La coppia cresce nella fede. – Incontro con i genitori di 5 elementare e 1 media

Si ritiene che , sul solco della tradizione giudaica, del resto i primi cristiani erano ebrei, questi avessero molto a cuore l’ educazione dei figli. Ed era il padre, in genere, ad essere colui che fungeva da tramite tra Dio e i famigliari.

Abbiamo celebrato questa settimana la festa di S. Giuseppe e un giornalista  Riccardo Cascioli in La nuova bussola.it scrive:

Ad ogni modo la stretta relazione tra crisi della famiglia e oscuramento della figura di San Giuseppe risulta più chiara se pensiamo che tanti psicologi sono concordi nel sostenere che uno dei principali problemi della nostra società è l’eclissi o l’assenza del padre. Mancano i padri e manca un modello di paternità, come invece san Giuseppe è stato per tante generazioni.

«San Giuseppe è la più bella figura d’uomo concepibile e che il Cristianesimo ha realizzato», diceva don Luigi Giussani, sottolineando che il padre putativo di Gesù era «un uomo come tutti gli altri, aveva il peccato originale come me».

Alcuni anni fa Vittorio Messori si era interrogato sui motivi per cui San Giuseppe è stato volutamente messo da parte da molti nella Chiesa, ed è interessante rileggere la sua riflessione: «Secondo alcuni avrebbe operato qui quella “rivolta contro i padri” che ha portato la cultura moderna a rifiutare lo stesso Padre Eterno; e ha portato, forse, certo mondo cattolico a rimuovere questa figura cui più che a ogni altra è legata l’idea della paternità umana. La contestazione della famiglia avrebbe poi reso poco simpatica ad alcuni quella notazione di Luca («Gesù tornò a Nazareth e stava loro sottomesso», 2,51) che dà avallo evangelico all’autorità, in senso forte, dei genitori. Anche i problemi legati a castità e verginità devono aver contribuito alla rimozione di questo sposo «al di là dell’eros». Difficile, sotto il bombardamento sessualista, capire la comunità di vita di Nazareth, implicante un amore pieno e profondo e al contempo non orientato al sesso. Una coniugalità nuova, anticipatrice della condizione escatologica (Lc 20,35), ma incompresa oggi da molti» (da La sfida della fede, SugarCo 2008).

 

È una grande responsabilità, oltre che un grande dovere, per  i genitori “cristiani”  far fare esperienza della parola di Dio, letta, pregata, vissuta all’ interno delle mura domestiche.

Per questo vorrei fermarmi con voi a riflettere oggi sul crescere come coppia nella fede, come formarci!

Poniamoci, quindi, delle domande.

La prima, ovvia, banale, ma non scontata: ciascuno di noi a livello personale e a livello di coppia considera importante crescere sotto  questo aspetto o riteniamo di essere cresciuti abbastanza e di poterne fare a meno?

Questa domanda è fondamentale, perché se non ne sentiamo la necessità ecco che abbiamo già terminato il nostro discorso. Non ne sentiamo il bisogno, non serve è una perdita di tempo! Se, invece lo riteniamo importante,  come trovare tempi e modalità?

LA TESTIMONIANZA DI UNA COPPIA.

 ANNA.

Come coppia e famiglia cerchiamo di aprirci alla preghiera e all’ incontro con Dio creando nella nostra casa una relazione più intima e profonda tra noi ed i nostri figli. In quel momento Dio è lì con noi; insieme possiamo scoprirlo.

[Soprattutto farne esperienza, n.d.r. ] Non è il risultato che conta, ma lo sforzo e l’ impegno quotidiano a rispondere al nostro sì. Allora la casa diventa una “piccola chiesa”, un luogo di incontro con Dio, nella preghiera e nella crescita della fede. Luogo in cui possiamo comunicare la fede attraverso la nostra testimonianza di vita e di amore, con le parole, con le risposte, i nostri gesti. Ho capito che per aiutare i figli a crescere nella fede occorre che io per prima cresca. Allora è importante per me fermarmi con Piergiorgio ( il marito) a leggere e ascoltare la parola di Dio e lasciarla calare dentro. Ci riserviamo una mezz’ora ogni mattina per leggere le letture del giorno, lasciarci toccare da qualche frase o parola che cerchiamo di conservare nella mente durante il giorno. Questo momento insieme ci aiuta perché siamo di stimolo l’ uno all’ altro.

 Piergiorgio

Molte volte mi capita di ritornare con il pensiero a quando vivevo in questa stessa casa assieme si genitori, cinque fratelli ed una zia non sposata ( …) Dentro queste mura riaffiorano tanti ricordi. Il grande camino, luogo d’ incontro nelle sere d’ inverno, il quadro della Sacra Famiglia verso il quale ci rivolgevamo durante il rosario; il quadro della Madonna della neve, appeso a metà scala dove la sera, prima di salire nelle camere, avevamo imparato a farci il segno della croce in segno di devozione.  Poi il vociare di noi figli che chiamavano dalle nostre camere e che terminava soltanto quando  babbo e mamma ci davano, dalla loro camera la Benedizione.

Tutto questo mi stimola a riflettere, oggi che viviamo in un mondo diverso. Capisco che devo andare contro corrente e non è facile. Occorre un costante cammino fra noi due fatto di attenzioni, di dialogo e ascolto che ci porta a vivere una relazione più pura. Così come chiedere e concedere il perdono quando la nostra relazione si è incrinata ci aiuta a ristabilire l’ armonia. La nostra casa, in qualche modo diventa luogo  di condivisione, d’ amore, di preghiera.

 Questa che scrive  è una  coppia di persone  come noi, che ha una famiglia, un lavoro, un marito, una casa … Avranno, come sembra anche loro i momenti alti e quelli bassi nella loro relazione, ma sono reali concreti e allo stesso tempo consapevoli che “ il mondo è quello che è e che essere cristiani richiede di andare contro corrente”.

Un cosa che mi faceva riflettere è quella frase sul cammino fatto di costanti attenzioni ecc… che fa vivere e innalza la relazione fra i coniugi. Attenzioni, dialogo, ascolto nella e della ferialità, dove si è chiamati ad incarnare la nostra vita di fede, il nostro professarci credenti in Cristo Gesù, nostro Signore.

Quando si portano queste testimonianze vi è sempre qualcuno che dice, ma questi non vivono nella realtà sono fuori dal mondo. Il mondo è questo, quello che vivono tutti. Dove sembra che il male abbia il sopravvento, ma il bene continua ad operare silenzioso. Dove si vuole cancellare la differenza fra maschile e femminile, e dove tanti lottano perché questa diversità, come il dono della vita, non sono volute per caso, ma sono doni che ci sono consegnati costitutivi della stessa persona. Dove la manipolazione genetica pensa che la vita sia un prodotto e come tale possa essere ordinato e confezionato, e altri che continuano a gridare che la vita non può essere manipolata, selezionata e terminata. In questo mondo i coniugi cristiani sono chiamati più che mai a crescere nella loro esperienza di fede, per donarla alle persone che amano e se non amano i propri figli i genitori cosa dire se non che  Dio non si dimentica di loro (cfr. Isaia)

Crescere come coppia è necessario, sotto due aspetti: quello del bene dei figli, ma anche quello del bene della coppia stessa, aiuta anche a vivere un rapporto dinamico fra i coniugi a mantenere fresco il rapporto e l’ amore.

Quando noi pensiamo al “prossimo”, riprendendo il comandamento del Signore, spesso pensiamo al “ fuori” e ci dimentichiamo che il prossimo più vicino a me è proprio mio marito/moglie. Che l’amore al prossimo non si manifesta solo nell’ aiuto materiale, con la collaborazione alla vita familiare, alla organizzazione della casa, ma è anche  crescere assieme nella relazione con il Signore. Che quell’ unione che avviene a livello fisico deve essere espressione non solo sentimentale, ma di una comunione più profonda.

Una comunione che si costruisce e si realizza giorno per giorno, con impegno, con dedizione, con fatica e non di rado anche attraversando il mistero del dolore e della sofferenza.

Certamente avrete sentito parlare di Jacopone da Todi, autore fra l’ altro dello Stabat Mater. Forse non tutti sanno che aveva una moglie poco conosciuta, Vanna, molto umile, molto dolce, ma anche molto santa che fece di tutto per mantenere nella giusta strada il marito, prima di quella che possiamo chiamare la sua conversione, perché pare che questo marito giovane fosse un po’ scapestrato. Assieme alle sue sofferenze, ma anche alle preghiere univa l’ attenzione che aveva a quelle che erano le esigenze del marito, seguendolo anche nei divertimenti.

Quando in una disgrazia morì, Iacopone si accorse del cilicio che portava sotto gli abiti per la conversione del marito.

Questa fu la molla che fece scattare la conversione! Iacopone divenne frate e santo, ma certamente anche la moglie, se pure non riconosciuta ufficialmente era santa.

Questo ci può aiutare a riflettere su quando all’ interno della coppia i cammini sono differenziati, magari le tensioni diverse. Di come ci si possa aiutare l’ un l’ altro anche in situazioni disuguali, quando l’ amore è vero, quando si offre e si prega per l’ altro, senza attendersi riscontri prodigiosi e immediati, ma non mollando mai, perseverando con tenacia, offrendo anche il proprio dolore.

La diversità nei cammini di fede

 Non va categorizzata nei termini: io sono più in alto, l’ altro è più in basso, io sono nel giusto, l’ altro è nell’ errore, o buono e cattivo, l’ altro è da convertire e da salvare, del resto chi salva è il Signore, chi converte è pure Lui. Proviamo a pensare che può essere un modo diverso di accostarsi per quanto riguarda la fede, il rapporto con Dio.

Due esempi pratici che venivano riportati in un libro ( forse un po’ datati, ma per intenderci):” Una donna può essere più propensa ad espressioni religiose che comprendano  riti, sentimento, canto, espressioni verbale e quindi sta bene nelle più consuete manifestazioni di fede. Lei può ritenere più insensibili o poco religiosi gli uomini che non si coinvolgono in questo modo.

Gli uomini, per quella che è la loro sensibilità sono meno inclini, ma questo non implica necessariamente una mancanza di fede,  e si trovano meglio quando vi è da concretizzare, da fare.

Proviamo a pensare alle nostre feste parrocchiali, quelli che partecipano ai momenti liturgici, di preghiera, penso ai tridui, sono certamente un numero minore di quelli che si occupano delle strutture organizzative, della parte logistica, la chiamiamo così, della festa. A volte, ricordo la mia esperienza, partecipano persone che vedi a Messa a Natale e a Pasqua.

Parlare assieme, dialogare, ritagliarsi spazi !

É successo già altre volte di dire che fra le coppie, già da fidanzati, non trovano molto spazio nei discorsi quello della fede, di Dio, assieme all’  e sull’ educazione dei figli. A volte perché vi è un “rispetto umano”, un pensare che così si rispetta la sensibilità dell’ altro, o perché ci si vergogna.

Che dire?

Che il dialogo non è imposizione, ma ascolto reciproco, e questo è una base necessaria per il fondamento di una vita assieme e di una famiglia. Non si tratta di voler “indottrinare l’ altro”, ma mettersi in quell’ ascolto onesto e sincero che contribuisce a crescere e a rafforzarsi assieme. Spesso in nome di un falso rispetto ci si priva e si priva all’ altro l’ aiuto e quell’ “ apostolato” reciproco che si realizza all’ interno della coppia stessa. Tutto questo deve avvenire senza forzature, senza ricatti, senza imposizioni: i diktat che non dovrebbero far parte della relazione coniugale.

In altri termini si tratta di prendere consapevolezza di quale impostazione di vita vogliamo dare alla nostra relazione di coppia  e  alla nostra famiglia, se è quello di una vita semplice, non materialista, fondata su un sano e santo timor di Dio, il rispetto dei comandamenti …

Si possono fare anche altre scelte, ma tutto questo va condiviso, analizzato assieme per quanto possibile.

Il rischio!

Trovarci spiazzati, impreparati dopo, accorgendoci che vi sono diversità così grandi che non siamo capaci di sopportare, semplicemente perché non le abbiamo mai condivise, non ne abbiamo mai parlato. Quando, poi non si riesce a sopportare, non di rado nasce il conflitto,  in cui entra di tutto e di più. Conflitto che se non si riesce a ricomporre la coppia scoppia!

Vorrei proporvi a conclusione questa preghiera di Follereau che abbiamo pregato già con un altro gruppo di genitori, ma con una valenza particolare riguardo il discorso che stiamo facendo.

Cristo non ha mani

ha soltanto le nostre mani

per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha piedi

ha soltanto i nostri piedi

per guidare gli uomini

sui suoi sentieri. Cristo non ha labbra

ha soltanto le nostre labbra

per raccontare di sé

agli uomini d’oggi. Cristo non ha mezzi

ha soltanto il nostro aiuto

per condurre gli uomini a sé.

Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora. Siamo l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole.. R.Follereau, scritti vari

Queste parole non valgono solo per quanto riguarda “ il fuori”, ma anche per quello che riguarda “il dentro”.

Cioè oggi Cristo parla a mio marito/moglie attraverso tutta la mia persona. Ciascuno di noi all’ interno della coppia, all’ interno della famiglia, aperta al mondo deve essere Parola del Signore, parola viva, parola vera, parola di vita

Per annunciare Colui che solo : “ha parole di vita eterna”. ( dqy)

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Bibliog. La nostra casa luogo di vita cristiana – comunità di Caresto- ed Gribaudi

 

 

 

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