Gesù e la libertà del discepolo … – XXI Domenica tempo ordinario B

Gesù e la libertà del discepolo,
potremmo intitolare così questa pagina di Vangelo.
Abbiamo ascoltato in queste Domeniche il discorso che Gesù ha fatto ha fatto dopo la moltiplicazione dei pani. Un discorso difficile da comprendere per i giudei allora, ma anche per noi oggi, se non siamo nell’ ottica della fede.

Questa parola è dura chi può ascoltarla?
Già la parola di Gesù, il Vangelo, sine omissis non fa sconti a nessuno e interpella tutti. Prenderlo sul serio vuol dire mettersi in cammino dietro Gesù ed essere disposti a intraprendere strade scomode, impervie come le ha percorse Lui.
Credere che Gesù si dona come nutrimento indispensabile per un cammino di vita facendosi dono nell’ Eucaristia, che è il Suo Corpo e il suo Sangue perché anche noi sappiamo fare della nostra vita dono! Credere che questo nutrimento è per la vita eterna, credere nella Risurrezione.

Parola difficile, dura: la Messa, l’ Eucaristia diventa centro, cuore pulsante della nostra vita che viene prima del fine settimana, della partita di calcio dei figli, degli interessi economici che vorrebbero togliere la sacralità del giorno dedicato al Signore, il giorno della risurrezione … e allora occorre scegliere!

Linguaggio duro, quello del discorso della montagna, che parla di riconciliarsi anziché vendicarsi, di essere coerenti con quanto diciamo, di credere nella Provvidenza di Dio, di pregare, di perdonare, di fare agli altri quello che vorremmo che gli altri facessero a noi,… e altro ancora … Si può consultare su “Vangelo. It”.

Duro anche quando il Signore ci ricorda che saremo giudicati sull’ amore vissuto in modo concreto: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete, ero straniero, nudo, malato, carcerato …, poi sappiamo come va finire: ogni cosa che avete fatto al più piccolo di questi fratelli l’ avete fatto a me. Amore vero e chiacchiere sulla solidarietà!    

Ancora è duro Gesù, quando afferma che non si può ripudiare la moglie e che il progetto di Dio sul matrimonio, fra un uomo e una donna, unisce i due “ in una sola carne” e che l’ uomo non può separare ciò che Dio ha unito. E se la seconda lettura, che parla proprio di questa via, può apparire misogina, cioè che Paolo avrebbe una specie di avversione nei confronti delle donne, che vorrebbe subordinate all’ uomo è perché ci si dimentica quella frase iniziale : siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo … e che l’ amore di Cristo diventa il modello dell’ amore degli sposi.

E non sono solo queste le pagine “ dure” del Vangelo.
Allora per noi, come per i discepoli può venire il momento della fatica di capire Gesù e di “rimanere con Lui”. Molto spesso succede anche a noi di sperimentare la difficoltà di credere, quando il Signore ci propone strade diverse da quelle che noi immaginiamo o sogniamo, incapaci di accettare che Gesù ci possa condurre ad un altrove migliore, più bello di quello che noi abbiamo immaginato. Essere cristiani, però, non è aderire semplicemente ad una filosofia o ad una ideologia, ma è credere in una persona, vivere un rapporto, e fidarsi di Lui. Darle credito credendo che la meta che ci viene proposta è infinitamente assai più bella di quella che potremmo desiderare, anche se spesso questa strada non è quella dei nostri obbiettivi, di quanto vorremmo fare, di quello che vorremmo affermare. Quella strada che ci viene proposta da Gesù è, però, l’ unica della realizzazione di ciascuno di noi e del mondo intero.

Il nodo è: “ Avremo il coraggio di percorrerla?”
Ecco allora la domanda del Vangelo che è per tutti: “ Volete andarvene anche voi?”. Già, perché credere è come buttarsi dalla finestra di un edificio in fiamme, avvolto dal fumo; io non vedo ciò che vi è sotto, sento solo una voce che mi dice:
“ Buttati”. Così è la fede: “sopportare i dubbi e le domande e continuare a rimanere con il Signore.

Ma non per tutti è così: “ da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andarono più con Lui”.
Quanti cristiani anche oggi hanno abbandonato e non vanno più con Gesù, non si sentono più parte della grande famiglia che è la Chiesa. Quanti si sono costruiti un loro credo, diversificato e applicabile a seconda delle loro esigenze, non di rado in antitesi con l’ unico vangelo di Cristo.
Ma la fede non è così. Si va’ avanti perché ci si affida a Gesù riconoscendolo per quello che è. La fede è la scelta di rimanere accanto soprattutto e oltre tutto indipendentemente dalle circostanze più o meno fortuite della vita, dalle risposte alle nostre attese e ai nostri desideri.

“ Signore da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna”. Di fronte alle migliaia di parole che ci propongono soluzioni facili, che pretendono di spiegarci il senso della vita e la risoluzione delle difficoltà ad essa connesse l’ affermazione di Pietro risuona decisa e risolutiva.

In questi due giorni vi sono stati tre funerali, ed ho avuto modo di sperimentare questa verità. Solo le parole della fede, solo il mettersi nella mani del Signore, in un momento come quello della morte che sembra mettere, per chi non crede, il sigillo definitivo alla nostra vita umana, terrena, possono portare speranza e un po’ di sereno nel cuore tormentato dal tumulto del dolore .

Scrive il cardinal Biffi di veneranda memoria:
“ il dilemma tra l’ essere increduli e l’ essere credenti è in realtà il dilemma tra il ritenersi collocati entro un guazzabuglio insensato e il conoscere di essere parte di un organico e rasserenante disegno di amore. (…) Per questo san Paolo può ammonire i cristiani di Tessalonica a non essere malinconici e sfiduciati come gli altri “ che non hanno speranza” .

Allora facciamo nostre le parole di Pietro, rimaniamo nel Signore, una scelta diversa significa tagliarsi fuori da un offerta inaudita: quella della vita eterna ed essere senza speranza!

Soli Deo Gloria, qydiacdon.

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