Il dialogo non basta. Se non vuole soccombere, l’Occidente deve «rientrare in se stesso»

 

«La guerra c’è perché l’Occidente ha tradito la sua identità. Ha rinunciato alle radici cristiane, che avevano segnato la storia d’Europa, sostituendole con un barcone di burocrazia e di ideologia dominante; coloro che dicono che l’Occidente sta perdendo la sua battaglia non possono essere facilmente smentiti». Così monsignor Luigi Negri risponde alle domande di Libero sul parroco sgozzato durante la messa in Normandia.

«SERVE UNA RIFLESSIONE». Anche il cardinale Angelo Bagnasco si sofferma sull’Occidente: «L’Europa e l’Occidente non mi sembra abbiano compiuto la debita ed essenziale riflessione, quella culturale. Il nostro Continente dovrebbe riappropriarsi della propria cultura che ha, nelle radici, una visione antropologica e ideale cristiana, e lo dico senza voler offendere nessuno e senza aver paura di nessuno. L’Europa dovrebbe riproporre ai propri cittadini una visione alta e personalistica della società, dove la persona sia davvero al centro di una precisa visione antropologica, non nel segno dell’individualismo ma della solidarietà. È un approccio intrinsecamente cristiano», dice al Corriere della Sera.  

REDDE IN TE IPSO. Il presidente della Conferenza episcopale italiana nota che «l’Europa da troppi decenni ha poco da dire» e ha bisogno di ciò che Romano Guardini, citando sant’Agostino, chiamava «”redde in te ipso”, rientra in te stesso. C’è grande debolezza di pensiero, c’è diffusa “distrazione” nel senso pascaliano del termine, un correre sulle cose. Come dimostra la gioia, l’attenzione e lo stupore di questi giovani a Cracovia [per la Gmg] di fronte a ciò che è veramente importante, bisogna ritrovare se stessi al centro di se stessi nel silenzio personale, che non è isolamento ma profondità. Si può fare».

DIALOGO NON BASTA. L’Occidente negli ultimi secoli, aggiunge monsignor Negri, «ha vissuto di un progetto di autodivinizzazione dell’uomo» che ha lasciato l’uomo «solo, abbandonato, di fronte a poteri che sembrano insopportabili. E lo sono». Ecco perché per rispondere alla sfida lanciata dal terrorismo islamico, c’è bisogno di qualcosa in più del dialogo: «Il dialogo si fa tra persone che vogliono mettere in comune alcune posizioni», spiega l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio. «Detto questo: io non ho il problema del dialogo con l’islam. Ho quello di educare il popolo cristiano, di creare persone che in forza della loro identità sono capaci di rendere testimonianze esplicite di fronte al mondo».

«PADRE JACQUES UN SANTO». Come padre Jacques Hamel, il sacerdote sgozzato a Saint-Étienne-du-Rouvray. «Cosa posso dire di questo prete 86enne che è morto per Cristo? È un santo. Riconoscimento canonico o meno, da duemila anni chi dà la vita per la fede è naturalmente sentito dal popolo come un santo». E sempre più cristiani potrebbero trovarsi di fronte alla persecuzione anche in Europa: «Negli ultimi decenni il numero de martiri della Chiesa ha superato di gran lunga quello dei primi secoli; Dobbiamo sapere che la nostra missione, in un mondo ferocemente anticattolico e disumano come il nostro, finirà per molti con un martirio. Ma il martirio è la nostra gloria, è la nostra vittoria. Noi non abbiamo paura del martirio: abbiamo paura della mancanza di fede».

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