Meditazione: Ascensione del Signore anno C: Guardare al cielo per annunciare alla Terra

Grande festa di speranza quella della Ascensione del Signore Gesù, il cui significato di quello che la Chiesa celebra in questo giorno è già annunciato e pregato nella colletta: “Poiché nel tuo Figlio asceso al cielo
la nostra umanità è innalzata accanto a te,
e noi, membra del suo corpo,
viviamo nella speranza
di raggiungere Cristo,
nostro capo, nella gloria.”

“La nostra umanità è innalzata accanto a te nella gloria …” forse noi non ci rendiamo conto appieno di quello che significano queste parole… Significano che tutta la nostra persona con tutta la sua umanità nel Signore Gesù, anche nella sua dimensione fisica è già nella beata eternità di Dio! Ma questo non è quanto noi desideriamo, cerchiamo agogniamo, per noi e per le persone che amiamo.

Se questa festa ci innalza con lo sguardo in alto verso il cielo, le letture che abbiamo ascoltato ci invitano a guardare in due direzioni. Certamente in alto per contemplare quella che è il nostro fine, la realtà finale che ci attende, che non è quella dell’annientamento, ma quella di una vita piena perfetta in Cristo. Ci invitano a guardare al Paradiso, ci invitano a pensare a una vita che non è a termine, ma senza fine, dove non esiste prima o dopo, ma solo l’eternità Invitati a guardare al Cielo nello stesso tempo non possiamo disinteressarci di guardare alla terra: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

Guardiamo al cielo per portare quello che abbiamo contemplato del cielo sulla terra! Cosa abbiamo contemplato, visto, amato creduto? Il grande mistero dell’amore di Dio che non si risparmia per la sua creatura, per me, che senza di Lui non posso fare nulla, mentre Lui fa tutto per me, dona tutto per me! Annunciare che Dio ci ama e ci rende partecipi della sua stessa vita! Che ci libera da quello che ci può separare da questo grande dono che ci offre: il peccato!

Ora la festa dell’ Ascensione con le parole degli Atti ci rimanda proprio a questo, … al tempo della testimonianza. “Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? 15 E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!”, leggiamo nella lettera ai Romani! Qualche commentatore ha scritto che è come quando la mamma stacca le braccia e lo lascia camminare da solo. (Comastri). Cosi i discepoli, come del resto anche noi, devono camminare nel mondo senza godere più della presenza fisica di Gesù, ma che secondo la sua promessa non ci lascia soli.

La sua presenza è una presenza concreta reale, direi, quasi velata nella sua Chiesa, nei Sacramenti e in quella testimonianza che noi cristiani, condotti dallo Spirito Santo siamo chiamata a dare. Grande responsabilità, perché come uomini siamo deboli e fragili e la testimonianza che siamo chiamati a dare è forte, deve essere autentica, sincera e le parole non bastano si è cristiani per come agiamo e non per quanto diciamo.

Se il cristiano non turba le regole del gioco del mondo, del conformismo e vi si adegua non disturba nessuno, ma se vive con coerenza la sua fede allora diventa scomodo, diventa un problema perché fa sorgere interrogativi attorno a sé e nelle coscienze. La mentalità del mondo non è disposta a lasciarsi interrogare e, come ha fatto con Gesù, cerca ancora di sbarazzarsi dei testimoni veri!

Pochi ne parlano, anche fra i pastori della Chiesa: è ancora il tempo del martirio. Ecco perché il Signore ci fa il dono dello Spirito, “di potenza dall’alto” che aiuta e sostiene nel nostro compito di essere testimoni, di essere sale e lievito del mondo portandovi la luce di Gesù e del Vangelo, che prima dobbiamo accogliere in noi stessi per brillare un po’ anche noi, ma non di luce nostra di luce riflessa di quella vera luce che è Cristo.

In conclusione vorrei riprendere quanto dicevo all’inizio su l’ Ascensione come festa della speranza cristiana.  Nel suo andare al cielo, presso il Padre Gesù non si separa e non si spoglia della nostra umanità.

Leggiamo nel Prefazio di questa Messa: “non si è separato dalla nostra condizione umana,

ma ci ha preceduti nella dimora eterna,

per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito,

saremo anche noi, sue membra,

uniti nella stessa gloria.”

Guardando al cielo contempliamo quella patria di cui parla l’apostolo Paolo, contempliamo il nostro destino ultimo, quel cielo nuovo e quella terra nuova di cui parla il libro dell’Apocalisse. Troviamo così riparo dalla sfiducia e dalla paura e viene ravvivata la nostra fede nella vita eterna. Nel Signore Gesù asceso al cielo il nostro destino finale raggiunge il suo compimento, di questo dobbiamo essere testimoni!

Deo gratias,qydiacdon.

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