Omelia della Solennità di Pentecoste- Messa del giorno

Vivere la vita cristiana è qualcosa di grande, di importante, di affascinante, ma è anche impegnativa. Ieri ci hanno fatto vedere i festeggiamenti dei 7 scudetti della Juventus. Pensate quanti allenamenti a cui si sono sottoposti quegli atleti per raggiungere questo risultato. Ogni atleta che vuole raggiungere un risultato importante si sottopone a degli allenamenti. Anche per la vita cristiana, che inizia con il nostro Battesimo, e noi siamo piccoli, occorre un grande allenamento, ma per questo occorre anche un grande allenatore. Questo allenatore è lo Spirito Santo, noi lo riceviamo già nel nostro Battesimo, ma come ogni allenatore in gamba rispetta e ci allena secondo quelle che sono le nostre capacità, le nostre attitudini, se no
l’ atleta rischia di scoppiare. Lo fa pian piano con gradualità, con l’aiuto della famiglia, dei papà e delle mamme, poi con il catechismo, poi con i sacramenti, dove lo Spirito Santo è sempre presente: la confessione, la messa di prima comunione, la Cresima che per noi è la Pentecoste che ci è stata descritta.

Gesù manda lo Spirito Santo, che è Spirito d’amore, di unità, di pace. Nella sequenza, che si prega, lo Spirito viene descritto come riposo nella fatica, riparo nella calura, conforto nel pianto, come colui che infonde forza, coraggio, vigore, che pulisce e risana, raddrizza le vie storte che noi spesso imbocchiamo, e che dona la gioia eterna. Vi è un termine sul quale però mi vorrei soffermare ed è Paraclito. Ormai sappiamo che questo termine significa consolatore, soccorritore.

Se volgiamo lo sguardo attorno a noi vediamo quanto bisogno vi sia di consolazione in questo mondo, ma penso anche alla storia personale di ciascuno. Situazioni in cui avremmo voluto qualcuno accanto con cui condividere momenti difficili della nostra esistenza, dispiaceri che hanno segnato o stanno segnando la nostra vita. Qualcuno che ci asciugasse le lacrime che solcavano il nostro viso e che ci abbracciasse.

Come da bambini quando cadevamo e ci sbucciavano mani o ginocchia e piangendo ci guardavamo attorno cercando il volto o del papà o della mamma che venissero a soccorrerci e a risollevarci così è l’azione dello Spirito al cuore che si apre per accoglierlo.

Lo Spirito Santo poi è anche Spirito di verità, non imbroglia. I discepoli non hanno compreso sempre e fino in fondo Gesù, lo capiscono dopo la Risurrezione, guidati appunto dallo Spirito Santo. La verità a cui conduce lo Spirito non è solo una verità intellettuale, che ci fa comprendere la rivelazione di Gesù, ma guida il credente a viverla. Ecco che oggi la Pentecoste diventa anche la festa dei testimoni che non hanno paura di andare al largo nel grande mare del mondo per annunciare quella verità unica in cui l’uomo può trovare il senso, la speranza e realizzare la propria vita non a tempo, ma per l’eternità.

Accogliamo e invochiamo il dono dello Spirito Santo, come una pioggia che scende su un terreno che è ormai secco, arido perché possa germogliare e fare nascere quelli che sono i frutti del dono dello Spirito, quelli di cui parla l’apostolo Paolo quando si rivolge rivolge ai Galati: “Il frutto dello Spirito [invece] è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge.”

I frutti di quelli che si lasciano guidare dalle proprie passioni, che cedono all’ egoismo e al peccato li vediamo tutti i giorni, basta sfogliare un quotidiano o ascoltare un telegiornale, dice sempre Paolo, e lo abbiamo sentito: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Tutte cose attualissime.

Una testimonianza:
“… senza voler ignorare i gravi problemi che dobbiamo affrontare giorno per giorno, siamo convinti, come cristiani, che per il miglioramento della società e delle coscienze c’è bisogno dell’aiuto di Dio, dell’opera dello Spirito Santo? È la domanda che si faceva, in occasione della Pentecoste, Lamberto Valli, morto a 42 anni nel 1974, che diversi ricorderanno per averlo ascoltato alla radio: «Se oggi abbia senso parlare di Spirito Santo». Rispondeva, cercando di farsi capire da tutti, col riferirsi allo Spirito Santo come amore: «La Pentecoste ricorda a tutti – a chi crede e a chi rifiuta – che esiste l’amore: sia esso, per chi crede, l’amore di Dio; sia, per chi non crede nella religione rivelata da Cristo, l’amore che riscalda il cuore di ogni uomo e gli rende cari una donna o un ideale, una patria o un’amicizia; l’amore ha, comunque, nella Pentecoste la sua festa.”

Allora:
“ Vieni Santo Spirito e insegnaci a parlare l’ unico linguaggio che tutti possono intendere: il linguaggio dell’ amore, della salvezza, del perdono. Liberaci da tutto ciò che complica, indebolisce e annienta le nostre parole. Donaci di portare a tutti il lieto annuncio con parole cariche di bontà e rispetto” (R. Laurita)

Deo gratias, qydiacdon.

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