luglio 2013. «C’è qualcosa che non va» : queste sono le parole che ancora oggi rimbombano nella mia mente. Sono alla 12° settimana di gravidanza, mi cade il mondo addosso: diagnosi di incompatibilità con la vita. La nostra bambina era affetta da acrania e se mai fosse nata (perché c’era una forte probabilità che la gravidanza si interrompesse prima) non sarebbe vissuta a lungo.
«Imma – mi disse il nostro ginecologo, anzi il nostro amico, come lui stesso oggi si definisce – in questi casi, si pratica l’aborto terapeutico». Lo diceva senza guardarmi negli occhi perché anche per lui era doloroso pronunciare quelle parole. Sapeva quanto avevamo sofferto io e mio marito Giacinto, prima di arrivare a questa settima gravidanza, perché prima di Martamaria e del nostro primogenito Giuseppe, avevo già avuto cinque aborti, con raschiamenti. Poi la sofferenza della mia malattia, artrite reumatoide e spondilite, che mi aveva costretta a letto per lunghi periodi alternati dalle altrettanto care amiche “stampelle”, quando erano “tempi buoni”. «Pensateci e poi mi fate sapere», mi disse. Ma noi non avevamo bisogno di pensare. «No, noi non faremo alcun aborto, andremo avanti». Dentro di me c’è una vita, un cuore che batte!      Continue reading

Forse non tuti conoscono la Beata Giacinta Marto, pastorella di Fatima

 

Una figura di straordinaria Fede, esempio di totale affidamento alla Vergine Maria: la Beata Giacinta Marto, pastorella di Fatima.

Elevata all’onore degli altari da Giovanni Paolo II il 13 maggio 2000 insieme al fratello Francesco, Giacinta nacque l’11 marzo 1910 e a soli sette anni ricevette la visita della “bianca Signora” che cambiò per sempre la sua breve vita.

Suor Lucia ricorda che a volte Giacinta, «quella a cui la Vergine Santissima ha comunicato maggior abbondanza di grazie e maggior conoscenza di Dio e della virtù», recitava tutta l’Ave Maria, pronunciando la parola seguente soltanto quando l’eco riproduceva per intero quella precedente.

Questo esempio mirabile di fede e di affidamento alla volontà della Vergine Maria deve essere per tutti noi un modello di una vita pienamente cristiana.    Continue reading

Lettera di una mamma di una bimba Down al medico che voleva farla abortire

 

«Questa è Emmy, che spedisce la nostra lettera allo specialista prenatale che non voleva farla vivere, suggerendomi ripetutamente di abortire». È questa la didascalia scelta da Courtney Baker, madre americana di tre bambine, in una foto nella quale si vede la figlia di un anno con la sindrome di Down sorridente e la lettera in mano.

IL PRIMO INCONTRO. La foto e il contenuto della lettera sono stati originariamente pubblicati da Parker Myles, blog che si batte contro la discriminazione dei bambini Down, e poi ripresi dai media americani. Baker ricorda nella lettera il primo incontro con il medico, quando aveva bisogno di capire che cosa avrebbe significato avere una figlia Down: «Sono venuto da te nel momento più difficile della mia vita. Ero terrorizzata, ansiosa e disperata. Non sapevo ancora la verità sulla mia bambina, questo è ciò di cui avevo disperatamente bisogno da lei».     Continue reading

Cristiani perseguitati: “Non abbiamo nessuno che ci difenda. Non abbiamo diritti. E non abbiamo speranze.”

 

A New York il Congresso WeAreN2016 (“Siamo tutti Nazareni”) sta terminando. Dove è stato presentato il documentario CitizenGO “Insha Allah – Il sangue dei martiri”; e sono state presentate le firme dei sottoscrittori a difesa dei cristiani perseguitati e per riaffermare l’importanza del diritto alla libertà religiosa presso le Nazioni Unite.

Delle tantissime testimonianze raccolte durante questi giorni di lavori del Congresso, eccone alcune, fra le più forti.

Carl e Marsha Mueller hanno partecipato alla sessione di giovedì 28 presso la sede dell’ONU, promossa assieme all’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. La loro storia è davvero terribile: la loro figlia Kayla (di 26 anni), che lavorava in Siria in aiuto alle vittime della guerra, viene rapita dall’ISIS, ridotta in schiavitù e violentata ripetutamente. “Ci dissero che l’avevano torturata, che era proprietà personale di Al-Baghdadi e che l’avevano data in sposa a quest’ultimo. Abbiamo capito subito cosa significava”. Quattro mesi prima di venire uccisa, nel febbraio 2015, Kayla ha scritto una lettera commovente ai genitori, riaffermando la sua fede e concludendo così “Non abbiate paura. Se Dio vuole, saremo di nuovo insieme.” La loro richiesta, per la comunitù internazionale, è molto semplice: “Bisogna stare uniti e trovare una soluzione a tutto questo. Dobbiamo chiedere con forza ai governi di risolvere questa situazione”.

Samia è una ragazzina yazida di 15 anni. Senza sapere una parola di inglese, senza essere mai uscita dalla sua comunità, ha trovato il coraggio di venire a New York e descrivere, tra le lacrime, come durante 6 mesi di prigionia da parte dell’ISIS, a 13 anni, è stata ripetutamente violentata. “CI facevano cose orribili. Violentavano bambine anche di 7 o 8 anni. Uccidevano le nostre mamme perché erano troppo vecchie per i loro gusti. Volevano solo le bambine per utilizzarle come schiave sessuali.” Elisa von Joeden-Forgey, esperta di Studi sul Genocidio dell’Università di Stockton, ha spiegato che “la violenza sessuale è parte integrante della tattica genocida”, perché “danneggia irreparabilmente l’individuo e la società” e, in combinazione con gli stermini e le altre volenze, mira a distruggere “non solo i corpi, ma le anime e le identità”. Samia grida aiuto: “Siamo in pericolo di essere sradicati dalla nostra terra. Non abbiamo risorse e forze per difenderci da soli”. Non far sentire sole le vittime di questo orrore, come spiega l’avvocata Jacqueline Isaac, è fondamentale per permettere loro di superarlo.

Ancora ragazze giovanissime fatte schiave dai terroristi. Sono quelle rapite da Boko-Haram. Ce lo racconta monsignor Joseph Bagobiri, arcivescovo di Kafanchan, in Nigeria (Paese dove sono morti circa 11.500 martiri negli ultimi 8 anni). “Boko-Haram è diventato il peggior gruppo terrorista del mondo.” Monsignor Bagobiri non ha quasi più speranza di rivedere vive le circa 200 ragazze ancora nelle mani dei terroristi, perché, ci spiega, “non solo le utilizzano come schiave sessuali, ma anche come bombe suicide”. E ancora un grido di aiuto: “I cristiani nigeriani non hanno nessuno che li difenda, non hanno diritti nè speranza di sopravvivere.”

Padre Douglas lo avevamo incontrato in Iraq in febbraio, quando abbiamo visitato il suo campo profughi cristiani ad Erbil. Padre Douglas ha ancora speranza per la comunità cristiana irachena, a patto che si riformi profondamente la Costituzione del Paese: “I politici iracheni parlano in pubblico citando il Corano e pregano nei loro interventi, (…) e la Costituzione irachena mescola principi democratici e precetti coranici”. Questo non può assicurare una convivenza pacifica quando, come sta accadendo ora, “un gruppo vuole radicare le sue idee considerando noi altri come schiavi”. Riconoscere ufficialmente il genocidio in corso è “il primo passo per porre rimedio. Se non lo chiamiamo così, non stiamo dicendo la verità.” Padre Douglas è stato sequestrato dai terroristi per nove giorni: è stato torturato, gli hanno rotto il naso e i denti con un martello. Per il fatto di essere cristiano.

Sorella Maria Guadalupe, una suora argentina che sta vivendo da 18 anni in missione in Medio Oriente, crede che di tutto quello che succede in Siria e Iraq non si parla abbastanza. “Avete presente gli attentati di Parigi? Da noi cose così succedono tutti i giorni. Ma non ci sono reazioni dell’opinione pubblica occidentale”. In alcune occasioni, quando i media occidentali parlano della Siria, finiscono per manipolare i fatti: “come quando”, racconta sorella Maria Guadalupe, “è stata scambiata una manifestazione pro-Assad con una protesta contro di lui”. “Non che Assad fosse un santo, ma quello che sarebbe venuto dopo era molto peggio”.

Come commentare tutto questo? Delle tante reazioni che mi vengono in mente, una cosa è certa: dobbiamo continuare a darci da fare per difendere le vittime di persecuzioni religiose, per svegliare le coscienze dell’opinione pubblica e delle istituzioni occidentali. Per far sentire la loro voce, come abbiamo fatto finora e come continueremo a fare, finché sarà necessario.

Ci hanno chiesto: “Non dimenticatevi di noi.” Non li abbiamo dimenticati. E non li dimenticheremo.

Voglio terminare con le parole di speranza di Eisham, figlia minore di Asia Bibi, anche lei ospite al Congresso. Nel raccontare la storia della madre, tra le lacrime e nella commozione di tutti i presenti, ha concluso così: “So che con l’aiuto dei cristiani, mia mamma tornerà a casa.”

Matteo Cattaneo e tutto il team di CitizenGO

Vi lascio la pace, vi do la mia pace …

“  La famiglia Mauri, di Como, muore a Bologna nell’ attentato del 1980 alla stazione: muoiono padre, madre e bambino. Sei mesi dopo muore il padre del giovane sposo resta solo la signora Giuseppina Mauri di anni 60. ( Noi avremmo subito detto o pensato, ma cosa sta facendo Dio, oppure, ma cosa ha fatto di male quella famiglia lì, la nostra fede avrebbe un po’ vacillato). Entra nella clausura della Visitazione a Como. Intervistata da un giornalista risponde: “ scriva solo che sono serena”. Perché nella luce di Cristo aveva trovato la pace e la liberazione da ogni paura: anche la liberazione della paura della morte” ( Testimonianza riportata dal card. A. Comastri in: Una buona notizia per te ciclo C)

” Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” ( Gv 14, 27a)

Ma che pace è questa?

È quella pace che nasce dalla certezza che Gesù ci ama e non ci abbandona, quella pace che ci permette di essere sereni anche nei momenti brutti della nostra vita, che ci permette di essere dei veri operatori di pace. È la pace che nasce dalla fede e dall’ abbandono al Signore certi che egli conduce la nostra vita, la nostra storia e quella del mondo. Una pace che il mondo non può dare e fatica a comprendere.
È la pace di un cuore sicuro di essere amato da Dio che vince anche il timore della morte. ( dqy)

 

Testimonianza di una giovane suora , Missionaria della Carità.*

“ Cara mamma, sono stata inviata in un lebbrosario. Mi hanno incaricata di pulire il pavimento ( se così si può chiamare) e di sistemare i pagliericci degli ammalati. Com’è diversa quaggiù la casa dalla nostra casa, la vita dalla nostra vita! Mamma, ti ringrazio perché mi hai dato la vita ed oggi posso donarla a qualcuno”

Quando si vive donando se stessi, la vita acquista un sapore nuovo ed è possibile essere felici ovunque. E sulla via carità nascono le vocazioni: perché chi ama sente la voce del Pastore ed è pronto a dare la vita con Lui

(*Cardinal Angelo Comastri)

Io, Gianna Jessen, sopravvissuta all’ aborto.

Mi chiamo Gianna Jessen. Vorrei dirvi grazie per la possibilità di parlare oggi. Non è una piccola cosa dire la verità. Dipende unicamente dalla grazia di Dio il poterlo fare. Ho 23 anni. Sono stata abortita e non sono morta. La mia madre biologica era incinta di sette mesi quando andò da Planned Parenthood nella California del sud e le consigliarono di effettuare un aborto salino tardivo. Un aborto salino consiste nell’iniezione di una soluzione di sale nell’utero della madre. Il bambino inghiottisce la soluzione, che brucia il bambino dentro e fuori, e poi la madre partorisce un bambino morto entro 24 ore. Questo è capitato a me! Sono rimasta nella soluzione per circa 18 ore e sono stata partorita VIVA il 6 aprile 1977 alle 6 del mattino in una clinica per aborti della California. C’erano giovani donne nella stanza che avevano appena ricevuto le loro iniezioni ed aspettavano di partorire bambini morti. Quando mi videro, provarono l’orrore dell’omicidio. Un’infermiera chiamò un’ambulanza e mi fece trasferire all’ospedale. Fortunatamente per me il medico abortista non era alla clinica.      Continue reading