XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo: regalità, servizio, verità

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

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La solennità di questa Domenica, che chiude l’anno liturgico, fu istituita dal Papa nel 1925 per richiamare a quelli che erano i sovrani del mondo, e noi oggi potremmo dire ai potenti che governano la terra, dai vari capi di stato, presidenti, le varie lobbyes economiche, non ultime quelle delle case farmaceutiche i cui proventi stanno schizzando alle stelle , la figura di un re nudo, svalutato da una ignobile condanna, condannato e morto sulla croce.

Nel suo animo vi era la speranza di fare comprendere a tutti quelli che aspirano ai troni di ogni specie, politici, finanziari, mass mediatici che non sono la pomposità, l’apparenza, il potere che debbono essere la guida ad intervenire a favore dei popoli, ma che è solo l’amore la stella polare che può illuminare chi ha responsabilità a questo riguardo. L’ amore per le persone che sono a loro affidate.

La storia ci è maestra dimostrando che le strutture umane, sia laica che religiosa, animate dalle migliori intenzioni, al di là della eroica testimonianza dei loro fondatori scivola pian piano, in modo impercettibile nel volere un potere sempre più grande e patrimoni sempre più consistenti. Chi ambisce ad essere il primo fa presto a dimenticare le sue buone intenzioni vivendo in un mondo tutto suo che non ha più il contatto con la realtà, con le persone vive e vere.
Così anche oggi.
Gesù ha detto : “Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. 43Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, 44e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. 45Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. (vangelo di Marco Cap. 10)

Io non vedo fra i potenti di questa terra, fra i nuovi “Re”, questa disponibilità fino a dare la vita. Al contrario più che servire mi sembra di vedere che amano essere serviti, riveriti, anche scostanti incapaci di lasciare quel trono sul quale sono assisi, e questo non solo in ambito laico, ma anche in quello ecclesiastico.
Essere re, la regalità, quella vera e non artefatta, si esprime nell’essere a servizio degli uomini di ogni tempo sulla strada che Gesù ha tracciato, fino al dono pieno e totale di sé.
Il suo trono è una croce, la sua corona è fatta di spine, il suo abito sfarzoso è la nudità di cui è rivestito. Quale dei nostri nuovi re, che dovrebbero avere a cuore le persone che gli sono affidate, può arrivare a tanto? Sinceramente non ne vedo, ma nello stesso tempo penso e intuisco che anche io posso essere questo tipo di re, quando mi metto non solo nella logica, ma anche nell’ azione del servizio.
Quando riesco a dare un po’ del mio tempo, questa ricchezza che sembra molti non abbiamo più a disposizione, a qualcuno che chiede di essere accolto e ascoltato, quando riesco a condividere non solo il superfluo, ma quanto ho a disposizione, quando riesco ad essere accanto ad una persona sofferente e riesco ad asciugare qualcuna delle lacrime che non sa trattenere raccontandomi di sé, della sua vita, delle sue prove, dei suoi dolori.
Davanti a Pilato Gesù afferma il suo essere re in questo senso, ma aggiunge che il suo regno non è di questo mondo, è infatti, come sentiremo “regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace, ( ma anche) regno eterno e universale.

Qualcosa che va oltre l’ora, il qui adesso ma che si apre verso una realtà nuova, più grande, che non si realizza con la bacchetta magica, ma vivendo l’amore, per tutti l’amore all’ uomo e che per noi cristiani, sgorga dall’ amore con cui siamo amati da Gesù, da Dio.

Se noi accettiamo questo re dobbiamo spesso fermarci a guardare il crocifisso che è il segno di un amore grande, universale che abbraccia tutta l’umanità, così com’è e che diventa per noi la misura e il modello di sapersi donare, e in ogni ambito, anche in quello ecclesiale sarà sempre e solo servizio, così anche nel guardare agli altri, nell’ etica e nella morale l’ ultima parola sarà sempre una parola d’ amore.

L’ amore è l’unica legge è l’unica verità e diventa il metro delle nostre scelte e, come qualcuno dice, del nostro inquieto vivere.

Deo gratias, qydiacdon

ANNO B 2014-2015 | Cantalavita

 

 

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