Dopo la Cirinnà, ora l’ eutanasia.

Unioni civili, stepchild adoption, eliminazione dell’obbligo di fedeltà coniugale e ora l’eutanasia. La politica abbandona la prudenza ed entra a gamba tesa su un altro tema sensibile, incurante, a quanto pare, delle diverse sensibilità degli italiani. Alla Camera, già alle prese con la seconda lettura del ddl Cirinnà, arrivano quattro testi per introdurre anche nel nostro ordinamento la “dolce morte”. Altro omaggio a un Occidente assopito, a un’Europa che ha dimenticato i suoi valori fondanti. La questione è delicata perché, anche in questo caso, coinvolge vite terze. Tra le bozze presentate alle commissioni Giustizia e dai relatori Daniele Farina (Sel) e Salvatore Capone (Pd) c’è anche quella di iniziativa popolare promossa dall’associazione “Luca Coscioni” e sottoscritta da quasi 105 mila cittadini.      

Il testo, presentato alla Camera il 13 settembre 2013, si compone di 4 articoli e stabilisce che ogni cittadino possa “rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale o di terapia nutrizionale”. Il personale medico e sanitario sarà tenuto a rispettare la volontà del paziente se proviene da un soggetto maggiorenne, che non si trova in condizioni, anche temporanee, di incapacità di intendere e di volere. Questo se “la volontà è manifestata inequivocabilmente dall’interessato o, in caso di incapacità sopravvenuta, anche temporanea dello stesso, da persona precedentemente nominata, con atto scritto con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, fiduciario per la manifestazione delle volontà di cura”.

In particolare, secondo la bozza, chiunque potrà redigere un atto scritto, con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, per chiedere l’eutanasia nell’ipotesi in cui sia affetto da una “malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi e sia incapace di intendere e di volere o di manifestare la propria volontà, nominando contemporaneamente un fiduciario perché confermi la richiesta quando ne ricorrano le condizioni”. Non sarebbero, quindi, più punibili per omicidio (compreso quello del consenziente) per istigazione al suicidio o per omissione di soccorso i medici e i sanitari che abbiano autorizzato l’interruzione del trattamento. Al contrario, laddove non fosse rispettata la volontà del paziente, si rischierebbe di incorrere in sanzioni penali e civili, oltre all’obbligo di risarcire i danni, morali e materiali, derivanti da questa condotta.

In commissione sono poi arrivate anche le proposte di legge, sostanzialmente identiche, di Marisa Nicchi (Si) e Titti Di Salvo (Pd). Prevedono la non punibilità del medico che pratica “la dolce morte” se rispetta le condizioni e le procedure indicate dalla legge e, in particolare, se “ha preventivamente accertato che: l’assistito è maggiorenne e capace di intendere e di volere al momento della richiesta; la richiesta di eutanasia è stata formulata volontariamente, è stata ben ponderata e ripetuta e non è il risultato di una pressione esterna; il paziente è affetto da una malattia con prognosi infausta e in fase terminale, senza alcuna prospettiva di sopravvivenza, e le sue sofferenze fisiche o psichiche sono costanti e insopportabili a causa di lesioni psico-fisiche o di una malattia grave e incurabile”.

Le due proposte prevedono poi che l’ok all’interruzione del trattamento sanitario possa essere dato nei confronti di “persone affette da patologia grave e incurabile e che non sono più in grado di intendere e di volere (e non potrebbero quindi effettuare una valida richiesta di eutanasia), qualora queste abbiano sottoscritto la cosiddetta dichiarazione anticipata, entro i cinque anni immediatamente precedenti la situazione che rende impossibile la manifestazione cosciente della propria volontà”. È inoltre prevista l’istituzione di una Commissione nazionale che verifica se l’eutanasia sia stata effettuata secondo le condizioni e le procedure previste.

C’è poi il testo che porta la firma di Eleonora Bechis, ex M5s oggi deputata di Alternativa Libera-Possibile, il quale, più semplicemente, assicura a ogni cittadino il diritto di rifiutare “l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale o di terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente e non può dichiarare obiezione di coscienza”.

di Daniele Vice: POLITICA SENZA FRENI: E ORA ARRIVA L’EUTANASIA, in In Terris. Quotd. On line

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *