IV Domenica di Pasqua: ascoltare, seguire, conoscere, vita eterna

Oggi l’immagine che ci viene proposta di Gesù è quella del buon Pastore, sarebbe meglio dire del bel pastore. Perché? A volte si sente dire di qualcuno, quella è una bella persona, cioè una persona con la quale stai bene, ti trovi a tuo agio, stare con lui ti rassicura e ci si sente capiti, accolti così come sei!

Bene Gesù è proprio così. Con Lui si sta bene, siamo rassicurati e ci sentiamo accolti, capiti così come siamo. Sì Gesù è proprio una bella persona e un bel Pastore con il quale vale la pena di intrattenere una relazione.Ma quale deve essere l’atteggiamento che noi dobbiamo avere nei suoi confronti? Continue reading

Le ragioni della devozione a Maria nel mese di maggio

Perché è stato scelto proprio il mese di maggio per esercitare una devozione particolare verso Maria Santissima? «La prima ragione», risponde il Beato Cardinale John Henry Newman (1801- 1890) «è che in questo mese la terra esplode con tutte le sue foglie novelle e il verde delle sue erbe, dopo il crudo gelo e la neve dell’inverno, dopo la rigida atmosfera e il vento selvaggio e le piogge dell’incipiente primavera. Maggio, perché gli alberi sono in boccio e i giardini si vestono di fiori. Maggio, perché le sue giornate si fanno più lunghe, il sole sorge prima e tramonta più tardi. Tutta questa felicità e gaiezza della natura al di fuori di noi accompagna convenientemente la nostra devozione verso colei che è la Rosa mystica e la Domus aurea» (Meditazioni e preghiere, Jaca Book, Milano 2002, p. 129).

Maggio è, fra tutti i mesi dell’anno liturgico della Chiesa, il più festoso e radioso: appartiene al tempo della promessa adempiuta, ossia ai 50 giorni della Santa Pasqua. Il Salvatore ha trionfato sul peccato e la morte e ha aperto il Paradiso a tutti coloro che si convertono nella sua Verità. In maggio cadono non di rado le feste della Santissima Trinità e del Corpus Domini. In maggio si festeggia Sant’Atanasio, l’indomito assertore della Fede nella divinità di Cristo, negata dagli Ariani, che spadroneggiarono nella Chiesa per più di due secoli.

La Madonna stessa, per volere divino, ha scelto maggio per dare inizio alle sue apparizioni a Fatima, i cui messaggi hanno una rilevanza decisiva per le sorti della Chiesa e del mondo. Il 24 maggio è la festa di Maria Ausiliatrice, che trionfa su tutte le eresie.

Il Papa mariano e domenicano San Pio V (1566-1572) affidò a Lei le armate e i destini dell’Occidente e della Cristianità tutta, minacciati dall’Islam. Il Papa istituì, per la gloriosa vittoria di Lepanto (1571) contro le flotte turche dei musulmani, la festa del Santo Rosario. Il grido di gioia del popolo cristiano si perpetuò in questa invocazione: Maria Auxilium Christianorum! Il Senato veneziano fece scrivere sotto il grande quadro commemorativo della battaglia di Lepanto, nel Palazzo Ducale: «Né potenza, né armi, né condottieri ci hanno condotto alla vittoria, ma Maria del Rosario» e così a fianco agli antichi titoli di Consolatrix afflictorum (Consolatrice degli afflitti) e Refugium peccatorum (Rifugio dei peccatori), si aggiunse anche questo. Nel XIX secolo due santi ravvivarono la devozione per la Madonna del Rosario e Maria Ausiliatrice: il Beato Bartolo Longo a Pompei e San Giovanni Bosco a Torino, alla quale si rivolgeva per ogni necessità e quando le cose si complicavano e andavano per le lunghe, le chiedeva familiarmente: «E allora incominciamo a fare qualcosa?». Maria Ausiliatrice mai lo deluse.

Maria Santissima è la figlia prediletta di Dio, la creatura a lui più cara e più vicina. «Era giusto perciò», dice Newman, «che fosse suo questo mese, nel quale glorifichiamo e ci rallegriamo della grande Provvidenza divina verso di noi, della nostra redenzione e santificazione in Dio Padre, in Dio Figlio e in Dio Spirito Santo» (Ivi, p. 131). Ma La Vergine non è soltanto l’Ancella più benvoluta dal Signore, Ella è Madre di Suo Figlio, è Regina di tutti i Santi, è Madre della Chiesa. Ella è, come enunciano le litanie lauretane, Stella matutina e Rosa mystica. Ella appartiene al Cielo, ma è accanto agli uomini, come la rosa sulla terra. Grazia e profumo nella rosa sbocciata; luminosità e in infinitudine nella stella, e quando suo Figlio verrà a giudicare il mondo, Ella sarà ancora pura e perfetta come quando venne concepita.

«Dopo la caduta di Adamo tutti gli uomini, suoi discendenti, sono concepiti e generati nel peccato. “Ecco”, esclama l’autore ispirato del salmo Miserere “ecco malvagio sono nato, peccatore mi ha concepito mia madre” (Sal 51, 7). Quel peccato che appartiene a ognuno di noi, ed è nostro fin dal primo momento dell’esistenza, è il peccato di incredulità e di disobbedienza, con il quale Adamo perse il Paradiso. Noi, come figli di Adamo, siamo suoi eredi nelle conseguenze della sua colpa, e abbiamo perduto quell’ornamento di grazia e di santità, che egli aveva ricevuto dal Creatore. Tutti siamo concepiti in questo stato di perdita e di privazione (…) Colui che fu generato dall’eternità, volle salvare e redimere, nel tempo, il genere umano; e la redenzione di Maria fu determinata in quella speciale maniera che noi chiamiamo “immacolata Concezione”. Fu decretato non che fosse purificata dal peccato, ma che ne fosse preservata fin dal primo istante della sua esistenza, cosicché Satana non avesse parte alcuna in lei» (Ivi, pp. 134-135).

La Misericordia di Dio è proporzionata al Miserere dell’uomo: il pentimento è condizione imprescindibile per ottenere misericordia dall’Onnipotente. Il Salmo 51, dove si evincono i desiderata del Signore e il modo reale e autentico per ottenere da Lui misericordia, dovrebbe essere affisso a tutte le porte delle chiese in questo anno giubilare: «Miserère mei, Deus, secùndum magnam misericòrdiam tuam. Et secùndum multitùdinem miseratiònum tuàrum, dele iniquitàtem meam.  Àmplius lava me ab iniquitàte mea,  et a peccàto meo munda me». L’amabilità della Madonna è pari al suo candore. La sua tenerezza è pari alla sua sublime misura di maternità. Maria è stella del mattino perché annuncia il Sole: non brilla di luce propria, per se stessa, ma in lei splende il riflesso del suo e nostro Redentore, che Lei annuncia e glorifica.

«Quando ella appare nelle tenebre, noi sappiamo che anch’egli è vicino» (Ivi, p. 173). Nelle tenebre del 1917 apparve e rivelò gli accadimenti prossimi e futuri. Papi e uomini non hanno ancora compiuto ciò che Ella domandò, ecco che Cristo, che darà il premio a ciascuno secondo le opere compiute, rimane ancora nascosto nelle beate anime oranti, disposte al sacrificio e che, con l’innocenza che rapisce la sopranatura, chiedono a Sua Madre, con perseveranza, umiltà e filialità: «E allora incominciamo a fare qualcosa?». In questo nostro tempo di lotta feroce fra bene e male, Cristo sta preparando la vittoria della Chiesa sul mondo, accostumatosi al suo principe.

Cristina Siccardi in Corrispondenza Romana

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Inizio Mese di Maggio 2019

Iniziamo ancora questo bel mese dedicato a Maria, senza dimenticare che la preghiera e la devozione a Maria se si rafforza ed evidenzia in modo particolare nel mese di Maggio dovrebbe accompagnare ed essere costantemente presente nella vita del cristiano. Lo facciamo attraverso la preghiera del rosario, che ha una sua storia antichissima. Il rosario preghiera di tutti, questa che è stata definita come il salterio della Vergine, perché come il libro dei salmi, così fu organizzato il rosario nello schema delle 150 Ave Maria. Il rosario pregato da principi e mendicanti, dottori e analfabeti. Anche se oggi la devozione al Rosario nei giovani e nelle famiglie sembra notevolmente affievolita. Continue reading

II Domenica di Pasqua, in Albis e della divina Misericordia

Pasqua: Gesù è risorto. Da più di 2000 anni, quella frase: «Abbiamo visto il Signore!», da quella sera “del primo giorno dopo il sabato” è stata proclamata dalla Chiesa e nella Chiesa! Ma sono stati e saranno ancora tanti i Tommaso che faranno fatica ad accogliere questo annuncio. Tanti che continueranno ad avere dubbi e dire: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

La fede nel risorto non è una fede facile, come ci dicono le apparizioni del Signore risorto riportate nei Vangeli. Noi uomini siamo fatti così. Facciamo fatica a credere in quello che non possiamo toccare, vedere, constatare.

Eppure noi siamo qui, otto giorni dopo, e il Signore risorto è presente fra noi, certo non nel modo straordinario che hanno potuto sperimentare Tommaso e gli altri, ma in un modo altrettanto reale e questo sulle parole stesse di Gesù: “questo è il mio corpo … questo è il mio sangue…” è
l’Eucaristia che stiamo celebrando. È il momento della fede! Una fede che dovrà essere sempre riaccesa, anche se potrà succedere di avere ancora dei dubbi, in modo particolare quando nella nostra vita dobbiamo superare prove importanti, difficili, scontrandoci con realtà non facili e che credevamo non dovessero mai fare parte della nostra vita. Continue reading

Meditazione sulla Croce -Venerdì santo 2019

Oggi la Chiesa si ferma a contemplare la Passione del Signore. Siamo chiamati a rivolgerci alla Croce, questo segno che tanti portano al collo, che è diventato un accessorio della moda, come gli orecchini, che tracciamo su di noi troppo spesso con disinvoltura e leggerezza.
Un segno che oggi, sempre più, manca in tante case così da renderci dimentichi di un Dio che si è donato per amore! Leggiamo nel Vangelo: “Nessuno ha un amore più grande: dare la vita per i propri amici …” e “non vi chiamo servi, ma amici”.

Di fronte alla Passione noi siamo chiamati a pregare, a contemplare, a fare memoria e ad interrogarci.
Un innocente, “un servo”, come ci ricorda la prima lettura condannato ad una pena infamate: “Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.” La Chiesa in quel Servo ha riconosciuto il Signore Gesù che dona la sua vita sulla croce. Continue reading

Domenica delle Palme:Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?

Ci sono momenti- ma potrebbero essere una vita intera- in cui abbiamo la certezza razionale, palpabile, documentabile che Dio non esista. Momenti di rabbia, di tradimento, di delusione. O momenti di lucida evidenza: crederemo soltanto a ciò che è provato e tangibile. Soli in mezzo a un mondo ingiusto e imperfetto: è questa la triste realtà. Nella disperazione pensiamo in fondo di essere nati per soffrire. Sconfitti, divisi, spaccati, in balia delle onde: nella tempesta o alla deriva, tutto ciò che conosciamo ci dice che nessuno ci può salvare.
Dio abbandonò anche Gesù. Lo dice il Vangelo. Scelse di essere lontano, ignoto, invisibile. Così nascosto e irrispettoso da passare per inesistente. Un Dio con cui adirarsi, tanto da bramare il giorno del giudizio per rovesciare i luoghi comuni e trattarlo come imputato, colpevole di tutte le croci del mondo. Continue reading

Gv 8,1-11: l’ adultera, la Legge, la folla, Gesù. – V domenica di Quaresima C

 

Gesù perdona una donna adultera
1 Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

I personaggi dell’ episodio sono ben caratterizzati ed ognuno è interessante, curioso, non banale. La gente è protagonista, come raramente avviene. La legge di Mosè consentiva a tutti di eseguire la sentenza, dando sfogo agli istinti più reconditi e proibiti.

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La foto più “condivisa”: “non è solo un gesto cristiano, è un gesto cristologico!” (J.Ratzinger/Benedetto XVI) [ perchè inginocchiarsi?]

“Chi si umilia sarà esaltato”.  Questo commovente scatto fotografico è il compendio della santa fede “cattolica”: sostengono l’anziana fedele che genuflette davanti a Gesù realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’Altare  i Santi Martiri che si rifiutarono di sacrificare ai demoni pagani e all’imperatore/dio; i Santi Martiri che non vollero seguire le elucubrazioni dell’eresia protestante; i Santi Martiri che non si fecero ammiccare dalle mode illuministe , marxiste o liberali. 
Dietro l’anziana donna inginocchiata ci sono anche le anime dei “martiri del silenzio“:  quei  consacrati e quei laici; quelle donne e quegli uomini che dalla conclusione dell’ultimo Concilio hanno offerto a Dio  la loro vita e le loro sofferenze per la salvezza della Chiesa Cattolica avendo avuto la celeste rivelazione che i démoni che si celano dietro la maschera della “modernità” avrebbero attaccato dall’interno e dall’esternola mistica Sposa di Cristo Signore con lo scopo di distruggerla.
Grazie nonnina per questo fulgido esempio” 
AC
L’inginocchiarsi non è solo un gesto cristiano, è un gesto cristologico. 
«Il passo più importante sulla teologia dell’inginocchiarsi è e resta per me il grande inno cristologico di Fil 2,6-11.
In questo inno prepaolino ascoltiamo e vediamo la preghiera della Chiesa apostolica e riconosciamo la sua professione di fede; ma sentiamo anche la voce dell’Apostolo, che è entrato in questa preghiera e ce l’ha tramandata; torniamo ancora una volta a percepire la profonda unità interiore di Antico e Nuovo Testamento, così come l’ampiezza cosmica della fede cristiana.
L’inno ci presenta Cristo in contrapposizione al primo Adamo: mentre questi cerca di arrivare alla divinità con le sole sue forze, Cristo non considera come un «tesoro geloso» la divinità, che pure gli è propria, ma si abbassa fino alla morte di croce.
Proprio questa umiltà, che viene dall’amore, è il propriamente [188] divino e gli procura il «nome che è al di sopra di tutti i nomi», «perché tutti, in cielo e sulla terra e sotto terra, pieghino le loro ginocchia davanti al nome di Gesù…».
L’inno della Chiesa apostolica riprende qui la parola profetica di Isaia 45,23: «Lo giuro su me stesso dalla mia bocca esce la verità, una parola irrevocabile: davanti a me si piegherà ogni ginocchio…».

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IV Domenica di Quaresima C – Meditazione su Lc 15,1-3.11-32: Il figliol prodigo

Domenica scorsa la parabola del fico rimandava l’immagine di un Dio che sa attendere, che è paziente. Anche oggi con la Parabola del figliuol prodigo, così almeno viene titolata, pone davanti a noi un Dio che è amore, che è misericordia, che ama con cuore di Padre i suoi figli e che li attende per averli con sé, in casa, nella festa e nella gioia sia il figlio minore che quello maggiore.

Con questa parabola Gesù, ci fa conoscere un Dio sorprendente, un Dio diverso perché non tutte le religioni adorano un Dio che è amore, che non istiga l’uomo ad uccidere nel suo nome a perseguitare e ad opprimere, un Dio che sa perdonare…

Vi è una frase nel Vangelo che mi ha fatto molto riflettere: “…Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”.  Questa frase che il Figlio più giovane pronuncia quando si ritrova in disgrazia, dopo avere lasciato il Padre e sperperato tutti i suoi beni. Questo è quello che succede quando noi ci allontaniamo da Dio. Crediamo di trovare la chiave della vita, la felicità, la nostra realizzazione, la vera libertà, ma non è così. In realtà il peccato ci fa smarrire, fa perdere la nostra dignità, perché altera i valori che devono guidare la vita, che sono quelli che indica il Vangelo.

La nostra vita diventa “un porcile”, qualcosa di sporco e di degradato. Allora anche noi dobbiamo ritornare. La quaresima, quindi, ma tutta la nostra vita, deve essere un cammino di ritorno al Padre. Un cammino di ritorno a Dio nel Signore Gesù senza ambiguità, come invece sembra abbia il figlio più giovane.

Non è il pentimento che spinge il figlio a ritornare in se stesso, ma la fame: il suo punto di riferimento non è né il dispiacere, né l’amore del padre, ma i salariati che hanno pane in abbondanza. La motivazione è la volontà di vivere anche a prezzo della propria dignità filiale: è meglio essere un salariato con lo stomaco pieno che un figlio decaduto o morto” (J.N. Aletti)

Il figlio si incammina per tornare, nonostante tutto, non tanto per amore nei confronti di chi ha abbandonato, ma per necessità. Anche per noi ritornare a Dio, oltre che farlo senza ambiguità, non è questione solo di sopravvivenza, ma necessità che sgorga da quell’ inquietudine, quella insoddisfazione che nasce nel cuore dell’uomo a cui da solo non sa rispondere. Continue reading

III Domenica di Quaresima C 2019 – Conversione, pazienza di Dio … portare frutto

Cambiare, cambiare … quante volte si sente questa parola. Cambiare nella politica, nell’ economia, nel sociale, nel pensare la famiglia non più come ci è stata data naturalmente e per noi, nella fede nel disegno di Dio, tanto che ritrovarsi per ribadire la bellezza della famiglia tradizionale che vede uomo, donna figli, con una donna non chiusa in casa, ma che riscopra la sua particolarità nella maternità e nella cura della famiglia stessa non è ritornare al medioevo, ma valorizzare la donna per quello che è nella sua peculiarità.

Anche oggi Cambiare uguale a conversione è un po’ lo slogan e l’imperativo che possiamo mettere alla Parola che abbiamo ascoltato.

A Gesù vengono presentati due fatti, due eventi drammatici, catastrofici che sono accaduti. Secondo quella che era una concezione del tempo si riteneva che le disgrazie fossero il frutto delle colpe che si commettevano. Questa concezione non poi scomparsa neppure oggi, quando di fronte ad eventi particolarmente dolorosi ci si rivolge a Dio dicendo: “Che cosa ho fatto per meritare questo?” Continue reading