XIV Domenica ordinario A – Piccolezza e umiltà, virtù in disuso

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.”

Non è così facile accettare l’annuncio del Regno di Dio, che Gesù proclama e che sconcerta, accettare il Vangelo e vivere una relazione con Lui che coinvolga la totalità della nostra vita.

Neppure Giovanni Battista riesce a capire e deve mandare a chiedere a Gesù: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” I miracoli stessi di Gesù non vengono compresi come segno di un annuncio e di una realtà più grande e Gesù rimprovera le città del Lago dove sono avvenuti la maggior parte dei suoi prodigi, ma che non si sono convertite. (cfr. Mt 11,20 ss.)

Chiediamoci perché!

Gesù parla di sapienti, di dotti! Ai suoi tempi sonogli scribi, i farisei, i dottori della legge, che presumono di conoscere bene la Scrittura, la interpretano imponendo pesanti fardelli, norme pesanti che il popolo deve rispettare, che loro stessi spesso aggirano e non osservano, ma che comunque non vivono un sincero rapporto con il Signore. Conoscono, ma sono pieni di una sapienza artefatta, sono pieni di loro stessi, chiusi, ciechi che credono di vedere e sordi che credono di sentire e non riuscendo, così, ad aprirsi al mistero di una realtà più grande che va oltre la sapienza umana, che è transitoria, effimera.

Forse, anche noi nel nostro rapporto con Gesù, spesso, siamo di questi sapienti, di questi dotti, assieme a tutti coloro che pretendo di indicare vie di salvezza per l’uomo prescindendo da Dio o addirittura contro Dio, confidando in una razionalità e in una sapienza umana che diventa poi stoltezza e limitatezza. Gesù non disprezza l’intelligenza e la sapienza umana, ci mancherebbe sono doni di Dio per l’uomo e per il suo bene, ne indica, però, un’altra, diversa, migliore, più grande! Ci mette in guardia quando a causa di questa “sapienza” quella che noi ci costruiamo, diventiamo incapaci di riconoscerci umili e piccoli davanti a Dio, non consapevoli della nostra condizione di precarietà, di fragilità, di debolezza, in altri termini di essere creature, bisognose di conversione e del suo amore!

In questo modo accade che perdiamo i veri valori, il caso di Charlie Gard ci può aiutare a riflettere, e non riconosciamo più neppure Gesù, riducendolo a uno dei tanti più o meno illustri personaggi della storia umana.

Bisogna stare in guardia. A volte noi abbiamo un modo di pensare Dio e di pensare Gesù a nostra immagine e somiglianza, ma per riconoscere Dio, Gesù per ciò che veramente sono dobbiamo fare pulizia, togliere questo nostro modo di pensare abbandonandoci fiduciosamente a Lui e al Padre.
Ecco il farci piccoli e umili!

Mettiamo davanti a noi Maria, che in questo ci è maestra e madre. Lei che di fronte allo svelarsi del disegno di Dio, animata da una sapienza diversa da quella che oggi il pensiero debole del mondo ci impone ha saputo pronunciare quella frase: “Eccomi sono la serva del Signore.” L’ umile serva del magnificat che si è abbandonata all’ azione di quel Dio che “innalza gli umili, disperde i superbi e rovescia i potenti.”

Solo questa sapienza e intelligenza ci permettono di riconoscere in Gesù il Messia pacifico, mite e umile di cuore che preferisce venire su un puledro d’ asina, che era la cavalcatura dei poveri e non su un possente destriero, come i potenti del tempo!

Chiediamo al Signore, presi per mano da Maria, di usare della nostra intelligenza, della nostra sapienza per farci piccoli, cioè veramente sapienti e intelligenti, per potere riconoscere Gesù come maestro, ma anche Colui a cui andare non solo quando il nostro cuore è pesante per gli affanni e le prove della vita, ma, soprattutto, quando soffriamo per il fatto di essere suoi discepoli; per quando pensiamo che vivere con radicalità, verità e obbedienza il Vangelo sia un impegno troppo forte per noi, quando la nostra fede in Gesù e nel Vangelo vacilla e sembra spegnersi.

Vorrei concludere la nostra meditazione con le parole del Cardinal Biffi:
“Allora, nelle fatiche dell’esistenza e nelle difficoltà della vita di fede, troveremo il ristoro che ci è stato promesso. Allora la legge evangelica
dell’amore, cui ci siamo sottomessi accettando come norma dell’ esistenza
l’ideale cristiano, sarà per noi veramente un “giogo dolce” e un “carico leggero”.

Deo gratias, qydiacdon

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