Avvento: ravviviamo la nostra Speranza. – incontro con i genitori dei bambini di 4 elementare

Cambiano i tempi e cambia anche il modo di divertirsi dei giovani. L’ungherese Bence Agoston. L’ultima frontiera dello sballo è opera sua: allucinazioni come esperienza quotidiana, attraverso occhiali da sole ottenuti da una stampante 3D. In pratica sarebbero capaci di simulare una replica visiva di un viaggio con Lsd.
I rischi intrinsechi sono altissimi. Gli effetti degli occhiali provocano comunque stimolazioni al cervello, che dunque in qualche modo viene “dopato”, anche senza l’utilizzo di droghe, il che in qualche modo gli darebbe una patente di non pericolosità. Ma una cosa è l’aspetto organico, altra è quello psicologico, di cui nessuno sembra preoccuparsi. Uno schiaffo alla tutela delle future generazioni.
Non si ha bisogno della prescrizione medica per ottenere questo attrezzo, battezzato dallo stesso autore con il nome di “Mood” (umore).

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Pochi mesi fa a Londra è stato inaugurato un bar che permette ai propri clienti di ubriacarsi solo respirando l’aria. Attraverso uno speciale gas, fatto di alcol e aromi, è possibile raggiungere lo sballo evitando due effetti collaterali: il fegato non lavora, il tutto viene assunto attraverso occhi e polmoni; si ingrassa meno poiché l’apporto di calorie si riduce.
In un certo senso, si sta legittimando lo sballo che va tanto di moda tra i giovani di oggi. ( ridotto da Interris)
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Da: Equivoci sul Natale, la scuola e la falsa laicità di Enrica Cattaneo, fonte La nuova Bussola quotidiana

Caro direttore,
Un’ insegnate in una scuola elementare del Nord mi ha comunicato quello che è successo nell’incontro delle maestre per preparare la festa del Natale. Siccome questa è una questione che ritorna puntualmente ogni anno, sarà bene chiarire qualche punto. Diceva dunque la dirigente: «Dobbiamo fare qualcosa con i ragazzi per il Natale, ad esempio preparare una recita. Ma siccome siamo una scuola laica, dobbiamo usare dei termini “laici”, quindi non nominare Maria, Gesù o il Vangelo, perché quelli di altre religioni o non credenti potrebbero sentirsi a disagio». Tutte le maestre, anche l’insegnante di religione, erano d’accordo con la dirigente, tranne quella maestra di mia conoscenza.

«Allora che termini usiamo?», dice la mia amica. Risponde la dirigente: «Ad esempio, immaginiamo il Grande Architetto che manda nel mondo un messaggio di pace e di fratellanza…». «Il Grande Architetto? Ma ti rendi conto di quello che dici? Questo è un termine massonico!». «Va be’, possiamo cambiare, magari prendendo lo spunto da una fiaba con vari personaggi… Avete qualche idea?». «Scusa», dice la mia amica, «ma se il Natale è una festa cristiana, perché non rappresentiamo il presepe vivente? Lì c’è un messaggio di pace, di salvezza per tutti, in un contesto di famiglia, di una famiglia provata, non accolta..». «Assolutamente no! Questa è una scuola laica, non cattolica! Ora chiudiamo la riunione. Pensate qualcosa e poi mi direte».

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Per non dimenticare poi i fatti di Parigi del 13 Novembre scorso, con tutte le conseguenze, le ripercussioni sia sul piano emotivo personale, sia sul piano politico, che ho volutamente tenere per ultimi, ma che sono vivi e nitidi in tutti noi, penso.

Perché ho introdotto il nostro incontro con questi accenni?      

Due motivi:
1- Il primo per renderci conto del contesto in cui il mondo sta precipitando, termine voluto, perché dopo i fatti di Parigi, dal mattino alla sera credo che qualcosa di profondo e di diverso si sia inserito nella nostra vita, nei nostri paesi. Ci si è resi conto di realtà che se pensavano fossero lontane, che non ritenevamo potessero mai in qualche modo essere vicine ora sono prossime e prepotentemente entrano nel tessuto quotidiano del nostro vivere.
2- Per ripensare un po’ a quella che dovrebbe essere la nostra identità, culturale, per i non credenti, religiosa per chi si professa cristiano
3- Perché bene o male i genitori sono chiamati a trasmettere, ad offrire ciò che è necessario ai loro figli perché acquisiscano una loro identità. Se lo non lo fanno, quelli che sono i mattoni per la costruzione di un’ identità personale verranno forniti da qualcun altro.

Di fronte a questo affresco così preoccupante, credo che sia importante riprendere consapevolezza di quella che è la nostra identità culturale e religiosa, non per contrapporla, ma per offrirla come un patrimonio irrinunciabile ad ogni “persona di buona volontà”.

Il periodo dell’ Avvento come preparazione al Natale, che ci apprestiamo a celebrare, e il Natale stesso sono un’ occasione importante.

Diciamo subito che la festa del Natale, di cui l’Avvento è attesa e preparazione è essenzialmente religiosa. Anche il famoso Babbo Natale modello Coca cola non è altro che la trasposizione manipolata, riveduta e corretta di S. Nicola vescovo di Mira.

Il protettore dei bambini
Dopo la morte (avvenuta il 6 di dicembre di un anno imprecisato alla metà del IV secolo), la figura del santo divenne popolarissima in tutta la cristianità, grazie anche ai tanti miracoli che gli furono attribuiti. Molte professioni (ad esempio i marinai), città e intere nazioni lo adottarono e ancora lo venerano come loro patrono. Ma perché diventò anche protettore dei bambini e mitico dispensatore di doni?

La ragione, spiega Gerry Bowler, storico e autore del libro Santa Claus, sta soprattutto in due leggende che si diffusero in Europa intorno al 1200. La prima, e più nota, racconta del giovane vescovo Nicola che salva tre ragazze dalla prostituzione facendo recapitare in segreto tre sacchi d’oro al padre, che così può salvarsi dai debiti e fornire una dote alle figlie. Nella seconda, Nicola entra in una locanda il cui proprietario ha ucciso tre ragazzi, li ha fatti a pezzi e li ha messi sotto sale, servendone la carne agli ignari avventori. Nicola non si limita a scoprire il delitto, ma resuscita anche le vittime: “ecco uno dei motivi che lo resero patrono dei bambini”, commenta Bowler.[ Brian Handwerk in National Geographic]

Credo poi che tutti quei timori di offendere chi professa altre religioni sia più nostro che loro, che comunque i canti, il presepe, le recite di Natale con protagonisti la Sacra Famiglia, gli angeli, i pastori, facciano parte della nostra tradizione che non vedo perché non debba essere rispettata.

Come mai mi viene da chiedere non aboliamo allora anche tutte le luminarie che si accendono in questo periodo nelle varie forme, i diversi concerti natalizi, i presepi che appaiono anche nelle vetrine dei negozi, addobbi vari che già a fine Novembre decorano tanti luoghi, i mercatini, il panettone, il torrone, il Pandoro e si può continuare. A chi dice poi che la scuola è laica si potrebbe dire che il termine laico nella sua etimologia deriva di un termine che significa popolo, e queste tradizioni fanno parte del nostro popolo da millenni. Se non dicano che la scuola è laicista cioè si contrappone a ciò che è religioso in senso deteriore del termine.

Ma ciò che mi interessa stasera assieme a ribadire l’ importanza di riprendere quelle che sono le nostre tradizioni è un altro aspetto che credo sia fondamentale di fronte al quadro tracciato all’ inizio che è quello della SPERANZA.

Il periodo di preparazione al Natale, l’ Avvento, come un tempo di rinnovata Speranza, che non dobbiamo smarrire. Sentivo dire dopo gli attentati dobbiamo far vedere di non aver paura, riprendere il nostro modo di vivere se non facciamo il gioco di chi vuole farci sprofondare nella paura, immobilizzarci nel terrore.

Io dico: non dobbiamo farci rubare la speranza!

Fede, speranza e carità sono una componente fondamentale della vita cristiana. Dopo gli avvenimenti pasquali, il tema della Speranza pervade le lettere di S .Paolo e gli scritti apostolici.
È Vero che il tempo di Avvento è il tempo dell’attesa, ma l’ attesa può anche essere un attesa ambigua, vuota, senza speranza, appunto, in cui si vive la rassegnazione nell’ attesa di chissà quali eventi che possono essere di bene, ma anche di male. Il tempo di crescita dei vostri bimbi è un tempo di attesa e io credo che sia un tempo di attesa pieno di tante aspettative di tante proposte, di tanti sogni … è un tempo in cui voi sperate che …?
Che si realizzino, che i vostri bimbi corrispondano, … anche se questo sarà poi da vedere.

Dio che si rivela a noi nell’ evento dell’ incarnazione, della sua venuta, in Gesù Cristo e della sua Passione-Morte-Risurrezione è il Dio della speranza, che dà speranza e che apre una luce sull’ orizzonte del futuro per l’ uomo.

Quando mi accade di dovere parlare della speranza, questa splendida realtà cristiana, amo sempre richiamare quello che dice uno scrittore:

La fede che preferisco, dice Dio, è la speranza.
la speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce. Questo è stupefacente. Che quei poveri figli vedano come vanno le cose e che credano che andrà meglio domattina. Questo è stupefacente ed è proprio la più grande meraviglia della nostra grazia. E io stesso ne sono stupito. Quello che mi stupisce, dice Dio, è la speranza. Non me ne capacito. Questa piccola speranza che ha l’aria di essere nulla. Questa bambina speranza. Immortale.
Perché le mie tre virtù, dice Dio. Le tre virtù sono mie creature. La Fede è una Sposa fedele. La Carità è una Madre. La Speranza è una bambina da nulla. Eppure è questa bambina che traverserà i mondi. Questa bambina da nulla. Lei sola, portando le altre, che traverserà i mondi compiuti.
La fede va da sé. La fede cammina da sola. Per credere c’è solo da lasciarsi andare. C’è solo da guardare. La fede è tutta naturale, tutta alla buona, tutta semplice. È una buona donna, una buona vecchia, una buona donnetta della parrocchia.
La carità purtroppo va da sé. Per amare il prossimo c’è solo da lasciarsi andare. C’è solo da guardare una simile desolazione. La carità è tutta naturale, tutta zampillante, tutta semplice, tutta alla buona. La carità è una madre e una sorella.
Ma la speranza non va da sé. La speranza non va da sola. Per sperare bisogna essere molto felici, bisogna avere ottenuto, ricevuto una grande grazia. È la fede che è facile e non credere che sarebbe impossibile. È la carità che è facile e non amare che sarebbe impossibile. Ma è sperare che è difficile.
La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi e non si nota neanche. Sulla via della salvezza, sulla via carnale, sulla via accidentata della salvezza, sulla strada interminabile, sulla strada tra le due sorelle grandi, la piccola speranza. Avanza. Tra le sue due sorelle grandi. Quella che è sposata. E quella che è madre. E non si fa attenzione, il popolo cristiano non fa attenzione che alle due sorelle grandi. La prima e l’ultima. E non vede quasi quella che è in mezzo. La piccola, quella che va a scuola. E che cammina. Persa nelle gonne delle sue sorelle. E crede volentieri che siano le due grandi che tirano la piccola per mano.
In mezzo. Tra loro due. È lei che nel mezzo si tira dietro le sue sorelle grandi. E che senza di lei loro non sarebbero nulla. Se non due donne già anziane. Due donne di una certa età. Sciupate dalla vita. Tirata, appesa alle braccia delle sue due sorelle grandi. Che la tengono per mano. La piccola speranza. Avanza. E in mezzo tra le sue due sorelle grandi ha l’aria di farsi trascinare. E in realtà è lei che fa camminare le altre due. E che le tira. La piccola bimba. Perché non si lavora mai che per i bambini.

Da “Il portico del mistero della seconda virtù” di Charles Péguy

S. Paolo scrivendo alla comunità di Roma dice: “ Giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. la speranza poi non delude, perché l’ amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.”

Ma qual’ la Speranza di cui parla S. Paolo?

“La speranza di cui parla Paolo è l’ attesa di quei beni che Gesù Cristo ha annunciato e che il cristiano crede e professa. Lo facciamo ogni volta che recitiamo il Credo.
La risurrezione del corpo, l’ eredità dei santi, la vita eterna, la gloria, la visione di Dio, in una parola la salvezza di sé e degli altri. Pur designando la virtù che attende i beni celesti, essa può, talvolta designare questi stessi beni. (…) Essa si fonda su Dio, sul suo amore, sulla sua chiamata, sulla sua potenza, sulla sua veracità e sulla fedeltà nel mantenere le promesse che ha espresse mediante le scritture e il vangelo realizzate sulla persona del Cristo. Così essa non può ingannare. Protesa per definizione verso beni invisibili la speranza poggia sulla fede, si nutre della carità, le altre due virtù teologali con le quali ha uno stretto legame.( nota a Romani 5,2 BJ ).

Il simbolo cristiano che raffigura la speranza è l’ ancora, perché, forse, quando tutto è perduto ad essa ci si aggrappa esattamente come la nave fa con l’ ancora. Padre Cantalamessa dice, però, che non è il simbolo più indovinato che sarebbe, per lui, la vela.
“ L’ ancora serve a tenere ferma la barca nel mare; la vela serve invece a sospingerla e a farla correre sul mare verso la terra ferma. La speranza è quella che ci sospinge; se non ci fosse la speranza, tutto si fermerebbe, anche la fede e la carità; cosa sarebbe una fede senza speranza?”

Sempre Paolo ci aiuta:
…se Cristo non è risorto, è vana la nostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi abbiamo avuto speranza in Cristo solo in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.

Nella gioia del Natale, se andremo a Messa, se leggeremo il Vangelo, sentiremo queste parole nel brano dell’ annuncio ai pastori: “ Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi , nella città di Davide è nato per voi un salvatore che è Cristo Signore”. ( Lc 2,10 b-11 )
Ecco la nostra speranza Gesù viene e nasce per noi, per ciascuno di noi.

Un Salvatore… ma da che cosa vorremmo essere salvati? Dalla guerra, dal terrorismo, dalla fame, dal dolore, dalla malattia, dalla morte, dalle preoccupazioni, dalle ingiustizie, … quante sono le cose da cui vorremmo essere salvati! Difficile però che qualcuno dica dal peccato, dal maligno, dall’ inferno, per aprirsi ad una salvezza che vada oltre l’ orizzonte del temporale, del’ umano, del terreno senza escluderlo, senza vanificarlo, ma assumendolo in pieno. La speranza cristiana non annienta e annulla le speranze umane, ma sapendo cogliere tutti quei germi di speranza che vi sono nel mondo, attorno a noi, in noi, aiuteremo i nostri bambini, i nostri ragazzi e tutti gli altri che incontriamo a scoprire la speranza unica, vera quella che non delude che ci è donata insieme alla carità attraverso il dono dello Spirito Santo: Gesù Cristo nostro Signore.

Come preghiera finale riprendo un versetto dal capitolo 15 della Lettera ai Romani: Il Dio della speranza ci riempia di ogni gioia e pece nella fede, perché abbondiamo nella speranza per la virtù dello Spirito Santo!

Buon cammino d’Avvento a tutti, qydiacdon.

 

 

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