Mentre la Chiesa si protestantizza, i protestanti “si fanno” cattolici

Sono ormai oltre 200 le firme di pastori e teologi evangelici alla dichiarazione di Nashville pubblicata in agosto per smontare l’egualitarismo femminista e l’ideologia genere, riaffermando le verità sull’uomo secondo una visione condivisa anche dalla Chiesa cattolica e ortodossa. Non a caso la dichiarazione è stata commentata con favore anche da molti intellettuali cattolici o persino ortodossi come l’autore di The Benedict Option, Rod Dreher, che ha commentato: “Non sono evangelico quindi non la firmerò, ma l’avrei fatto se avessi potuto. Appoggio la dichiarazione di Nashville e sono grato a questi evangelici che parlano così chiaro e con tanta forza in un momento di confusione e di codardia nella Chiesa”.

Già dopo le primarie presidenziali americane del 2012 era ormai palese che la Chiesa evangelica del Nord America, dopo 4 anni di presidenza di Obama e di radicalizzazione del potere progressista, si era avvicinata sempre di più ad una concezione cattolica della fede. Furono loro, infatti, a sostenere con maggior forza la corsa alle primarie repubblicane del cattolico romano Rick Santorum che, senza appoggi dalla leadership del partito, riuscì a vincere in molti Stati dichiarandosi fedele al catechismo e alla ragione umana che difendono la vita e la famiglia. Sono sempre numerosi evangelici e battisti che hanno, con l’intervento pubblico dei loro leader,  sostenuto Donald Trump contro il pericolo di un’ondata anti religiosa e dittatoriale della Clinton peggiore di quella di Obama. Perciò se è vero che il protestantesimo sta attirando molti cattolici, almeno dal punto di vista del pensiero, è vero anche che molti protestanti si stanno spostando verso le posizioni ufficiali del magistero cattolico.

La dice lunga il fatto che i primi ad opporsi all’interpretazione dell’Amoris Laetitia come una negazione dell’esistenza dell’intrinsece malum ( l’esistenza del male intrinseco di un atto peccaminoso che resta tale nonostante tutte le possibili attenuanti) è stato quello del vescovo Steven Lopes, guida del ramo americano dell’Ordinariato che raccoglie gli anglicani tornati in comunione con Roma. L’Ordinariato, con sede in Texas, è solo il terzo di quelli creati in Usa e in Canada dopo l’Anglicanorum coetibus di Bendetto XVI, che nel 2009 ha voluto rispondere all’esigenza di questi protestanti di tornare in comunione con Roma. Da solo l’ordinariato guidato da Lopes conta 42 parrocchie, 64 sacerdoti e ben 20 mila fedeli. Un cammino ecumenico quello tracciato da papa Benedetto, fin da quando era cardinale, che si fonda sull’esigenza, di fronte alla secolarizzazione imperante, di riaffermare la verità sull’uomo, difesa dalla tradizione della Chiesa e dalla sua dottrina, di cui il papa è custode e garanzia.

Fra le prime parrocchie che si mossero in questo senso dopo l’istituzione degli ordinariati fu quella di St. Luke nel Maryland appartenete alla Chiesa episcopale, che spiegò le ragioni di questo esodo attraverso il suo parroco: “E’ come correggere 500 anni di storia”, chiarì don Patrick Delaney. Il parroco, in riferimento all’ondata secolarizza della ordinazione episcopale femminile e delle aperture alla sodomia di parte della Chiesa protestante, spiegò che l’unica garanzia era in Pietro in quanto custode dell’unica verità dottrinale rivelata da Cristo e approfondita dalla Chiesa negli anni. Mentre “nella Chiesa episcopale, il vescovo di un posto può dire una cosa e un altro vescovo in un altro posto può dire il contrario”.

Per lo stesso motivo molti protestanti sono approdati nella Chiesa ortodossa. In un servizio mandato in onda recentemente dalla tv russa Bectn emerge che “i preti delle nuove parrocchie ortodosse sono nel 79 per cento preti convertiti da altre denominazioni cristiane”. Una fuga cominciato nel 1987 dal Nord America che ha spinto negli anni Duemila molti evangelici a diventare ortodossi per via del relativismo che portava parecchi pastori protestanti e i loro fedeli ad aderire a visioni anticristiche dell’uomo. Identica la ragione che di fronte all’ondata mondiale anti umana che minaccia la cristianità con la cultura della morte, del gender e del nichilismo islamista, dopo il lungo lavoro ecumenico svolto da Benedetto XVI, il patriarca ortodosso di Mosca Kirill ha firmato lo scorso anno a Cuba, insieme a Francesco, una dichiarazione congiunta in cui si legge che “la nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune”.  Ad esempio, “nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati” o “nell’affermare l’alto valore della libertà religiosa” di fronte “alle catene dell’ateismo militante”. Cattolici e ortodossi si sono detti uniti nel difendere la famiglia che “si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna” e “la vita” contro “aborto”, le “tecniche di procreazione mediamente assistita” e “l’eutanasia”

Jason Workmaster, evangelico ortodosso e obbediente a tutto ciò che la Bibbia insegna sulla vita, la famiglia e l’uomo e la donna, si convertì nel 2010 al cattolicesimo perché la spiegazione che dava anche circa il tema della contraccezione era la più ragionevole: “Quello che compresi fu che l’insegnamento cattolico era profondo e ragionevole in merito a tutto ciò di cui avevo riflettuto e in cui avevo creduto circa il valore inestimabile della vita umana”. Ma così come protestanti, ortodossi e cattolici si stanno avvicinando a partire dall’ecumenismo dell’allora Joseph Ratzinger e di san Giovanni Paolo II fondato sui “principi non negoziabili” (ossia sulla difesa della fede che parte dalla difesa della creazione di Dio) di fronte all’ondata laicista e islamista, all’opposto cresce il numero dei cattolici che si stanno protestantizzando. Basti pensare a quello che un noto convertito negli anni Novanta, William Oddie (poi direttore del Catholic Herald per alcuni anni) spiegò nel suo libro The Roman Option, dopo la decisione della chiesa anglicana (1993) di ordinare le donne.

In quegli anni furono parecchi i membri della Chiesa anglicana a chiedere di entrare in quella cattolica. Ratiziger e Giovanni Paolo II si aprirono ma i vescovi inglesi posero condizioni molto dure, dicendo che l’esodo non era fondato su una vera adesione a tutta la dottrina cattolica. Peccato che l’impedimento veniva proprio dai prelati più progressisti. Oddie fece nomi e cognomi dei vescovi che parlavano di “anglicani reazionari” mentre nello stesso tempo, già allora, davano regolarmente la Comunione ai protestanti. Oggi, dopo la costituzione Anglicanorum Coetibus, l’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham, che raccoglie gli ex protestanti di Inghilterra, Scozia e Galles, conta circa 3.500 battezzati.

Dall’altra parte oggi Oddie, approdato alla Chiesa cattolica proprio perché più di tutte è garante della verità rivelata da Cristo, oggi spiega la sua obbedienza al papa in quanto Pietro, ossia in quanto garante del Magistero, dissentendo su ciò che non combacia con il suo pensiero in materia sociale e politica. Inoltre ha denunciato spesso la protestantizzazione dei cattolici che non riconoscono più come fondamentali il magistero e i sacramenti per giungere alla salvezza, perché “pensano che la Chiesa sia solo un aiuto in questo” e non “il corpo di Cristo”.

A confermarlo è anche la “sacerdotessa” della chiesa episcopale di Los Angeles, Susan Russell, ex presidentessa del gruppo di pressione Lgbt “Integrity Usa”. Russell ha spiegato che proprio la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica, se avvicina molti protestanti,  “sta anche portando molte persone fuori dalla Chiesa Cattolica”. Significa che il fenomeno di separazione (di grano e zizzania?) è un processo trasversale che coinvolge tutta la cristianità. Dove il discrimine consiste proprio nel riconoscimento o nel rifiuto della tradizione e delle verità immutabili rivelate da Cristo di cui il papa è garanzia.

Benedetta Frigerio
In La NBQ

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *