Oggi il Signore ci racconta questa parabola. Noi la conosciamo come veniva chiamata una volta: il ricco Epulone e il povero Lazzaro. Il termine Epulone, dal latino, significa: “persona che si compiace di cibi abbondanti e raffinati, crapulone, gaudente, ghiottone, mangione.
In realtà la parabola non porta il nome del ricco. Il nome nella mentalità semita indica l’essenza della persona stessa. Questa persona è assorbita e concentrata solo dai piaceri, dai banchetti, ha perso di vista quello che è il senso profondo della vita e dell’esistenza. Tutto concentrato sul suo Io si dimentica di Dio e così non vede nemmeno il povero che “sta alla sua porta”. Vive separato da lui, come in una dimensione altra che oltre dimenticarsi di Dio lo rende anche cieco alla Carità verso il fratello, il povero, a cui i cani, che vengono a leccare le sue piaghe hanno più pietà.
Viene invece ricordato il nome del povero: Lazzaro, da Eleazaro che significa: “Dio aiuta”. Dio conosce “chiama per nome” i poveri, come ci ricorda la preghiera di colletta. Il mondo del povero e quello del ricco sembrano essere due mondi paralleli destinati a non incontrarsi.
Non pensiamo poi che la figura del ricco sia una figura tanto lontana e fuori della storia del nostro tempo. Quante persone, pure anche battezzate, oggi vivono concentrate in sé stessi e sulla ricerca di godimento di beni puramente materiali, alla ricerca di un piacere effimero, transitorio. Da quello che ci dice la parabola chi vive in questo modo è avviato ad una fine tragica. Questo dovrebbe risuonare come un campanello d’allarme che ci impone di fare un serio esame di come stiamo conducendo la nostra vita.
Se, come dicevo, la vita del ricco e quella del povero sembrano viaggiare su binari paralleli, vi è un punto in cui questi binari si incontrano, questo incontro è quello della morte. La morte che spalanca un nuovo orizzonte!
Se per una cultura e un certo modo di pensare oggi la morte sembra porre un fine e un limite che tutto termina, Gesù ancora una volta capovolge gli schemi. Gesù ci dice guardate che la storia continua!
“Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui.”
Per tutti, ricchi e poveri la storia continua, ma con esiti diversi ed è un ribaltamento per chi riteneva che la ricchezza era un segno della benevolenza di Dio, proviamo a pensare alla preghiera del magnificat, rileggiamo la prima lettura.
Da una condizione di godimento per il ricco nella vita terrena ad una condizione di dolore e sofferenza. Il ricco non ha fatto nulla per il povero, per alleviare la sua condizione di indigenza. Questo ci deve fare pensare che non è indifferente come noi viviamo la nostra vita: il messaggio che ci viene trasmesso è questo. Molti, sento dire, ripetono non faccio nulla di male, per fortuna, ma nella logica del Vangelo non basta. Nella logica di Gesù, del Vangelo ci dobbiamo interrogare su quanto faccio di bene? Quanto faccio per aiutare, per stare accanto a quel prossimo che il comandamento del Signore ci ha affidato?
Altra cosa, che spesso noi dimentichiamo, dico noi cristiani, è che vi sarà un giudizio su come abbiamo vissuto. Dice il compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica: “I segreti dei cuori saranno svelati, come pure la condotta di ciascuno verso Dio e verso il prossimo. Ogni uomo sarà colmato di vita o dannato per l’eternità a seconda delle sue opere. Così si realizzerà la pienezza di Cristo, nella quale Dio sarà tutto in tutti”.
È una questione seria e importante, al termine della nostra vita terrena il Signore ci domanderà conto di come abbiamo vissuto.
L’ abisso che vi e che non si può oltrepassa re ci dice una cosa importante, anzi due!
Primo che il tempo congruo, importante per fare il bene è quello che stiamo vivendo, quello della nostra vita, in cui non occorrono fatti o portenti straordinari, basta quello che il Signore ci dona: la sua Parola, i Sacramenti, la forza della Preghiera di un cuore ben disposto, la Carità tradotta nelle opere di misericordia spirituali e corporali.
Secondo che l’inferno e il paradiso sono realtà che esistono. Il Paradiso:
“ Essere riuniti attorno a Maria, a Gesù, agli Angeli, e ai s. Essi formano la chiesa del Cielo, dove essi vedono Dio faccia a faccia, vivono in comunione d’ amore con la Santissima Trinità e intercedono per noi” (Compendio CCC)
L’ Inferno: “La dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale. La pena principale dell’inferno sta nella separazione eterna da Dio, nel quale l’uomo ha la vita e la felicità, per la quale è stato creato e a cui aspira(…)” (Compendio CCC)
“Come si vede la parola di Gesù è dura, aspra forse sgradita al nostro palato troppo salutare e feconda. La verità di Dio non è mai compiacente, [ non vuole lasciarci inerti], essa contesta sempre i miti carezzevoli, i pensieri troppo leggeri, le sciocche spensieratezze che trovano accoglienza nel nostro cuore. Alla fine resta solo la verità di Dio” (cfr. Cardinale Giacomo Biffi)
Se poi ci accorgiamo di essere indietro sulla tabella di marcia per il Paradiso, la porta del confessionale è sempre aperta e la conversione possibile.
Deo gratias, qydiacdon