Indonesia: l’omosessualità è una malattia mentale

 

L’ordine degli psicologi indonesiani ha recentemente deciso di classificare l’omosessualità come una malattia mentale. Particolarmente significativa la spiegazione fornita dal presidente dell’ordine Suzy Yusna Dewi, il quale in un’intervista rilasciata al Jakarta Post, ha dichiarato che ciò «che realmente ci preoccupa è che queste tendenze sessuali, se non trattate come malattia, potrebbero diventare una condizione comunemente accettata nella società. (…) L’omosessualità viene innescata da fattori esterni, come l’ambiente sociale, e perciò può essere curata solo con un adeguato trattamento psichiatrico continuativo. Senza un intervento costante una persona può facilmente tornare alla sua tendenza sessuale precedente, anche dopo che ha dichiarato di essere guarita».    

Lo scorso gennaio il ministro della difesa indonesiano paragonò la minaccia rappresentata dall’omosessualità ad un conflitto nucleare: «Se una bomba nucleare venisse sganciata su Jakarta, non avrebbe alcun effetto sul porto di Semarang. Ma in una guerra per i diritti, in un attimo tutto scompare». C’è da rilevare che in Indonesia i rapporti fra persone dello stesso sesso non sono considerati reato ma restano un tabù in larga parte della penisola, in special modo nelle zone dove è più massiccia la presenza di cittadini di fede islamica.

Ora, al di là delle opinioni individuali circa la natura dell’omosessualità, non possiamo che constatare come l’ideologia del gender abbia effettivamente iniziato a “prendere vita” a partire dalla “normalizzazione” del comportamento omosessuale, ossia dalla rimozione dell’omosessualità tra i disturbi psichiatrici da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), avvenuta nel 1970. Da allora, l’ideologia del gender ha lentamente ma inesorabilmente guadagnato terreno, ottenendo via via sempre maggiori riconoscimenti sia a livello culturale che politico. È un fatto che, di questi tempi, in molti paesi del mondo vi sia una esplicita accettazione del comportamento contro natura, che si traduce nel varo di norme che non solo non contrastano le unioni gay, ma addirittura le incentivano o le pongono sullo stesso livello dell’unica forma di unione vera: quella tra un uomo ed una donna.

In effetti, che la si consideri una malattia o una perversione, che si individuino alcuni fattori eziologici piuttosto che altri, l’importante è che l’omosessualità venga considerata a livello pubblico per ciò che effettivamente è, ossia come un comportamento innaturale, contrario alla salute fisica, psicologica e spirituale delle singole persone e della società nel suo complesso, al pari di altri comportamenti oggettivamente disordinati come ad esempio l’incesto e la pedofilia. Altrimenti il rischio è di innescare una bomba ad orologeria che prima o poi deflagrerà, come ha efficacemente messo in luce il ministro della difesa indonesiano, paragonando una rovinosa guerra nucleare a quella per i (pseudo) diritti gay.

Qualsiasi forma di contrasto a quella che ormai può essere tranquillamente definita come una vera e propria dittatura omosessualista, non può dunque prescindere dalla condanna pubblica dell’omosessualità. Del resto, non mancano i dati che mostrano in modo inequivocabile come l’adozione di uno stile di vita omosessuale non faccia altro che portare all’infelicità e financo alla morte spirituale, oltreché costituire la causa prima di una vasta gamma di disturbi psicologici e terribili malattie.

(Alfredo De Matteo in Corrispondenza Romana) 

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