Ma Gesù è morto o vivo?

 

“Ma Gesù è morto o vivo?”, chiese la piccola Lucia alla nonna. A dire il vero, era un po’ che le frullava in testa questa domanda, il parroco era arrivato alla scuola materna e aveva spiegato a lungo che Gesù era stato crocifisso e sepolto.
La nonna capì molto bene la domanda della sua nipotina, andò ad aprire il vangelo, le lesse alcuni fatti:

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Una vita solitaria … (Cristo è risorto)

 

Figlio di una ragazza madre, era nato in un oscuro villaggio. Crebbe in un altro villaggio, dove lavorò come falegname fino a trent’anni. Poi, per tre anni, girò la sua terra predicando.
Non scrisse mai un libro.
Non ottenne mai una carica pubblica.
Non ebbe mai né una famiglia né una casa.
Non frequentò l’università.
Non si allontanò più di trecento chilometri da dov’era nato.
Non fece nessuna di quelle cose che di solito si associano al successo.
Non aveva altre credenziali che se stesso.
Aveva solo trentatré anni quando l’opinione pubblica gli si rivoltò contro. I suoi amici fuggirono. Fu venduto ai suoi nemici e subì un processo che era una farsa. Fu inchiodato a una croce, in mezzo a due ladri.      Continue reading

Il mantello lacerato. (Piccolo racconto sulla confessione)

Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto

Un guerriero dal passato piuttosto torbido chiese ad un anacoreta se pensava che Dio avrebbe mai potuto accogliere il suo pentimento.
E l’eremita, esortato che l’ebbe con molti discorsi, gli domandò: «Dimmi, ti prego, se la tua camicia è lacerata, la butti via?…»
«No», rispose l’altro: «la ricucio e torno ad indossarla.»
«Dunque», soggiunge il monaco, «se tu hai riguardo al tuo vestito di panno, vuoi che Dio non abbia misericordia per la sua immagine?»

Nella confessione il Signore ripara tutte le lacerazioni che noi facciamo con il nostro peccato a quell’ immagine di Dio che è in ciascuno di noi.

Cosa succede quando si muore?

Un contadino e il suo bambino erano in cammino verso un paese vicino, per la fiera annuale. La strada passava sopra un ponticello di pietra sgretolato e traballante per il fiume in piena.
Il bambino si spaventò. “Papà, pensi che il ponte reggerà?”, domandò.
Il padre rispose: “Ti terrò per mano, figlio mio”.       Continue reading

Il brutto anatroccolo (quaresima)

L’estate era iniziata; i campi agitavano le loro spighe dorate, mentre il fieno tagliato profumava la campagna. In un luogo appartato, nascosta da fitti cespugli vicini ad un laghetto, mamma anatra aveva iniziato la nuova cova. Siccome riceveva pochissime visite, il tempo le passava molto lentamente ed era impaziente di vedere uscire dal guscio la propria prole… finalmente, uno dopo l’altro, i gusci scricchiolarono e lasciarono uscire alcuni adorabili anatroccoli gialli.
– Pip! Pip! Pip! Esclamarono i nuovi nati, il mondo è grande ed è bello vivere!
– Il mondo non finisce qui, li ammonì mamma anatra, si estende ben oltre il laghetto, fino al villaggio vicino, ma io non ci sono mai andata. Ci siete tutti? – Domandò.
Mentre si avvicinava, notò che l’uovo più grande non si era ancora schiuso e se ne meravigliò. Si mise allora a covarlo nuovamente con aria contrariata.
– Buongiorno! Come va? – Le domandò una vecchia anatra un po’ curiosa che era venuta in quel momento a farle visita.
– Il guscio di questo grosso uovo non vuole aprirsi, guarda invece gli altri piccoli, non trovi che siano meravigliosi?
– Mostrami un po’ quest’uovo. – Disse la vecchia anatra per tutta risposta. – Ah! Caspita! Si direbbe un uovo di tacchina! Ho avuto anche io, tempo fa, Questa sorpresa: Quello che avevo scambiato per un anatroccolo era in realtà un tacchino e per questo non voleva mai entrare in acqua. Quest’uovo è certamente un uovo di tacchino. Abbandonalo ed insegna piuttosto a nuotare agli altri anatroccoli!       Continue reading

La cisterna screpolata … ( quaresima)

Erano due cisterne a distanza di qualche decina di metri. Si guardavano e, qualche volta, facevano un po’ di conversazione. Erano molto diverse. La prima cisterna era perfetta.
Le pietre che la formavano erano salde e ben compaginate. A tenuta stagna. Non una goccia della preziosa acqua era mai stata persa per causa sua. La seconda presentava invece fenditure, come delle ferite, dalle quali sfuggivano rivoletti d’acqua. La prima, fiera e superba della sua perfezione, si stagliava nettamente. Solo qualche insetto osava avvicinarsi o qualche uccello. L’altra era coperta di arbusti fioriti, convolvoli e more, che si dissetavano all’acqua che usciva dalle sue screpolature. Gli insetti ronzavano continuamente intorno a lei e gli uccelli facevano il nido sui bordi. Non era perfetta, ma si sentiva tanto tanto felice.   Continue reading

IL CHICCO DI GRANO ( quaresima … e non solo)

Nel granaio i sacchi di grano erano tutti allineati. I chicchi, stretti l’uno accanto all’altro, stavano felici al caldo e passavano le giornate ricordando, con un po’ di nostalgia, il sole e l’aria aperta, la brezza che li cullava quando ancora erano nelle spighe e la gioia dei contadini nei giorni della mietitura. Di notte sognavano. Al mattino si raccontavano i sogni: – Io ho sognato che venivo stritolato, insieme a voi, da un’orribile macchina, fino a diventare una polvere bianca, bianca e fine, fine … –
– Anch’io ho avuto lo stesso sogno – diceva un grande chicco – però state a sentire come è continuato. La polvere bianca, che ero diventato, veniva bagnata con acqua e impastata. Poi ho sentito un grande calore. E mi sembrava di essere diventato un pane fresco e profumato. Mi son trovato nelle mani di un bambino. Questo mi ha dato un morso e in quel momento mi sono svegliato.
– Una cosa strana. Anche tanti altri chicchi avevano fatto lo stesso sogno.
– Io, invece – disse un terzo chicco – ho avuto un sogno del tutto diverso, molto triste, che mi ha fatto stare male tutta la notte. Ho sognato di venire seppellito sotto terra, insieme a tanti altri chicchi. Il freddo della terra mi ha fatto svegliare … Beati voi che avete sognato di essere diventati pane e di aver fatto felici i bambini che hanno fame. Io non voglio andare a marcire sotto terra -. E una lacrima gli scendeva dagli occhi.
Gli altri chicchi lo consolavano dicendo che era soltanto un sogno e che, forse, la notte seguente anche lui avrebbe fatto un sogno più bello.     Continue reading

La storia della matita

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo la lettera. A un certo punto, le domandò:
“Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me. ”
La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote:
“È vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto. ”
Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunché di speciale.
“Me è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita! ”
“Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell’esistenza sarai sempre una persona in pace col mondo.
“Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. ‘Dio’: ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua volontà.
“Seconda qualità, di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. È un’azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.
“Terza qualità: il tratto della matita ci permette si usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un’azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.
“Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro te.
“Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione. ”

Io sono come una piccola matita nelle sue mani, nient’altro. E’ lui che pensa. E’ lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve poter solo essere usata.( Madre Teresa di Calcutta)

Cristo non ha mani
ha soltanto le nostre mani
per fare il suo lavoro oggi.

 

Doni diversi per il bene comune*

Un giorno i colori decidono di riunirsi per stabilire che tra loro è il più importante.

Il verde si propone subito come meritevole di ricevere il primato, dicendo: “ Guardatevi incontro, contemplate la natura, osservate le colline, le foreste, le montagne e vi renderete conto come, senza di me, non ci sia vita. Io sono il colore dell’ erba, degli alberi, delle praterie sconfinate. Io rappresento la primavera, la speranza”.
Il Blu si fa vanti commentando: “ Tu sei troppo occupato a guardare la terra sei troppo preso dalla realtà che ti circonda. Alza un po’ gli occhi verso il cielo, contempla la vastità e la profondità dei mari e lì scoprirai la mia presenza. Io sono il colore della profondità, che abbraccia l’ universo. Io rappresento la pace e la serenità”.
Il blu ha appena finito il suo commento che interviene il giallo: “ ma voi siete colori troppo seri! Il mondo ha bisogno di luce e di gioia, io sono il colore che porta il sorriso nel mondo. Del mio colore si vestono il frumento e i girasoli, le stelle della notte e il sole che illumina ogni cosa, io rappresento l’ energia e la gioia”.
Timidamente si fa vanti l’arancione dicendo: “io sono il colore che annuncia il giorno e poi lascio tracce della mia presenza all’ orizzonte, all’ ora del tramonto. Del mio colore si vestono le carote, i mango ed i papaya perché dove sono presente, assicuro vitamine e una vita sana. Io rappresento il calore e la salute”.       Continue reading

Come un filo di Paglia ( Natale)

L’amore di Dio non si può spezzare.

I pastori che erano stati alla stalla di Betlemme a onorare il bambino Gesù tornavano a casa. Erano arrivati tutti con le braccia carche di doni, e ora se ne partivano a mani vuote. Eccetto uno. Un pastore giovane giovane aveva portato via qualcosa dalla stalla di Betlemme. Una cosa che egli teneva stretta nel pugno. Gli altri lì per lì non ci avevano fatto caso, finché uno di essi disse: “ Cos’hai in mano?”.
“ Un filo di paglia”, rispose il giovane pastore, “ un filo di paglia della mangiatoia in cui dormiva il bambino”.
“ Un filo di paglia” sghignazzarono gli altri. “È solo spazzatura. Buttalo via!”
Il giovane pastore scosse il capo energicamente. “ No lo conservo. Per me è un segno del Bambino. Quando tengo questa pagliuzza nelle mie mani, mi ricordo di lui e quindi anche di quello che mi hanno detto di lui gli angeli”.
Gli altri pastori continuarono a prenderlo in giro anche in seguito, ma lui non sentiva ragioni e continuava a ripetere che quella pagliuzza aveva un grande valore.
“ Avete torto. Anche la paglia vale tanto. Su che altro poteva stare il bambino povero com’ era? Il Figlio di Dio ha avuto bisogno di un po’ di paglia. Questo mi insegna che Dio ha bisogno dei piccoli, dei senza valore. Sì, Dio ha bisogno di noi, i piccoli che non contiamo molto, che sappiamo così poco”.
con il passare dei giorni sembrò che il filo di paglia diventasse sempre più importante per il giovane pastore.
Durante le lunghe ore al pascolo li prendeva spesso in mano: in quei momenti ripensava alle parole degli angeli ed era felice di sapere che Dio amava tanto gli uomini da farsi piccolo come loro. Ma, un giorno, uno dei suoi compagni gli portò via il filo di paglia, gridando: “ Tu e la tua maledetta paglia! Ci hai fatto venire il mal di testa con queste stupidaggini!”.
Stropicciò la pagliuzza e la gettò nella polvere: Il giovane pastore rimase calmo. Raccolse da terra il filo di paglia, lo lisciò, lo accarezzò con la mano, poi disse all’ altro: “ Vedi, è rimasto quello che era: un filo di paglia. Tutta la tua rabbia non ha potuto cambiarlo. Certo è facile fare a pezzi un filo di paglia. Pensa: perché Dio ci ha mandato un bambino, mentre ci serviva un salvatore forte e battagliero? Ma questo bambino diventerà un uomo, sarà resistente e incancellabile. Saprà sopportare tutte le rabbie degli uomini, rimanendo quello che è: il Salvatore di Dio per noi”.
Il giovane sorrise, con gli occhi luminosi.
“ No. L’ amore di Dio non si può fare a pezzi e buttare via. Anche se sembra fragile e debole come un filo di paglia”.

( liberamente tratto da: Storie di Natale, Bruno Ferrero)

“ Io sono un povero pastore: non ho che una miserabile stalla, una piccola mangiatoia, un po’ di paglia. Offro tutto a te, accetta questo povero tugurio. O mio Signore è tutto quello che ho”.
Papa Giovanni XXIII