Festa del battesimo del Signore 2020 -meditazione

Fino alla settimana scorsa contemplavamo la magia, la tenerezza del presepe ed oggi il vangelo ci presente un Gesù adulto in fila al fiume Giordano per farsi battezzare da Giovanni Battista. Ma cosa è accaduto in tutti questi anni?

I Vangeli non ci dicono nulla, se non in Luca con gli episodi della circoncisione, della presentazione e dello smarrimento di Gesù e il suo ritrovamento fra i dottori del tempio di quegli anni.

Con la sua venuta in mezzo a noi Gesù assume pienamente e completamente la nostra umanità, tranne che per il peccato. Il Concilio Vaticano II afferma:
“Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.
Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo (31) ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato (32). Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con sé stesso e tra noi (33) e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’Apostolo: il Figlio di Dio «Mi ha amato e ha sacrificato sé stesso per me» (Gal2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l’esempio perché seguiamo le sue orme (34) ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato.” ( GS 22 )

La difficoltà di accettare questa logica la troviamo descritta oggi nel Vangelo nella figura di Giovanni. La sua predicazione è una predicazione forte che ricorda l’urgenza di un cambiamento e se dice cose giuste la fa in un modo duro, pensiamo all’ ammonimento: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?(…) 10Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco.”

Gesù, però, non si presenta così, la modalità che egli indica anche a Giovanni è totalmente diversa. È quella di Dio che si fa accanto all’ uomo e nelle sue situazioni gli parla con pazienza, con tenerezza, con umiltà attraverso la vita di Gesù che sceglie la via dell’umiltà.

Questo è il motivo per cui troviamo Gesù, lui che non ha peccato in fila con i peccatori. A fronte di un’immagine di un Dio giustizialista e vendicatore, che viene a richiamare con forza e potenza ecco un Messia disarmante che scandalizza Giovanni Battista al punto di fargli dire: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?».
Giovanni vorrebbe un Dio trionfatore e vincitore, ma un Dio così sarebbe anche un po’ lontano dall’ uomo.

Vedete Giovanni fa’ un po’ come facciamo anche noi che vorremmo imporre a Dio il nostro modo di pensare ed insegnare a Dio a fare il Dio.
Il testo del Vangelo ci fornisce l’occasione di verificarci anche su questo punto. Perché magari implicitamente diciamo di sì, accettiamo questo Dio così strano, poi nelle vicende e negli accadimenti della vita non è così.

La risposta di Gesù ci illumina e ci aiuta: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia».

Scrive un commentatore: “Adempiere ogni giustizia significa sottomettersi alla volontà di Dio; non una volontà di sterminio, ma di salvezza; non di dominio, ma d’amore. Il comportamento di Gesù ci rivela la misericordia sconfinata di Dio. Questo evidentemente non significa che Dio si rassegni a perdere: tutt’altro! Questo significa soltanto che la via del trionfo di Dio è ben diversa da quella degli uomini che scelgono per i loro effimeri trionfi: Dio segue un’altra strada” (Card. Angelo Comastri)

Una strada che è quella di condividere i sentimenti umani: “la gioia, la tristezza, lo sdegno, la meraviglia, l’amore.” Soprattutto l’amore! Ci ricordava in questi giorni la prima lettera di Giovanni che abbiamo letto nella Messa feriale che Dio è amore, che l’amore è l’essenza stessa di Dio.
Tutta la missione pubblica di Gesù che inizia con il Battesimo è espressione di questo amore!

Allora lo stile cristiano non può essere che quello dell’amore. Non quello dell’amore mellifluo e sdolcinato, ma che sa anche denunciare l’ingiustizia e la sopraffazione, ma sempre illuminato del Vangelo per il bene e la salvezza di tutti, anche di quelli che come il giovane ricco, che Gesù guardò con amore, ma lui non riuscì a seguirlo.
Vi sono tanti altri aspetti su cui riflettere, come, ad esempio, Dio che si conferma e rivela ancora una volta come Trinità, come l’acqua, che è nella Bibbia segno di sia di morte, ma anche di vita nel Battesimo di Gesù diventa annuncio, invocazione, preghiera di quella risurrezione e liberazione dalla morte a cui l’uomo aspira. Adesso l’acqua diventa il segno di una guarigione, di una rigenerazione, di principio di vita nuova che è stata donata a ciascuno di noi nel nostro Battesimo.

Gesù è venuto per salvarci e donarci di nuovo la nostra dignità che avevamo perduto con il peccato, adesso tocca a noi vivere con responsabilità e con impegno, nel nostro vissuto ordinario di essere figli di Dio amati e salvati.

Deo gratias, qydiacdon

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PER LA PONTIFICIA ACCADEMIA BIBLICA I SODOMITI NON PRATICAVANO L’OMOSESSUALITA’, MA ERANO POCO ACCOGLIENTI (UN’ PO’ COME SALVINI) L’omosessualità, che per la Chiesa è un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio, oggi è riabilitata dai biblisti (che si sono dimenticati la dottrina della Chiesa)

Una corposa e sistematica revisione della dottrina cattolica sull’omosessualità partendo da una lettura per lo meno parziale della Scrittura. E’ quanto emerge dalla sezione dedicata ai rapporti tra persone dello stesso sesso contenuta nel libro Che cosa è l’uomo? redatto dalla Pontificia Accademia Biblica (PAB). Come già scritto il testo viene presentato come una «lettura antropologica sistematica della Bibbia», commissionata «dal Papa in persona».
Indagheremo qui la sezione dedicata all’omosessualità che occupa circa lo spazio di dieci pagine.
Evidenziamo innanzitutto il seguente passaggio: «Va subito rilevato che la Bibbia non parla di inclinazione erotica verso una persona dello stesso sesso, ma solo degli atti omosessuali» (n. 185). Sul piano scritturistico si potrebbe però citare San Paolo: «Né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio» (1 Cor 6, 10).

NÉ EFFEMINATI, NÉ SODOMITI
Questa citazione si offre a due riflessioni. La prima: per sodomiti Paolo potrebbe intendere sia coloro che compiono atti di sodomia, sia coloro vivono una condizione di omosessualità. Non si può escludere quindi che il testo si riferisca anche all’inclinazione omosessuale. Continue reading

Festa della Santa Famiglia 2019 – omelia

In un contesto dove non si capisce più bene cosa sia la famiglia perché si tende a definire con questo termine unioni senza alcun vincolo, unioni fra persone dello stesso sesso, famiglie allargate; ma anche famiglie frantumate, dove quello che era un progetto iniziato con tanto entusiasmo purtroppo è naufragato. Una definizione che ho trovato su un dizionario recitava: “Nucleo sociale rappresentato da due o più individui che vivono nella stessa abitazione e, di norma, sono legati tra loro col vincolo del matrimonio o da rapporti di parentela o di affinità.”

Di fronte a questa “babele” che tenta di definire la famiglia nei modi più disparati, mentre ancora stiamo vivendo la gioia e il mistero del Natale, noi contempliamo la famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe che diventa punto di riferimento e che Papa Paolo VI descriveva così. “Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo … Essa ci insegna il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricorda cos’è la famiglia, cos’è la comunione d’amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile … Infine impariamo la lezione del lavoro. Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo, ma redentrice della fatica umana …”

La famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe sta davanti a noi come un’icona di riferimento, ma vediamo alcune caratteristiche di questa icona a cui ogni famiglia si può ispirare e sviluppare per essere famiglia secondo il cuore e il progetto di Dio. Una delle due preghiere di colletta di questa festa recita: O dio nostro Padre, che nella Santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fa’ che nelle nostre famiglie fiorisca le stesse virtù e lo stesso amore…”

 

  • È una famiglia in cui tutti accolgono la volontà di Dio. Gesù che viene per compiere quanto il Padre gli affidato, Maria e Giuseppe che si rendono disponibili nella fede anche se questo significa rinunce e sacrifici, situazioni di difficoltà e di persecuzione. Il Vangelo che abbiamo letto ci presenta la partenza per l’Egitto, la condizione di esuli che sono chiamati a vivere e il ritorno alla morte del loro persecutore. Non è una famiglia fuori dal tempo, ma dentro le vicende favorevoli e sfavorevoli trova nell’adempiere quanto il Signore gli chiede nell’ obbedienza e nella fede, anche in situazioni difficili trova la pace
  • Questa famiglia è inserita nella grande famiglia umana di cui Gesù diventa membro. Questo dovrebbe farci riflettere sul grande mistero della vita come dono. L’ uomo non è né il proprietario, non può manipolarla a suo piacimento come accade nelle varie pratiche di fecondazione, nell’ utero in affitto, né delle madri surrogate: non sono secondo quello che è la natura e non sono secondo il disegno di Dio. Così riguardo i figli, che come altre volte ho detto non sono né proprietà né il prolungamento dei genitori, ma ci sono affidati perché li facciamo crescere educandoli!
  • Compito difficile educare! Ma educare a cosa? Sempre una delle preghiere di colletta, la seconda, dice: “crescano in sapienza, pietà e grazia rendendo lode al tuo santo nome”. La sapienza non nel senso che possiamo intendere noi, certo la sapienza umana è buona ed è anche questa dono quando usata per l’uomo e non contro l’uomo, ma quella sapienza che è dono dello Spirito e che ci fa fare esperienza di Dio, ci fa vedere gli altri e le situazioni della vita leggendole alla luce del Vangelo e di tutta la Parola di Dio. La pietà che non è la mera compassione, ma quel sentimento che ci rende consapevoli di essere Figli di Dio amati. Rendere lode a Dio riconoscendo che tutto viene da Lui e tutto a Lui deve essere ricondotto. Tutti aspetti che nell’ educazione cristiana e umana dei figli vanno curati, ma sono davvero presenti? Li proponiamo ai nostri figli? Come li proponiamo?
  • Ultima parola, facendo riferimento alla prima lettura, il rispetto che i figli devono avere anche quando i genitori, e non solo per il padre: “Sii indulgente, anche se perde il senno,
    e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore.” Un rispetto e un amore che non sempre è dato, perché non di rado i figli si dimenticano di essere stati figli e disconoscono i loro genitori, anche se non tutti.

 

Il Concilio ha parlato della famiglia come “chiesa domestica”, (Lg 11) non fuori dalla Chiesa ma ben inserita e per farla crescere, anche a questo senso di appartenenza noi dobbiamo auto educarci ed educare.

Concludo con quanto dice S. Giovanni Paolo II: “La famiglia fondata e vivificata dall’ amore, è una comunità di persone: dell’ uomo e della donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito e di vivere fedelmente la realtà della comunione nell’ impegno costante di  sviluppare un’autentica comunità di persone” (Familiaris consortio, 18)

 Deo gratias, qydiacdon

 

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