IL PROCESSO ISLAMICO Erdogan-Khomeini, che somiglianze sull’islamizzazione

La Turchia degli ultimi 16 anni è un Paese trasformato fin dalle radici. Oggi è una nazione islamista che assomiglia all’Iran del 1979: alla guida di Erdoğan la rivoluzione islamica sta facendo il suo corso, forse è solo più lenta rispetto al modello iraniano. Ma il processo d’islamizzazione è quasi sovrapponibile. 

La Turchia degli ultimi 16 anni è un Paese trasformato fin dalle radici. Oggi è una nazione islamista che assomiglia all’Iran del 1979: alla guida di Erdoğan la rivoluzione islamica sta facendo il suo corso, forse è solo più lenta rispetto al modello iraniano. Ma il processo d’islamizzazione è quasi sovrapponibile.

Il Pahlavi Shah, l’ultimo Scià di Persia, che ha governato l’Iran dal 1941 fino alla rivoluzione del 1979, aveva esiliato Khomeini, in Turchia (guardo caso), nel 1964. Quando il grande ayatollah tornerà nel suo Paese natale era il 1 ° febbraio 1979, e prenderà il potere quasi immediatamente. Creato in tempi estremamente brevi il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC), per eliminare i nemici interni, finì con il triplicare gli inquilini delle carceri e in poche settimane l’Iran divenne un regno islamico del terrore.

Per la Turchia il processo d’islamizzazione è stato solo più lento ed è passato per le urne, ma erano i medesimi sentimenti di Khomeini ad animare le ambizioni di un giovane Erdoğan già quando era “solo” sindaco di Istanbul: “Le moschee sono le nostre caserme, le cupole dei nostri elmetti, i minareti le nostre baionette e fedeli i nostri soldati”. Parole che gli consegneranno una condanna a dieci mesi per “incitamento all’odio”, ma che non sconterà mai. A differenza dell’ayatollah non verrà esiliato, fonderà anzi un partito, Justice and Development Party (AKP), con il quale diventerà Primo Ministro nel marzo 2003. Sarà l’inizio di un cambio radicale del Paese: chiese cristiane bandite o sequestrate, le leggi sul hijab, i musulmani non sunniti perseguitati. Un processo lento che, complici la guerra in Siria del 2011 e il tentato golpe del 2016, porterà all’espressione della sua vera personalità islamista e aggressiva: un sultano despota.

Erdoğan una volta ha detto che “la democrazia è come un tram, la guidi fino a quando arrivi a destinazione, poi scendi”. E sembra che la sua fermata sia arrivata da un pezzo.

Quando Khomeini iniziò a lavorare al suo progetto, c’era la  “rivoluzione bianca” da trasformare. Da cancellare il secolarismo che lo Scià aveva in qualche modo instaurato dopo decenni di politiche volte a occidentalizzare l’Iran. Era stato concesso alle donne di occupare posti di governo, la terra poteva essere lavorata con strumenti moderni e “occidentali”, il “Family Protection Bill” permetteva alle donne ripudiate di ottenere la custodia dei figli e agli uomini venne negato il diritto di poligamia, era stato abolito anche il cosiddetto “matrimonio temporaneo” (una sorta di autorizzazione religiosa sciita che legittimava la prostituzione) e l’età legale del matrimonio passò da nove (sull’esempio del Profeta) a quindici anni.

Ma per Khomeini tutto ciò andava spazzato via, c’era da “disintossicare” l’Iran dall’occidentalizzazione (gharbzadegi in persiano). E così gli Stati Uniti simbolo della modernità e del secolarismo a cui il Paese si era ispirato, divennero il “grande Satana”.

In Turchia, Erdoğan, ha lentamente eroso le libertà dei cittadini mosso dallo stesso tentativo di eliminare ogni traccia di occidentalizzazione con cui i suoi predecessori avevano “contaminato” l’anima dei turchi.  Ataturk aveva abolito il califfato islamico nel 1924 e per quasi settant’anni sembrava si potesse essere immuni dall’islamismo. Ma fu un’illusione. Il sultano ha picconato il sistema Ataturk eliminando anzitutto i diritti dei cristiani e sostituendo le chiese con moschee. La stampa non è più libera e il mondo accademico è l’ombra del suo presidente. Perché è dall’istruzione che il presidente turco ha pensato di restaurare il Paese: è proprio di ogni dittatura rubare le giovani menti.

Qualsiasi islamico che ambisce al governo deve trovare un modo di arginare il decreto coranico del “Allah non ha partner”. Nel 1991, quando Ayman al-Zawahiri (l’attuale leader di Al-Qaeda) criticò i Fratelli Musulmani per aver presto parte ai processi democratici d’Egitto, trasse una conclusione: “la linea di fondo delle democrazie è che il diritto di legiferare è dato a qualcuno che non sia Allah l’Altissimo. Chiunque è d’accordo con questo è un infedele perché ha messo qualcun altro al posto di Allah”.

Khomeini aggirò il problema ponendo la governance nelle mani dei chierici, la cui stretta aderenza alla shariʿah allontanò il regime dall’accusa di sostituire Allah e in quanto “leader supremo” si fece dittatore ingannando e minacciando la popolazione.

Erdoğan ha acquisito il potere attraverso il processo democratico reso possibile dalle riforme di Ataturk e voto dopo voto è diventato più autoritario e il Paese più islamico. Specie dopo il tentato golpe. Con le elezioni del 2018 si è concesso di cambiare la costituzione per diventare un Khomeini turco. Da ora in poi non correrà più il rischio di perdere, ma vincerà con i margini di Arafat.

L’obiettivo della politica estera di Khomeini era semplice: espandere l’influenza dell’Iran, diffondere la sua versione dell’islamismo e combattere l’Occidente. La politica estera di Erdoğan è stata ostile all’Occidente ancor prima che diventasse primo ministro, ma come presidente della Turchia, l’ostilità agli Stati Uniti s’è fatta concreta: ha aiutato l’Iran a portare armi in Siria, ha combattuto i curdi e ha reso popolare, per qualcuno ha addirittura inventato, il saluto a quattro dita della Fratellanza Musulmana.

Ma tra i più preoccupanti tra tutti i paralleli Erdoğan-Khomeini c’è la nuova tendenza all’ostaggio. Il 4 novembre 1979, le forze di Khomeini hanno sequestrato l’ambasciata americana a Teheran e tenuto in ostaggio 52 persone tra diplomatici e civili per 444 giorni. E non smetterà mai di catturare  americani. Dal 2016 ad oggi non si contano gli ostaggi di Erdoğan: tra le varie carcerazioni opinabili, forse la più celebre è quella del pastore Andrew Brunson. L’accusa di cristianizzazione è la più diffusa.

Oggi la rivoluzione del Sultano ha preso velocità e sta quasi per superare le gesta del grande ayatollah. Se c’è un posto al mondo dove i diritti umani sono stati debellati quasi completamente, dove i cristiani sono perseguitati per “decreto di stato”, dove la shariʿah governa e le donne non hanno dignità, questo è la Turchia del ventunesimo secolo. E c’è ancora qualcuno che la sogna in Europa.

Lorenzo Formicola in LA NBQ

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *