Vangelo 11- 2-2024

Meditazione 11 – 2 -2024

Dal Vangelo secondo MarcoIn quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.

E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Parola del Signore

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Oggi abbiamo l’ incontro con un lebbroso. I lebbrosi dovevano stare fuori dell’abitato. Ma vi è un’ anomalia, questo lebbroso si avvicina, non ha paura e questo fa riflettere anche i discepoli: altro che Paura. Gesù cosa fa? Stende la mano,lo tocca, lo guarisce. Quindi ciascuno di noi prende consapevolezza che Gesù si commuove per le molte sofferenze. Ma perché allora Gesù non ci ci da’ tutto subito. Nella Parola di oggi comprendiamo che senza l’ apertura del cuore, che se il cuore che è aperto non troviamo  beni da accogliere che Gesù viene a donare. Ecco che Gesù a volte aspetta la crescita anche nella fede. Da notare che il lebbroso chiede di essere purificato, non guarito, chiede di diventare quel capolavoro di Dio pensato per noi. Dio non ama il dolore, questo è il Dio che Gesù annuncia, che vuole la nostra salvezza e farci felici. Nonostante il divieto il lebbroso non tace, la gioia è troppo grande. Gesù fa’ il gesto di toccare il lebbroso con il rischio di diventare lui stesso impuro ancora prima della guarigione. Così vuole farci comprendere che la vera malattia è quella della solitudine, della povertà, dell’ emarginazione sociale. La vera malattia in ballo è la malattia spirituale. Signore ho bisogno della tua guarigione, aspetto il tuo perdono. Vorrei incontrarti sempre in ogni mia esitazione, quando il cammino della mia fede è stentato, penoso, trovato, reticente. Ridesta in Signore ogni giorno il desiderio di essere tuo imitatore, come Paolo, come Francesco e cancella la lebbra del nostro peccato.

VI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B – 14 febbraio 2021 | Parrocchia Santa Maria La Nova - Palata (CB)

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». Continue reading

La leggenda dell’Albero di Natale Racconti del Cuore > Winter Tales

I

In un remoto villaggio di campagna, la vigilia di Natale, un bambino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione, nella notte Santa.

Si attardò più del previsto e, sopraggiunta l’oscurità, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta incominciò a cadere una neve molto fitta.

Il bimbo si sentì assalire dall’angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare.
Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete.

Sopraggiunta una grande stanchezza, il piccolo si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco e l’albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far loro toccare il suolo in modo da formare come una capanna che proteggesse dalla neve e dal freddo il bambino.

La mattina si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo ricovero, potè con grande gioia riabbracciare i suoi compaesani.

Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, che la pianta aveva piegato fino a terra, aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole che stava sorgendo, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile.

In ricordo di quel fatto, l’abete venne adottato a simbolo del Natale e da allora in tutte le case viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno.
Da quello stesso giorno gli abeti nelle foreste hanno mantenuto, inoltre, la caratteristica di avere i rami pendenti verso terra.

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XXIX TEMPO ORDINARIO Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Parola del Signore
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In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Continue reading

Meditazione XXIII Domenica ordinario A + Dal Vangelo secondo Matteo

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Parola del Signore
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Correzione fraterna, come farla, perché a nessuno piace molto essere corretto, e chi corregge come la fa. Ecco allora il Vangelo di oggi.
Un antico autore di favole, Esopo, dice così: ognuno di noi porta addosso due borse: una davanti sul petto e una di dietro sulla schiena. Dentro quella che sta davanti mette gli errori e i peccati che vede negli altri, quella che sta dietro i difetti e i peccati propri. Che ne dite, quali vede meglio?
Gesù consiglia che siano gli altri a correggere i nostri difetti, perché noi non li vediamo quasi mai , quasi mai ci fermiamo a guardare su quella borsa che portiamo dietro di noi.
Ma perché ci indispone molto esseri corretti? Con ogni probabilità perchè il più delle volte non viene fatto con bontà e con amore, senza il quale non vi può essere niente di buono, figuriamoci la correzione.
Correggendo qualcuno molte volte si va a toccare il suo animo, qualche ferita o qualche punto ebole, succede, però, che molti lo fanno senza delicatezza, dimenticando i loro difetti e correggono senza delicatezza, senza bontà arrivando anche ad offendere la persona ammonita.
Gesù ci suggerisce quattro modalità per correggere.
Senza ira, a quattrocchi, correggere come fra un fratello e una sorella. Attenzione a un pericolo che è quello dell’ira, allora rimandare l’ammonimento a dopo. Poi quando l’ammonimento a quattrocchi non dà risultati possiamo farlo pubblicamente, davanti a testimoni o ai rappresentanti della Chiesa.
Cosa occorre, oltre l’amore, per imparare a correggere bene? Continuo esercizio e autocontrollo.
Nell’ Eucaristia chiediamo al Signore di riuscire a correggere sempre con amore e senza asprezza.

Deo gratias, qydiacdon

 

XXI Domenica Ordinario A. – Chi dici che io sia ?

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uo «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Parola del Signore
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Il Signore ci pone, oggi di fronte una domanda fondamentale : «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Vediamo che le risposte dei discepoli sono le più disparate: Giovanni il Battista, Elia, Geremia qualcuno dei profeti. Io ho incontrato molte persone nella mia vita che mi hanno detto: Gesù un grande maestro di vita, colui che ha portato un grande insegnamento, ma nessuno che abbia dato quella risposta necessaria e vera su di lui. Tu sei Dio. Dire tu sei Dio significa spostare su di Lui il baricentro della nostra vita e della nostra esistenza. Vedere con occhi e mentalità diversa i momenti delle nostre gioie e, soprattutto, quelli dei nostri dolori, delle nostre paure.
Significa metterlo al centro della nostra vita, del nostro essere, del nostro fare, del nostro pensare.
Riconoscere ciò è un dono che ci viene dalla rivelazione e dalla fede che noi dobbiamo coltivare e fare crescere nella preghiera, nell’accostarci i Sacramenti in modo speciale l’ Eucaristia e la Confessione.

Dare il “potere” delle chiavi a Pietro nasce dalla sua professione di fede nel riconoscere Gesù come il Signore. Rammentiamoci, allora, che ci sarà anche per noi il momento delle Chiavi e speriamo che le porti del Regno ci vengano aperte. Chiediamolo in questa Eucaristia.

Deo gratis, qydiacdon

Primato di Pietro - Wikipedia

XX Domenica Ordinario A: fede? Hai detto fede?

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure”
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Parola del Signore
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Potremmo intitolare la nostra riflessione: “La donna delle briciole” riprendendo quello che dice la Cananea a Gesù: “i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Il Signore aveva insegnato e guarito fino ad allora solo fra gli ebrei, come gli aveva comandato il Padre. Nel Vangelo Matteo ci racconta che ora si sposta al nord.
Lì incontra questa donna, che è una madre che gli chiede di liberare da un demonio. Le risposte di Gesù sono scostanti, ma questa donna non si arrende e alla fine riesce persino a fargli cambiare idea.
La prima parola che questa donna rivolger Un commentatore ha scritto: “. Una donna pagana lo “converte” da maestro di Israele a pastore di tutto il dolore del mondo. Infatti non si esce indenni dall’incontro con il fuoco, con la splendida arroganza di un amore di madre.” Cosa può la potenza dell’amore di una madre.”
La prima parola che rivolge a Gesù è la più antica delle preghiere cristiane, che diciamo anche durante la Messa: “Kyrie eleison, cioè Signore pietà.”
Signore abbi pietà del mio dolore, abbi pietà del dolore di una madre.
Poi questa donna sembra sbarrare il passo a Gesù, buttandosi a terra davanti a Lui, dicendo Signore aiutami.
Alla fine la risposta liberatoria. «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Vi sono creature da saziare che hanno solo bisogno di essere saziate dall’ amore, dalla compassione.

Nel giorno in cui avremo poca fede o troppo dolore, quando verrà, dal fondo dell’essere, solo un gemito senza parole «Ho paura, aiutami, sto affondando», in quel momento Dio si farà vicino come pane per i figli, come briciole per ogni cucciolo d’uomo. «Grande è la tua fede».
Grande è ancora la fede sulla terra, perché grande è il numero delle madri, donne di Tiro, di Sidone, di dovunque, che non sanno il Credo o il catechismo, ma sanno il cuore di Dio. Sanno che Dio ama con cuore di carne, con cuore di madre. ( Ermes Ronchi)

Deo gratias ,qydiac don

Liturgia della XX Domenica del T.O. Anno A - www.maranatha.it

Meditazione mariana Festa della Visitazione di Maria

Oggi si parla spesso degli ultimi, identificandolo con i poveri, con le categorie meno abbienti, ed è vero, ma io credo, che vi sia una categoria speciale di ultimi. Sono quelli che si fanno ultimi per il Vangelo. Esattamente come ha fatto Maria che nell’ annunciazione si fa piccola, ultima di fronte al disegno di Dio, che è infinitesimale più grande di Lei: Ecco sono la serva del Signore, dice. Vorrei che ci soffermassimo, però sull’ immagine di Maria, che in quei giorni, si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda dalla cugina Elisabetta.

In questa dinamica di Maria che va, e porta Gesù, vi è quella dinamica che dovrebbe essere nostra, di ogni battezzato, di tutta, la Chiesa. Ciascuno di noi oltre a che portare Gesù nella propria vita lo dovrebbe portare agli altri, esattamente come ha fatto Maria per generare gioia, stupore e meraviglia: “A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?”

Ma io non posso portare chi non ho. La Madonna ha accolto la proposta sconvolgente di Dio e ha generato in lei l’autore della vita, ma proprio per questo lo ha potuto portare alla cugina Elisabetta e continua a portarlo e ad indicarlo a tutti noi. Ricordate le nozze di Cana:” Fate quello che vi dirà”.
Allora accogliamo Gesù in noi, ma per questo non basta un sì generico, ma un sì costante quotidiano che dura tutta la vita, come quello di una madre nei confronti dei propri figli. Le mamme, quando sono tali, nella loro maternità non si stancano mai di dire il proprio sì. Continue reading

III Domenica di Pasqua: Emmaus

III Domenica di Pasqua: Emmaus dalla delusione alla gioia, all’ annuncio

Dal Vangelo secondo Luca

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Parola del Signore

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Il cammino dei due discepoli di Emmaus rappresenta un po’ il cammino della nostra vita in cui spesso proviamo delle delusioni. Cos’è la delusione?
Noi siamo delusi quando vediamo che quello che vorremmo, che quello che sogniamo, desideriamo non è secondo quello che si realizza, quello che ci aspettiamo. Quando vorremmo che una persona che ci è cara ed è malata guarisse, quando io mi sono preparato per un colloquio di lavoro e non sono stato assunto, quando ho studiato per una verifica, cari ragazzi, ma non è andata. Ma non solo quando le persone su cui contiamo non sono come ci sembravano. “Eppure pensavo che quella persona fosse proprio diversa, non uguale agli altri.” Allora viene dentro di noi una grande sentimento di amarezza.
E’ quello che stanno sperimentando questi due discepoli che da Gerusalemme si stanno recando a Emmaus. “Conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversano e discutono insieme:… noi speravamo che fosse Lui che avrebbe liberato Israele.” Speravamo… Continue reading

Chi c’era in principio? Dal commento teologico alla favola di Pinocchio

 

1 In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era, in principio, presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. ( Dal Vangelo secondo Giovanni)

C’era una volta …
“Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori.
No ragazzi, avete sbagliato.
C’era una volta un pezzo di legno

Chi si accinge a raccontare una fiaba o a compiere una meditazione teologica incontra subito il problema dell’inizio: come si deve cominciare? Da chi si deve partire? Chi c’era una volta? Le fiabe propongono da sempre una soluzione concorde: c’era una volta un re.
Non ci sono dubbi sulla riposta da dare. In principio c’è Dio. “In principio era il Verbo”. (Gv 1,1) In principio c’è lo Spirito di Dio; anzi tutti i principi sono dello Spirito: il principio della creazione, il principio dell’opera di salvezza, il principio dell’umanità redenta cioè della Chiesa.
In principio dunque c’è “il Re” che si è mostrato ad Isaia nell’ora della sua vocazione: “I miei occhi hanno visto il Re, il Signore degli eserciti” (Is. 6,5). Proprio perché da sempre questo infinito e semplicissimo oceano di luce, di fuoco, di gioia che è il Dio eternamente vivo ed eternamente beato, riempie ogni pensabile spazio, proprio per questo siamo salvi dal nulla. (…)

Senza Dio l’universo è un deserto, e l’uomo, per quanto talvolta appaia grande a se stesso, non lo riempie. Non riesce neppure a riempire il suo mondo interiore: l’uomo, per qualche aspetto, è uno spazio dello spirito che chiede di accogliere una presenza.
A chi dobbiamo fare attenzione?
Se in principio c’è il Re, l’attenzione primaria deve essere per lui. Dio, se esiste, non tollera di essere posposto o di essere sottointeso neppure metodologicamente, neppure per un istante. Nulla è più comico dell’asserita opportunità di comportarci “ut si Deus non daretur” – come se Dio non esistesse – nell’intento di restituire all’uomo e al mondo la dignità e il gusto di una giusta secolarità. Se Dio esiste, le cose sono essenzialmente relative a lui, sicché ogni altro modo di considerarle ne insidierebbe l’autenticità.
Se mi metto a pensare, amare, sperare, vivere come se Dio non ci fosse, similmente mi metto a pensare, amare, sperare, vivere come se neppure io avessi qualche consistenza.
(…)
Perciò da qualunque punto si parta, si arriva sempre ad attingere il progetto unico e onnicomprensivo di Dio. (…)
Si cominci pure da un pezzo di legno, purché lo si esamini senza alcun pregiudizio, e, se inaspettatamente si udrà uscirne una voce, non la si neghi – come maestro ciliegia – in nome di qualche assioma prefissato. Il Collodi, che pone all’inizio del suo discorso un pezzo di legno, riesce alla fine a raggiungere il Padre.(…)
Del resto chi parla dell’uomo, parla anche implicitamente anche di Dio, del quale l’uomo è immagine.

Ridotto da: Contro maestro ciliegia card. Giacomo Biffi – Commento teologico alle avventure di Pinocchio

ROMA. Pinocchio, il successo a 193 anni da nascita di Collodi - Giornale La Voce