XVIII Domenica anno C: “Riposati, mangia, bevi, datti alla gioia

“Riposati, mangia, bevi, datti alla gioia”

Sembra il programma che si predispone quando si va in ferie, ma non solo perché oggi sembrerebbe essere anche il programma di tante persone nella loro vita e che cercano di inseguire e realizzare con ogni mezzo. Sono le parole che pronuncia l’uomo ricco della parabola, dimenticandosi ciò che è fondamentale: ““Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”.

Peguy, questo poeta francese nato nel 1873 e morto nel 1914 scriveva:
“Per la prima volta nella storia del mondo il denaro è padrone di tutto e di tutti: senza limiti, senza pudore. Oggi le stesse persone valgono per quanto possiedono: è un fatto orribile, è un fatto vergognoso perché è una grande menzogna”
Sembra scritto per il nostro attuale contesto, in cui tutto viene deciso in base al potere dell’economia, del denaro, in cui non si esita ad uccidere per una manciata di Euro, e per il denaro si finanziano conflitti, non si esita ad alterare le colture dei paesi e si devasta il mondo. Sentivamo proprio in questi giorni dello scempio che sta sconvolgendo
l’Amazzonia a favore delle multinazionali.

Una vita impostata su: “ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti”, accumula ricchezze è decisamente una vita impostata su un programma incompleto! Perché? Perché non vi è nessun posto per Dio, né per il prossimo che si trova in condizioni di bisogno.

Questo personaggio della parabola è tutto incentrato su sè stesso: “Egli ragionava tra sé”. Dov’è il dialogo con Dio nella preghiera, dove è chinarsi verso chi ha bisogno? Stiamo attenti perché se anche noi cadiamo in questa trappola, in questa tentazione dimentichiamo il comandamento dell’amore che il Signore ci ha lasciato che è quello dell’amore a Dio e al prossimo. Come una tartaruga che si ritira nel suo guscio noi ci ritiriamo nel guscio del nostro egoismo, della nostra auto sufficienza.

La prima lettura ci ricorda, ben a ragione che le cose umane sono inconsistenti, anche quando sono tante, siamo invitati a riconoscere quello che veramente conta.
Cosa significa la parola vanità?

La parola vanità significa: “Inconsistenza, in senso strettamente materiale.” Questo sapiente ci invita a riconoscere quello che conta per davvero. Le cose umane sono mutevoli, vacue e transitorie. Mi vengono in mente le parole di S. Paolo: “cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”

Purtroppo oggi anche tanti cristiani sono concentrati, purtroppo alle cose di quaggiù, piuttosto che a quelle di lassù. Qoelet ci invita a guardare oltre verso una felicità che non è di un momento, ma che è duratura, che è per l’eternità, ma questo richiede che nella fede valutiamo il nostro rapporto con i beni e le realtà materiali, verificare dove è il nostro cuore, se con la ricchezza o con il Signore, l’ unico che ci può veramente arricchire.
Allora speriamo che anche a noi non venga detto quello stolto che risuona nel finale della parabola!

“Drammatica è questa finale con l’ intervento della voce divina che risuona nella notte.. Dio è un interlocutore che sta zitto a lungo, ma, quando ha deciso, si inserisce di prepotenza nei nostri monologhi. Anche coloro che sembrano averlo escluso definitivamente dalla loro vita, e non si interrogano mai sulla sua volontà, quando meno se lo aspettano se lo troveranno davanti; alla fine dovranno ascoltare il suo parere sulla loro esistenza e sui loro progetti, e non potranno chiudergli la bocca. Per questo conviene abituarsi a parlare con lui fin da adesso, così che la sua voce non abbia un giorno a costituire una brutta sorpresa”. (Cardinale Giacomo Biffi)

Ecco, allora quell’ arricchirsi davanti a Dio, assolutamente necessario.
Come si fa?

Riconoscere Gesù come il Signore della propria vita, avere in lui il riferimento per le nostre scelte, vivere e accettare i suoi comandi, riconoscere che la fede è la ricchezza più preziosa. Riconoscersi poveri davanti al Signore, a cui dobbiamo tutto. Riconoscersi bisognosi del suo aiuto, fiduciosi in lui che ci ama. Saperci spogliare delle nostre vanità, delle nostre sicurezze, delle nostre ricchezze, del nostro egoismo per abbandonarci a lui nella speranza, così saremo dal Signore arricchiti per la vita eterna.

Deo gratias qydiacdon.

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