IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) – Pastore e pastori

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

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Il Sacerdote e la sua missione - IV Domenica di Pasqua (B) | Giobbeling

 

Oggi il Vangelo di Giovanni ci presenta la figura del pastore, ma non è un pastore qualsiasi è il “buon pastore”. Questo significa che vi possono essere anche pastori che non sono buoni. I Mercenari che nomina il Vangelo. Oggi è anche la giornata delle vocazioni, vorrei soffermarmi, allora, su quali devono essere i sentimenti che all’ interno della comunità ecclesiale dovrebbero animare coloro che sono chiamati ad essere pastori. Non solo però. Anche su coloro che in un certo modo sono chiamati a guidare la comunità civile, perciò in un qualche modo ad essere guida e punto di riferimento, come fa il pastore per il suo gregge.

Io penso che innanzitutto dovrebbero essere delle persone estremamente libere nell’uno e nell’altro caso, capaci di pensare con la loro testa e amare con il loro cuore e non temere la verità. In più per i futuri pastori della Chiesa, persone che cercano di vivere con coerenza i valori evangelici. Servizio, disponibilità, dono di sé e del loro tempo agli altri, anche se so che se cominci dopo non resta il tempo per te, se non lo rubi al riposo, al sonno.

Sapersi compromettere con quelli che chiamiamo gli ultimi, ma non dimenticando anche quelli che ultimi non sono per posizione sociale, non è la ricchezza che arricchisce il cuore dell’uomo.

Ma non è così semplice, sia nella vita ecclesiale, sia anche nell’ambito della comunità laica. “Purtroppo si trovano persone preoccupate di coprirsi le spalle, di incrementare e frequentare amicizie che contano, quelle che: sai non si sa mai. Persone preoccupate di non immischiarsi troppo, che non prendono una chiara posizione perché se no come fare a fare carriera”.
Dobbiamo fare i conti con le nostre debolezze umane, le nostre fragilità e con il nostro peccato, con quell’ insondabile mistero della libertà che Dio lascia all’ uomo.Per chi è chiamato ad essere pastore nella Chiesa, certo studiamo teologia, il Gesù dei grandi Concili, i dogmi della fede, ma recuperiamo e mettiamo al primo posto le parole semplici del Vangelo che hanno bisogno solo di essere accolte.

A questo proposito mi viene in mente quello che diceva il santo curato d’Ars: “se però un prete vuole essere incisivo e davvero fecondo, credo che debba archiviare definitivamente l’idea di difendere la propria routine, il proprio equilibrio, i propri riposini, o arriverà inevitabilmente il giorno in cui sarà tentato di difendere tutto questo anche dalla gente per la quale aveva accettato di dare la vita.
Noi preti corriamo il rischio di iniziare bene e finire male: di essere pronti, all’inizio del ministero, a offrirci in sacrificio uniti a Cristo, per poi ridurci, cammin facendo, in seguito magari a delusioni, fatiche e amarezze, a piccoli borghesi dagli orari d’ufficio.
Eppure non ne vale la pena:

non vale la pena essere preti, se poi ci dobbiamo conservare intatti. Meglio stropicciati e fecondi, che sterili dal colorito sano.”

 Oggi purtroppo anche nella Chiesa si trovano ministri con orario d’ufficio.

Così come nella comunità laica si trovano persone con posti di responsabilità che esercitano “orario di ufficio”.

Proviamo a pensare se un papà o una mamma amassero solo in orario d’ufficio? Ci sentiremmo davvero amati? Bene il Signore non ama ad orario d’ufficio, proprio come fanno i papà e le mamme quelli veri. Leggiamo nella Bibbia: “15Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.”

 Il vero pastore non si dimentica mai del suo gregge, delle persone che gli sono affidate. Abbiamo bisogno di ministri che ci stiano accanto, che accettino chiunque senza etichettarlo, senza sentirsi né superiori, né migliori, lasciando ciascuno padrone della sua coscienza e della sua vita, ma rendendoci credibili testimoni dell’amore del Signore.  Abbiamo bisogno che i responsabili della comunità civile non perseguano interessi di parte, ma ricerchino il vero bene della collettività, e delle giovani generazioni, non come purtroppo sta accadendo oggi ad esempio con tutto il discorso sul gender

Purtroppo, però i mercenari ci sono anche oggi, quelli che sembrano “pastori”, ma non lo sono. Quelli che non hanno a cuore il bene di coloro che gli sono affidati, ma solo di se stessi   Nei confronti di questi “mercenari del nostro tempo vorrei portare una testimonianza.

“La Chiesa ha bisogno di pastori segnati dalla piena accoglienza di quelli che hanno bisogno di sentirsi dire, per continuare a vivere, che Dio non li abbandona mai, ma che anzi fa festa con tutti se solo si fidano di Lui.. Nella mia vita sacerdotale ho incontrato così tanta gente umiliata dai propri peccati e condannata dai giudizi altrui! (…) Non posso loro non offrire un ovile, o meglio un tempio da cui uscire perdonati, anche se, come il pubblicano della parabola, forse, molti continueranno il loro imperfetto e peccaminoso agire, non si può credere in Dio e poi non accogliere gli uomini con l’umanità di quel buon pastore che non ha cercato tanto di spiegare la sofferenza, ma che piuttosto l’ha combattuta; che non ha predicato la scomunica e l’esclusione, ma l’ accoglienza e la relazione; che non ha mai maledetto la vita o il  suo tempo, ma che ha esaltato pienamente la gioia di vivere. Lui che ha vissuto l’umanità totale “ (*)

Io vorrei trovare pastori, sia nella comunità ecclesiale, sia in quella laica così.

(* Cfr. Abbiate Sale in voi stessi -commento ai vangeli anno B ed. Effatà)

ad maiorem Dei gloriam, qydiacdon

 

Comboni

 

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