Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Meditazione sulle letture dellaXIII Domenica ordinario B

Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.

Ci dice la prima lettura. Questa è un’affermazione che ci deve riempire di pace e di speranza anche di fronte alla scomparsa di chi ci è caro, di fronte all’ esperienza della malattia, specie di quella lunga, dolorosa, che, secondo la sapienza e l’intelligenza umana porta alla fine della persona.

Se Dio non ha creato la morte significa che questa esperienza, che ancora ciascuno di noi sperimenta, con un po’ di fatalismo, ma con altrettanta veridicità potremmo affermare che una cosa è certa, quando veniamo alla vita: dovremo sperimentare tutti questo momento. Ma è altrettanto vero come ci attesta il libro della Sapienza, il libro di Giobbe, l’annuncio e la riflessione dei profeti che sia il dolore e la morte non sono opera di Dio, che ci ha creato per un’eternità e non con “un contratto a termine”, part time. Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, non vuole il nostro disfacimento e la nostra rovina e vuole che contempliamo: “1 E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
5E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere».6E mi disse:
(Apocalisse 21)

Se la morte e il dolore non sono opera di Dio, come mai fanno parte della nostra esperienza umana? Il testo della prima lettura, risponde! (Sapienza),

Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

Per l’invidia del maligno, del divisore e per la debolezza dell’uomo, che abusa della libertà che Dio gli ha concesso, si rivolge contro Dio, si allontana da Lui e dalla sua opera di vita e di amore … e come il ramo staccato dalla pianta si secca, perché non scorre più in lui l linfa vitale e … muore, così
l’esperienza della morte è entrata nella vita dell’ uomo.

Attenzione non solo quella della morte corporale, ma quella ben più grave della nostra morte spirituale, la seconda morte come la definiva
S. Francesco.
La morte alla vita di grazia che, purtroppo accompagna anche l’esperienza di tanti battezzati che pur si definiscono cristiani e che, ancora ci viene descritta nel libro dell’ Apocalisse: “8Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte». (Apocalisse 21).

I due miracoli che Marco descrive nel suo Vangelo sono due segni che ci rivelano tutto questo e che il Signore è il Dio della vita! Che il Dio della vita è entrato nella nostra storia per riportarci alla vita, come ci dice la Risurrezione di Gesù. Quale sarà la nostra risposta? Quella della donna guarita dalle perdite di sangue che ha tanta fede da essere convinta che le basterà toccare un lembo del mantello di Gesù per essere guarita? Quella di Giairo che nonostante gli dicano che la figlioletta è morta, esortato da Gesù a continuare ad aver fede lo conduce a casa sua, dove già risuonano i lamenti funebri?

Attraverso questi segni, la guarigione della donna e il dono della vita che viene ridato alla fanciulla viene detto a tutti noi che il progetto di di vita che Dio ha pensato da sempre per l’uomo viene attraverso Gesù ripristinato e che per ciascuno di noi vi è un futuro nonostante la nostra morte corporale e oltre la nostra morte corporale.

Quel “continua ad avere fede”, in Gesù è rivolto a tutti i noi e ad ogni uomo del nostro tempo che chiede alla scienza e alla medicina il miracolo di una vita senza fine che esse non possono dare. Certo potranno cambiare le modalità, ma la morte rimarrà inevitabile con il suo enigma che si può sciogliere solo nella fede.

“C’è un salmo che dice così: Getta nel Signore il tuo affanno ed Egli ti darà sostegno (Sal 54,23); vale a dire: nella vivezza della tua fede troverai un soccorso e una difesa che non ti deluderanno mai. E in altro salmo colui che si affidato al Signore può esclamare: Come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia.”

In questa fede celebriamo l’Eucaristia che è anticipazione, per coloro che credono, di vita eterna.

Qydiacdon: Deo gratias

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