… Nessuno le strapperà dalla mia mano…- IV Domenica di Pasqua C

 

Leggendo il giornale mi è accaduto più di una volta di esclamare, ma in che mani siamo? Se andiamo avanti di questo passo dove andremo a finire …
Allora, puntualmente, mi viene alla mente una frase che ho sentito risuonare spesso: “ Siamo nelle mani di Dio”. Chissà quante volte ciascuno di noi, chiamato ad affrontare situazioni difficili, chiamato a prendere certe decisioni che non sappiamo a quale esito porteranno avrà mormorato, con trepidazione questa frase.

E come sono queste mani? Come sono le mani di questo Dio che noi invochiamo come Padre, pensiamo alla preghiera del Padre nostro.
Abbiamo sentito il vangelo. Il padre ci ha affidato alle mani di Cristo.     

Sono mani che donano la vita, come ai lebbrosi, considerati morti viventi, alla donna afflitta dalle perdite di sangue, alla figlia di Giairo, che era morta, che donano la luce della speranza, come al cieco nato.

Mani che conoscono  la fatica del lavoro umano e che per questo l’ hanno nobilitato. Mani che ci indicano il lavoro non come una maledizione per l’ uomo, ma che non è nemmeno il Dio dell’ uomo; mani che ci mettono in guardia, invitano a riflettere su come, attraverso il lavoro, possiamo continuare a collaborare all’ opera della creazione o distruggerla.

Le mani di Gesù sono mani accoglienti. Non hanno respinto , i peccatori, i bambini, le donne, anche quelle di dubbia reputazione, tutte quelle categorie che erano e continuano ad essere messe ai margini, quei deboli che non contano nulla agli occhi del “mondo”.  Le mani di Gesù sono proprio le mani di Dio che ci accarezzano nel momento del dolore, che ci confortano, che ci sostengono nel momento in cui cadiamo.
Ci guariscono dai nostri mali spirituali, ( il peccato). Ci possono anche rimproverare, ma sempre con dolce fermezza, senza violenza, senza ferire.
Sono mani che portano i segni della violenza degli uomini, del loro rifiuto ad ascoltare quella voce di cui ci parla il vangelo. La voce del pastore che annuncia l’amore di Dio, che dice la grandezza che ciascuno di noi ha agli occhi di Dio. Voce che parla di un dono, un dono speciale, che è quello che desideriamo da sempre: la vita eterna. Le mani piagate del Cristo crocefisso, ma risorto ci consolano nei momenti in cui non sappiamo a chi affidarci, quando tutte le porte a cui bussiamo ci vengono chiuse in faccia, quando vorremmo un gesto di tenerezza e di affetto, ma nessuno ha tempo per noi! Cerchiamo di essere sapienti e affidiamoci alle mani di Cristo. Lì saremo al sicuro, ce lo dice Lui stesso: “e nessuno le strapperà dalla mia mano.” Perché il Signore/Pastore va in cerca della pecora perduta e riconduce all’ovile quella smarrita, fascia quella ferita e cura quella malata, ha cura della grassa e della forte; le pasce con giustizia. (cfr. Ezechiele 34, 16).

Ma la didascalia del pastore, del buon pastore e non del mercenario che quando arriva il pericolo fugge e abbandona il gregge, fa venire subito alla mente l’ immagine del cammino. Le greggi non sono mai ferme, si muovono sempre, cos’ anche noi siamo in cammino, ma da chi ci facciamo guidare, dal pastore buono o dagli innumerevoli mercenari, che si intrufolano nelle nostre vite? Mercenari che ci guidano per strade che non ci porteranno mai alla meta che noi sogniamo, a quella pienezza di vita che non è dono umano, ma nemmeno alla consapevolezza di chi siamo. Mercenari che non ci permetteranno, voltandoci indietro e guardando a quanto abbiamo fatto scorgere una vita di cui possiamo, per quanto possibile, essere soddisfatti.

Per seguire qualcuno occorre conoscerlo, fidarsi di lui, affidarsi a lui.

È quel conoscere di cui parla il vangelo. Gesù ci conosce, ma è quel conoscere diverso dal significato che noi diamo a questo termine. È quella conoscenza che nasce da un amore forte e concreto per una persona e che, come scrive qualcuno, indica : “ la carità tenera, l’ amore forte, l’ irruzione nel cuore e nell’ essere della persona, l’ affetto profondo e vitale che la coinvolge totalmente”.

Questo possiamo dire di Gesù che ha dato la sua vita per noi, perché nessuno ha un amore più grande che dare la vita per i propri amici.
Con questa fiducia camminiamo ogni giorno della nostra vita affidandoci alle mani di Gesù, come un bambino si abbandona fiducioso nella mani dei propri genitori.

Come conclusione vorrei lasciarvi questa testimonianza, che riporta il cardinal Comastri. “È la testimonianza di una giovane suora , Missionaria della Carità. Scrive alla mamma. “ Cara mamma, sono stata inviata in un lebbrosario. Mi hanno incaricata di pulire il pavimento ( se così si può chiamare) e di sistemare i pagliericci degli ammalati. Com’è diversa quaggiù la casa dalla nostra casa, la vita dalla nostra vita! Mamma, ti ringrazio perché mi hai dato la vita ed oggi posso donarla a qualcuno”
Quando si vive donando se stessi, la vita acquista un sapore nuovo ed è possibile essere felici ovunque. E sulla via carità nascono le vocazioni: perché chi ama sente la voce del Pastore ed è pronto a dare la vita con Lui.”-

Deo gratias, qydiacdon

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