Dio ci visita e libera dall’ angoscia e dalla paura della morte … X Domenica anno C

 

Se vi è una cosa che incute timore, ma che è l’ unica cosa certa e sicura, fin dal momento che veniamo alla luce è la morte. Di fronte ad essa tutti rimaniamo senza parole, la sentiamo come una violenza al nostro desiderio di vita, cerchiamo parole, che la mente non trova, per rispondere a quella domanda che sempre appare: Perché? Perché, se Dio ci dà la vita,
poi … accade questo? Perché questa nera Signora, che non guarda in faccia a nessuno e sembra farla da padrona. Lasciandoci nella disperazione e in una condizione miseranda, come quella della vedova che Gesù incontra a Nain.
Davvero viene la tentazione grande di gridare coma fa quella madre, anche lei vedova, che incontriamo nella prima lettura verso Dio e verso chi ci parla di Lui, perché la lotta è impari e noi sembriamo sconfitti in partenza, come quei condottieri che con mille uomini vogliano scendere in battaglia contro diecimila. Ma noi abbiamo un alleato potente!

È quanto ci dicono le letture che abbiamo ascoltato che ci parlano di un Dio liberatore, amante della vita e che è più forte, perché sconfiggendo quello che nessun uomo può sconfiggere: il peccato, ci salva anche da quella che è la morte, conseguenza del peccato, come ci dice la Bibbia. Un Dio che non è insensibile al dolore e alla sofferenza, che vuole togliere dal nostro volto le lacrime, come ci ricorda il testo dell’ Apocalisse.   

E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate. E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.

Le letture di oggi, con i miracoli in cui viene ridonata la vita a questi figli, e, in quelle vedove, assieme a loro ritorna la speranza e la gioia ci fanno conoscere Dio come tenerezza. Dio compassionevole, che si lascia coinvolgere nelle vicende umane e non se ne disinteressa.

La compassione di Gesù è partecipazione al dolore di quella donna. Questo ci fa scoprire un Dio non insensibile al dolore e alla sofferenza umani, a quel dolore che nasce dall’amore e dalla lacerazione che si verifica quando l’ amore viene ferito.
Gesù si sente davvero toccato dalla sofferenza di quella donna, alla quale dice: “ Non piangere”. Ma queste parole Eglicontinua a pronunciarle anche oggi per ogni cuore lacerato dal dolore, per quelle mogli che hanno perso i loro mariti, i loro figli. Per ciascuno di noi, perché ciascuno di noi ha un angolo remoto del cuore dove vi è un dolore, una lacerazione, che non si rimargina, con la quale tutt’al più si convive.

È come se, il Signore, dicesse a ciascuno di noi: “ Non voglio vederti piangere”, perché io sono venuto a portarti la certezza che Dio ti ama e vuole per te la gioia e la pace, la vita.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare, giustamente: “ Ma la morte è ancora esperienza dell’ uomo, tanti figli non vengono restituiti alle lor madri, così come mogli e mariti …”

Come rispondere?

Quale Vangelo ti è stato annunciato e a quale Vangelo credi? Credi a un Vangelo modellato sull’ uomo o quello della Rivelazione di Cristo?.
Se il Vangelo a cui crediamo è quello che ha come modello di vita un prolungamento della vita umana terrena, una specie di “ paradiso terrestre”, allora saremo inevitabilmente insoddisfatti, vivremo male, pieni di rancori e di risentimenti verso Dio, che continueremo a pensare come un Dio che prova piacere nel mandare mali gli uomini. Ma se il Vangelo è quello di Gesù, quello della sua Rivelazione, allora il segno che egli compie per il figlio di quella vedova diventa per noi segno di consolazione, segno di speranza.

Come ha scritto qualcuno: “ Gioiremo della “resurrezione” del figlio della vedova di Nain perché essa è un segno di quello che ci attende nell’ immediato futuro. Lo sappiamo già e non verremo smentiti: qualcuno toccherà la nostra bara e con amore ci chiamerà per nome. E noi, inebriati da tanta luce, “ci siederemo e cominceremo a parlare”. Sicuri di essere tornati a casa, non più inibiti o spaventati, riempiremo il nostro esistere di vera serenità e di un gioioso rendimento di grazie”.

Di fronte al dolore che sembra non avere risposta, il Signore, vero buon Samaritano, non fa discorsi complicati, filosofici, non dà risposte facili, fa una cosa sola: lo assume su di se, lo condivide con noi, lo riempie di luce, ma per comprendere tutto questo occorre entrare in nuova logica, quella della fede.

Noi, però, sappiamo in chi poniamo la nostra fiducia: in Colui che per amore si è lasciato squarciare il cuore sulla croce, fedele a quella parola da Lui pronunciata: “ Non vi è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” e quell’ amore vince la morte e dona la vita!

Deo gratias, qydiacdon

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