L’aborto legale non ha eliminato quello clandestino

Anche quest’anno è stata trasmessa al parlamento la relazione sull’attuazione della legge 194/78, con i dati definitivi dell’anno 2016, pubblicata pochi giorni fa sul portale del ministero della salute. L’obiettivo non dichiarato di tale relazione è sempre il medesimo: mostrare all’opinione pubblica, numeri alla mano, i presunti successi della sciagurata legge 194, nei termini soprattutto di una presunta significativa e costante diminuzione del numero complessivo degli aborti in Italia.

Il sistema utilizzato per presentare i dati è anch’esso sempre lo stesso: si indicano i numeri degli aborti legali nei diversi anni di applicazione della legge e li si rapporta ai dati ultimi, quelli relativi all’ultimo anno preso in esame. Si scopre dunque che nel 2016 i bambini ammazzati sono stati “solo” 84.926, il 3,1 percento in meno rispetto all’anno precedente, ossia ben 2.713 aborti in meno. Inoltre, nella relazione stessa viene evidenziato il dato in base a cui, rispetto al 1982, anno in cui si è riscontrato il valore più alto di aborti, il numero degli stessi si è più che dimezzato.

Un grande successo dunque, se non fosse per il fatto che la vera comparazione dei dati andrebbe effettuata tra gli anni ante e quelli post legge. In tal modo si scoprirebbe l’ovvio e cioè che il raffronto veritiero è tra 0 aborti legali dell’anno 1977 (l’anno prima dell’entrata in vigore della criminale legge 194) e gli 84.926 del 2016. Oltre al fatto, ammesso nella stessa relazione, che c’è un numero consistente di infanticidi che sfugge alle statistiche, dal momento che gli aborti chimici sono sempre più numerosi, soprattutto a seguito della determina del 2015 che elimina, per le maggiorenni, l’obbligo della prescrizione medica per la pillola Ellaone, il contraccettivo d’emergenza meglio noto come pillola dei cinque giorni dopo.

Ma, al di là della solita propaganda ideologica alimentata dai media di regime, quel che ci preme maggiormente mettere in evidenza della relazione è il significativo dato relativo agli aborti clandestini.

L’Istat, in collaborazione con l’Istituto Superiore della Sanità, ha messo a punto un nuovo modello di stima con informazioni più aggiornate e recenti, come ad esempio la struttura della popolazione in età fertile, le tendenze alla fecondità e la contraccezione. Ebbene, secondo tali stime il numero degli aborti clandestini, sempre nell’anno 2016, è compreso tra le 10.000 e le 13.000 unità, dato che si mantiene abbastanza stabile negli ultimi anni. Ovverosia, in Italia, ogni giorno, muoiono uccisi in media circa 30 bambini a causa degli aborti clandestini, e non sono i prolife a presumerlo ma lo stesso ministero della salute.

Tale dato viene enfatizzato come se andasse a favore della legge 194, visto che il trend risulterebbe comunque in diminuzione, soprattutto rispetto all’anno 1990 in cui si stimarono, secondo quanto riportato dalla relazione stessa, circa 72.000 aborti clandestini …

C’è da dire però che la propaganda abortista ha sempre sostenuto che la legalizzazione dell’aborto lo avrebbe definitivamente tolto dalla clandestinità. Non solo, la 194 è una delle leggi europee con le maglie più larghe visto che l’aborto è praticamente libero nei primi tre mesi di gestazione, molto facile da chiedere ed ottenere nei mesi successivi (è sufficiente una diagnosi, anche solo presunta, di malformazione del feto).

Come è possibile spiegare tale apparente controsenso? In effetti, la legge 194 ha trasformato, di fatto, il delitto di aborto in un diritto umano. Per essa, infatti, gli interessi particolari della donna hanno la prevalenza sul diritto alla vita del bambino non nato, quest’ultimo declassato da essere umano titolare di diritti inalienabili a semplice propaggine del corpo della madre. Dunque, anche i labili, ipocriti ed antiscientifici “paletti” contenuti nella 194 sono vissuti dalla donna come un’inaccettabile limitazione del suo presunto diritto di abortire. Oltre al fatto che il reato di aborto clandestino è stato anche depenalizzato, con un decreto del 2016.

Pertanto, l’industria degli aborti clandestini, lungi dall’essere stata fortemente contrastata dall’introduzione dell’aborto legale, ha visto, al contrario, aumentare la clientela e il fatturato, come testimoniano anche gli scandali che sono venuti alla luce nel corso degli anni, su tutti quello tristemente famoso della clinica romana “Villa Gina”, in cui gli inquirenti scovarono una vera e propria centrale di aborti clandestini e di violenze sulle donne che gestiva un giro d’affari milionario.

Sono ormai trascorsi quasi quarant’anni dall’entrata in vigore dell’iniqua legge 194 e le menzogne costruite intorno ad essa faticano a venire completamente alla luce, complice il clima di generale accettazione della legislazione vigente, tuttora prevalente anche in ambito cattolico e prolife. Eppure, non possiamo dirci autentici difensori della vita umana innocente se non condanniamo senza se e senza ma l’aborto di Stato, se ci limitiamo a proporre e intraprendere solo iniziative di sostegno alla maternità e di generico contrasto all’aborto, se non ci battiamo affinché la legge 194 venga definitivamente cancellata dal nostro ordinamento giuridico.

Tali invece devono essere i nostri obiettivi finale, tali sono gli obiettivi della Marcia per la Vita. Per la Vita senza compromessi, è lo slogan della Marcia, che quest’anno si svolgerà proprio in concomitanza con il funesto anniversario dei quarant’anni di “vita” della legge 194. Sarà dunque il 19 maggio prossimo che due visioni opposte della vita si fronteggeranno in maniera particolarmente evidente, in cui lo scontro si caricherà di una valenza simbolica molto forte; sarà dunque il momento giusto per schierarsi definitivamente, per scegliere da quale parte stare: o dalla parte del bene e della verità, dunque contro la legge 194, oppure dalla parte della menzogna. A ciascuno la sua scelta.

Alfredo De Matteo in Corrispondenza Romana

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