1 Domenica di Quaresima B – Quaranta giorni nel deserto …

Mercoledì scorso abbiamo iniziato questo tempo di rinnovamento e di Grazia, tempo di preparazione alla più grande delle feste che è la Pasqua e venivamo esortati ad indossare “le armi della penitenza” (colletta) per vincere il combattimento contro lo Spirito del male”.

Gesù stesso ci diceva, poi, quali sono queste armi: l’elemosina, che rappresenta le opere di carità fraterna, la preghiera e il digiuno. Ci metteva anche in guardia dal pericolo dell’ipocrisia, cioè dal praticare queste opere per noi stessi, per sentirci un po’ come i primi della classe, per poterci presentare davanti al Signore dicendo: “vedi come sono stato bravo!”, oppure per cercare l’ammirazione degli uomini.
È il grande pericolo dell’ipocrisia.

Oggi Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto e vi rimane per quaranta giorni. Troviamo questo numero quaranta che appare spesso nella Bibbia: quaranta giorni è durato il diluvio, di cui ci parla la prima lettura, Noè aspettò quaranta giorni dopo il diluvio prima di toccare la terra ferma, quaranta anni dura il cammino del popolo di Israele nel deserto, Mosè starà sul Sinai quaranta giorni e quaranta notti, quaranta giorni fanno penitenza gli abitanti di Ninive dopo la predicazione di Giona, quaranta giorni impiega il profeta Elia, perseguitato dalla regina Gezabele per raggiungere l’Oreb … Quaranta sono i giorni durante i quali Gesù risorto istruisce i suoi, prima di inviare lo Spirito (At 1,3). Dopo questo tempo ascende al cielo e invia lo Spirito Santo.

Il numero quaranta diventa una cifra importante, simbolica, che scandisce i momenti importanti dell’ esperienza di fede del credente e del popolo di Dio, è anche il tempo in cui vedendo, meditando le opere di Dio occorre assumersi le proprie responsabilità.

“(Gesù) nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”

Il deserto, luogo inospitale, luogo che con la sua assenza di vita vuole ricordarci il potere mortifero del divisore, dell’istigatore al male, del peccato. È quindi il luogo della tentazione e della prova, ma è anche il luogo dove l’uomo può sperimentare la vicinanza e la fedeltà di Dio.
Esso può diventare il luogo dove iniziano cammini di conversione e di purificazione, di cui certo Gesù non ha bisogno, ma noi sì.

Carlo Carretto nel 1954 disse “Vado nel deserto per disintossicarmi da una vita nella quale non trovo più Dio”. E nel libro lettere dal deserto racconta che laggiù, nel deserto ritrovò la forza di guardare le stelle, il cielo, il sole, un tramonto, il movimento della sabbia, un fiore … Ritrovò la sintonia con il messaggio delle cose, ritrovò soprattutto la pace con sé stesso, ritrovando la compagnia di Dio. (riportato da A. Comastri nel commento al Vangelo di questa Domenica)

Diventa allora necessario fare spazi di deserto, senza necessariamente andare nel Sahara o nel deserto di Giuda. Perché è nel silenzio che Dio parla, che sentiamo risuonare la sua voce in noi. Oggi vedo i giovani, ma mica solo loro, anche persone che dovrebbero essere adulte, che camminano con gli auricolari perennemente infilati e il cellulare in mano, a volte ad un volume che percepisco anch’ io quello che stanno ascoltando, ma come fanno ad ascoltarsi, a porsi domande, a cercare la verità. La Quaresima è questo tempo opportuno per fare un po’ di deserto nel nostro cuore ed, in esso, incontrare Dio che parla sommessamente.

Ma perché Gesù si sottopone alla tentazione, che l’evangelista Marco non ci descrive, ma che conosciamo dagli altri vangeli che sono: la ricerca del benessere fondato sui beni materiali, il potere, nelle sue varie forme, un Dio al nostro servizio, che si pieghi ai nostri desideri e alle nostre volontà accontentandoci.

Sono queste le tentazioni perenni che nascono dal cuore dell’uomo, e riguardano tutti, non solo chi è potente e facoltoso, ma ciascuno di noi se ben riflettiamo.

Perché?

Perché il nostro cuore è malato da un virus che si chiama egoismo. Pericolosissimo! Difficile da sconfiggere, assume diverse forme ed è sempre latente nel cuore umano.

Perché il mondo di oggi, il modo di pensare, le idee e gli stili di vita che vengono proposti sono lontani da Dio e il maligno, il divisore, ce li fa apparire belli e seducenti.

Il Diavolo è all’ opera e continua ad insinuare al nostro cuore che Dio non è amico dell’uomo, ma ostile; continua a versare in noi il veleno del dubbio, scrutandoci cerca il nostro punto debole per allontanarci sempre più dal Signore e rovinarci.

Gesù venendo fra noi ha voluto condividere tutto di noi, quindi anche la lotta contro la tentazione di non compiere quanto il Signore ci chiede per il nostro bene e il tentatore.

Per questo è necessario credere in Gesù e alla novità che egli annuncia, è quel: “Convertitevi e credete nel Vangelo”. Che risuona oggi nel brano evangelico.

Allora in questi passi del nostro cammino quaresimale non perdiamo di vista la porta del confessionale, perché è lì che si concretizzano quelle parole, è lì che si incontra la nostra superbia umana: il peccato, perché il peccato è sempre un atto di superbia dell’uomo nei confronti di Dio, con la misericordia del Signore.

Quaresima da vivere, anche, come riscoperta della bellezza della confessione invocando il dono della Fortezza per vincere la tentazione.

Deo gratias, qydiacdon

 

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