GRAZIE AD ANDREA ORLANDO, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, MUSULMANI E GAY CI IMPORRANNO COSA POSSIAMO DIRE O NON DIRE Il ministro ha dato vita ad un tavolo di lavoro con 51 ong con il compito di vigilare l’informazione in internet: indovinate quali sono queste organizzazioni!

Nell’odierna era della comunicazione l’informazione è una merce preziosa, rivestendo un ruolo delicato e fondamentale ai fini della costruzione e della conquista del necessario consenso politico. A tale riguardo, uno degli obiettivi primari delle lobbies e dei principali attori impegnati nell’arena politica è quello di facilitare e “addomesticare” tale processo, promuovendo un discorso “politicamente corretto”, ossia ideologicamente “sterilizzato”, il più possibile allineato a quelli che sono i particolari obiettivi dell’azione politica.
In tale scenario, tuttavia, se lo spazio “reale” è saldamente in mano ai cani da guardia del “politically correct”, sempre pronti ad azzannare ed aggredire chiunque si azzardi a dissentire o ad avanzare dubbi riguardo la bontà e veridicità del programma o della proposta politica di turno, non è cosi per lo spazio “virtuale” dove le infinite maglie della rete rendono molto più difficile mettere la museruola alle tante contro voci provenienti dalla vasta galassia di siti internet, social network, forum e community varie. 
A cercare di risolvere tale sempre più “scomodo” impasse, come riportato dal quotidiano “La Verità” in un articolo del 25 agosto, ci ha pensato niente di meno che il nostro ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale ha fatto sapere di avere dato vita ad un tavolo di lavoro con 51 organizzazioni non governative con il compito di monitorare e vigilare l’informazione in rete.

CONDANNARE I CONTENUTI D’ODIO… CIOÈ?
Alla base dell’iniziativa vi è il Codice di condotta europeo sull’illecito incitamento all’odio online, presentato dalla “Commissione Europea” lo scorso 31 maggio sulla base di un accordo stipulato su impulso di Italia e Germania, con i principali provider del web, Facebook, Microsoft, Twitter e Youtube, al fine di “esaminare le segnalazioni riguardanti forme illegali di incitamento all’odio nei servizi da loro offerti, in modo da poter rimuovere tali contenuti o disabilitarne l’accesso”.
Sempre all’interno dell’accordo, rende noto il ministro in una lettera pubblicata sul sito “Byoblu”, “è previsto che le aziende informatiche si adoperino per rafforzare i partenariati con organizzazioni della società civile, per incoraggiare la segnalazione dei contenuti d’odio e per fornire formazione sulle migliori pratiche per lottare contro la retorica d’odio”.
Ma è soprattutto a livello nazionale che il progetto promosso dal ministro Orlando fa discutere, nonché indignare, per il fatto di avere costituito un tavolo di lavoro a “senso unico” che mette preventivamente alla porta tutti coloro non in linea con il dogma del “politicamente corretto” contemporaneo: “A livello nazionale, spiega infatti Orlando, abbiamo avviato un tavolo di lavoro con le organizzazioni non governative per una strategia contro i discorsi d’odio online. Lo scopo che ci prefiggiamo con questo tavolo è quella di stimolare la nascita di un soggetto, non pubblico e non statale che, in alleanza con le piattaforme, possa costruire efficaci contronarrative rispetto alla propaganda d’odio. Questo il lavoro che si sta facendo per fare in modo che, accanto alle istituzioni e a integrazione della giustizia, ci sia un protagonismo e un ruolo attivo dei soggetti sociali che, alleandosi fra di loro, possono efficacemente far fronte comune contro la retorica dell’odio sul web e agire anche sui provider stessi per un’azione rapida in ogni situazione in cui il linguaggio della rete e dei social network possa costituire una reale minaccia o sia lesivo della dignità di un soggetto”.

MUSULMANI E GAY CI IMPORRANNO COSA POSSIAMO DIRE O NON DIRE
La lista delle Ong che avranno il ruolo di controllare e denunciare eventuali comportamenti sospetti è lunghissima e comprende soggetti impegnati in prima linea su tutti i principali “fronti caldi” del momento: dall’islam e l’immigrazione, fino a rom, gay e gender. Tra le sigle convocate al tavolo di lavoro vi sono infatti Amnesty international, l’Unione forense per la tutela dei diritti umani, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite, la Comunità Sant’ Egidio, l’Associazione 21 luglio, l’Unione delle comunità islamiche italiane, la Confederazione islamica italiana, la Comunità religiosa islamica italiana, il Centro islamico culturale d’ Italia, Arcigay, Arcilesbica, Rete Lenford, circolo Mario Mieli, associazione Gaynet, circolo Pink di Verona, tutte organizzazioni accomunate dal fatto di essere fortemente sbilanciate a favore della loro specifica “causa politica”.
Quanto sia dura e spietata l’odierna legge del “politicamente corretto” lo ha sperimentato direttamente sulla propria pelle l’ingegnere Google James Damore silurato, pochi giorni fa, per aver osato sollevare alcuni dubbi riguardo le attuali politiche interne dell’azienda di Mountain View in materia di “gender gap”.
L’imperdonabile colpa di Damore è stata quella di aver messo in circolazione, seppur in via riservata, un documento di dieci pagine nel quale invitava l’azienda a non ignorare, nelle politiche di inclusione e gestione del personale, il determinate fattore biologico. Secondo l’ormai ex dipendente Google, è infatti proprio nella naturale predisposizione biologica che va ricercata la spiegazione della presenza inferiore di donne rispetto agli uomini nell’industria tecnologica. A difenderlo, Damore ha chiamato l’avvocata indiana Harmeet Dhillon che ha così espresso le ragioni del suo assistito: “Sono nata in India, sono una donna, certo credo che la diversità sia un valore per le aziende ma non mi piace la diversità in nome del politicamente corretto, in cui finisci per punire persone che non hanno colpe. Anche gli uomini bianchi hanno i loro diritti”

CARATTERI DISTINTIVI
Due sembrano dunque essere i caratteri distintivi della nuova religione laica del “politicamente corretto”: relativismo e totalitarismo.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il credo “politically correct” è infatti intrinsecamente relativista in quanto esso è guidato ed “illuminato” non dalla ragione, rettamente intesa, ovvero dall’ “intelligenza del reale”, ma dalla contingente e sempre mutevole “ragion politica”. In tale prospettiva, il suo obiettivo non è quello di raggiungere la verità, quanto quello di promuovere il discorso di turno dominante.
In secondo luogo, il pensiero unico “politicamente corretto” è fortemente totalitario poiché, paradossalmente, in nome del principio di non discriminazione finisce con l’imporre con la forza il suo intollerante diktat in materia di diversità ed inclusione. Il Codice di condotta della Commissione europea in materia di haters online e il relativo tavolo di lavoro delle 51 Ong individuate dal ministro Orlando, ne rappresentano, in tal senso, un mirabile ed emblematico esempio nel tentativo di estendere il controllo dell’informazione dal mondo reale al sempre più popolato e “fastidioso” mondo virtuale.

 

Rodolfo de Mattei
Osservatorio Gender

Pubblicato su BastaBugie

 

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