Qualunque cosa pensi di te stesso – meditazione serale

Qualunque cosa pensi di te stesso, agli occhi di Dio tu hai un prezzo altissimo.

Alcuni uomini non sanno quant’è importante che essi ci siano.

Alcuni uomini non sanno quanto faccia bene, anche solo vederli.

Alcuni uomini non sanno quanto sia di conforto il loro benevolo sorriso.

Alcuni uomini non sanno quanto sia benefica la loro vicinanza.

Alcuni uomini non sanno quanto saremmo più poveri senza di loro.

Alcuni uomini non sanno di essere un dono del cielo.

Lo saprebbero se noi glielo dicessimo.

 

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE- 31 dicembre ’23

Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore.
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Ma ci vuole una buona dose di follia, nel proporre in questa domenica fra Natale e Capodanno, la festa della Santa famiglia, indicandoci come modello da seguire la famiglia di Nazareth! Un tempo in cui quella che viene definita la famiglia tradizionale è sotto attacco. A 800 anni dal primo presepe, dove la natività è formata da un uomo, una donna e un bambino vediamo che qualcuno propone presepi con due madri, con due padri in nome di un falso concetto di libertà e di rivendicazioni di quali diritti, arrivando alla blasfemia.
Ma che modello può mai essere per noi questa famiglia? E, invece, se abbiamo il coraggio di lasciar parlare gli eventi, qualcosa si smuove in noi.
Perché, come ci dice Luca nel Vangelo che abbiamo appena proclamato, questa è una famiglia concreta, reale, che deve fare i conti con la fatica e la sofferenza, con gli imprevisti e i momenti di stanchezza delle relazioni.
Non è una coppia di semidei. Non ci sono gli angeli a stirare e a fare bucato, a Nazareth.
Non ci sono prodigi che accompagnano la crescita del piccolo Gesù. O miracoli che evitano a Giuseppe di lavorare e di guadagnarsi il pane con fatica.
Questa famiglia è esemplare proprio nella sua vicinanza alle nostre fatiche e stanchezze, alle nostre crisi e ai nostri litigi, alle difficoltà che devono e dovranno affrontare come profetizza il vecchio Simeone.
Nessuna corsia privilegiata, la loro, nessuna eccezione.
Dio nasce e cresce nell’ambiente fecondo e precario delle relazioni famigliari, della quotidianità, degli imprevisti.
Problemi e gioie, difficoltà e allegrie sicuramente non sono mai mancate tra le pareti della santa casa.
Troppo spesso, forse, dimentichiamo che il primo passo per la santità è la normalità. Per essere santi, prima di tutto, bisogno essere normali.
Normali: fragili e appassionati, innamorati della vita e cercatori di Dio, pieni di domande e di dubbi, ma con la certezza che Lui non si stanca di noi e della nostra miseria. Come Maria e Giuseppe: loro si sono messi in gioco, si sono riprogrammati, hanno letto la loro storia d’amore alla luce della Parola. Maria si apre allo sbaraglio della grazia che nel suo ventre plasma il salvatore e Giuseppe si lascia guidare dall’angelo per scoprire dove e come il Signore lo chiama ad essere collaboratore del suo progetto d’amore.
Cosa possiamo imparare dalla Santa Famiglia?
Da Maria la disponibilità. Siamo troppo rigidi, troppo inquadrati, troppo statici. La nostra anima corre il rischio di ammuffirsi e non ce ne rendiamo nemmeno conto. Maria ci insegna la disponibilità, la leggerezza, l’arte antica e sempre nuova di lasciarsi modellare come argilla dalle mani esperte del Padre, da Giuseppe a collaborare e accogliere i disegni di Dio. Sono incontri umani e divini come questi raccontati nel Vangelo che fanno crescere nella fede e anche nella religione. Dentro la città santa e dentro il Tempio di Dio, questa sconosciuta famiglia di Nazareth viene riconosciuta da un uomo e una donna che da una vita cercano Dio e si fidano che prima o poi questa loro ricerca sarà soddisfatta. Non vedono qualche miracolo particolare, ma solo un piccolo miracolo di vita che è il bambino Gesù e la sua famiglia che lo ha accolto umanamente con amore, nonostante le difficoltà. Questa famiglia confusa tra le tante e che vive il suo tempo con le sue tradizioni religiose anche sbagliate, questa famiglia è un segno divino che apre il cuore e fa dire a Simeone che “adesso posso anche morire perché ho davvero visto quello che ho atteso da una vita”.
Oggi per tante persone la famiglia è diventata un bene di consumo: come il televisore, il cellulare, la moto, la macchina…: il bene di consumo si usa finché fa comodo e poi si butta via. E infatti molti oggi si sposano con la decisione che finché va, va, quando non piace più ci si lascia. Con questo atteggiamento la famiglia è tradita fin dal suo nascere; con questo atteggiamento possono nascere accoppiamenti, ma non famiglie.
Ebbene, affidiamo alla Madonna e a san Giuseppe tutte le famiglie, affinché non si scoraggino di fronte alle prove e alle difficoltà, ma coltivino sempre l’amore coniugale e si dedichino con fiducia al servizio della vita e dell’educazione.

Don qydiacdon

30 dicembre: Festa della Sacra Famiglia. In molte parrocchie il rinnovo  delle Promesse Matrimoniali - Sicilia ON Press

La benedizione Bruno Ferrero

Nella comunità dell’Arca dove aveva deciso di vivere, dopo una vita passata nel mondo universitario, un giorno il celebre padre Henri Nouwen fu avvicinato da una handicappata della comunità che gli disse: “Henri, mi puoi benedire?”. Padre Nouwen rispose alla richiesta in maniera automatica, tracciando con il pollice il segno della croce sulla fronte della ragazza.
Invece di essere grata, lei protestò con veemenza: “No, questa non funziona. Voglio una vera benedizione!”. Padre Nouwen si accorse di aver risposto in modo abitudinario e formalistico e disse: “Oh, scusami… ti darò una vera benedizione quando saremo tutti insieme per la funzione”.
Dopo la funzione, quando circa una trentina di persone erano sedute in cerchio sul pavimento, padre Nouwen disse: “Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale. Lei sente di averne bisogno adesso”.
La ragazza si alzò e andò verso il sacerdote, che indossava un lungo abito bianco con ampie maniche che coprivano sia le mani che le braccia. Spontaneamente Janet lo abbracciò e pose la testa contro il suo petto. Senza pensarci, padre Nouwen la avvolse con le sue maniche al punto di farla quasi sparire tra le pieghe del suo abito. Continue reading

NATALE – Meditazione

Ci siamo mai posti la domanda cos’è Natale, assieme a cos’è Natale per me? Apparentemente sembrerebbe anche abbastanza facile nel clima che si respira in questi giorni assieme a risposte anche abbastanza scontate: famiglia, ritrovarsi assieme, regali come segno di un bene, di un affetto che dovrebbe durare tutti i giorni dell’ anno. Natale, con buona pace di coloro che vorrebbero toglierlo, è essenzialmente la nascita del Figlio di Dio che viene fra noi, e che assume in pieno la nostra umanità. Ma che incidenza ha questo per la mia vita? Allora bisogna che ci interroghiamo perché vi è anche un Natale molto diverso da quello che ci viene proposto dai falsi profeti di oggi. E’ quello che descrive questa suora.

Non c’è scritto sul Natale che meglio descriva la mancanza di attesa nel mondo contemporaneo di fronte alla nascita di Gesù di quella scritta dalla fondatrice del Monastero Mater ecclesiae dell’Isola di san Giulio Anna Maria Cànopi (1931) intitolata «Altro Natale». Recita così: «Altro Natale:/ culle insanguinate/ senza lacrime di madri,/ pianti sconsolati di fame/ senza latte, senza pace,/ senza ninne nanne.// Altro Natale/ non con il piccolo presepe/ tra gente semplice, fedele,/ ma su strade d’asfalto,/ tra l’urlo dei motori/ nel brivido della morte violenta.// Altro Natale/ senza compassione/ dove Tu, Dio,/ vuoi nascere ancora/ per amare con cuore d’uomo./ Vieni, non mancare,/ perché c’è sempre Lei ad aspettarti/ in mezzo a noi:/ la Povera,/ la Vergine,/ la Madre. Continue reading

La leggenda dell’Albero di Natale Racconti del Cuore > Winter Tales

I

In un remoto villaggio di campagna, la vigilia di Natale, un bambino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione, nella notte Santa.

Si attardò più del previsto e, sopraggiunta l’oscurità, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta incominciò a cadere una neve molto fitta.

Il bimbo si sentì assalire dall’angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare.
Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete.

Sopraggiunta una grande stanchezza, il piccolo si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco e l’albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far loro toccare il suolo in modo da formare come una capanna che proteggesse dalla neve e dal freddo il bambino.

La mattina si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo ricovero, potè con grande gioia riabbracciare i suoi compaesani.

Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, che la pianta aveva piegato fino a terra, aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole che stava sorgendo, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile.

In ricordo di quel fatto, l’abete venne adottato a simbolo del Natale e da allora in tutte le case viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno.
Da quello stesso giorno gli abeti nelle foreste hanno mantenuto, inoltre, la caratteristica di avere i rami pendenti verso terra.

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Aspettando il Natale. Il passero di Natale – racconto natalizio di B.Ferrero

Aspettando il Natale Il Passero di Natale : ecco un bellissimo racconto di Bruno Ferrero mentre stiamo aspettando il Natale; la notte in cui Dio inviò l’arcangelo Gabriele a Maria, un passero si trovava per caso lì, sul davanzale di una finestra, impaurito dall’apparizione, stava per fuggire ma non appena udì l’arcangelo annunciare a Maria che essa avrebbe dato presto alla luce il figlio di Dio, il suo piccolo cuore cominciò a battere forte per l’emozione e rimase fermo come un sasso fin quando l’arcangelo non fu volato via.

“Ho davvero capito bene? da Maria nascerà proprio il figlio di Dio?”, si chiese l’uccellino, provava una grande felicità “sono stato fortunato a sentire tutto”, pensò “devo andare subito a riferire il meraviglioso annuncio agli uomini affinché si preparino ad accogliere e a festeggiare il bambino” Così partì in volo sul villaggio di Nazareth e si diresse al mercato.

Lì vi erano donne che vendevano grano, farina e pane “ho uno straordinario segreto da rivelarvi!”, cinguettò il passero saltellando sulle zampette, impaziente di raccontare. Ma una di loro gli gridò arrabbiata “voi passeri fate sempre i furbi per rubarmi il grano! vattene via di qui, impertinente!” e lo minacciò con una scopa, senza ascoltare ciò che le voleva dire.

“si sta preparando qualcosa di grandioso!” Il passero volò allora fino alla piazza. Riuniti sotto un albero, i saggi del villaggio stavano discutendo animatamente.

“loro sì, mi ascolteranno di certo”, pensò, per farsi coraggio “si sta preparando qualcosa di grandioso per le creature della terra!”, cinguettò, posandosi su un ramo proprio sopra di loro.

I saggi alzarono per un attimo lo sguardo verso di lui, poi ripresero i loro discorsi, neanche si accorsero che l’uccellino, per nulla intimorito da un gatto, continuava a saltare di ramo in ramo tentando disperatamente di attirare la loro attenzione; scuotendo la testolina per la delusione, il passero proseguì fino alla capitale e puntò diritto verso il palazzo del Re “come osi oltrepassare le mura della reggia?”, gridò una guardia.

“vengo per darvi una notizia importante”, cinguettò il passero “sta per nascere il Figlio di Dio, il Signore dei cieli e della terra!”. “se non taci immediatamente ti chiuderò in una gabbia!”, tuonò il capitano “è il nostro Re il signore di tutto e di tutti!”.

Ma il passero riuscì a sfuggire alle guardie, entrò per una finestra nel palazzo, e si diresse verso la sala del trono “cacciate vi quell’uccello maleducato!” urlò il Re furente, senza ascoltare un bel niente di quel che il passero cercava di dirgli. Guardie e servitori inseguirono il passero, per fortuna, proprio nell’ultima stanza, il passero trovò una feritoia aperta, e in un baleno riguadagnò la libertà.

“i bambini mi daranno retta!” “salvo! finalmente sono salvo!”, esclamò l’uccellino librandosi alto nel cielo, da lassù scorse, vicino a un villaggio, dei bambini che giocavano allegri in mezzo alla neve.

“i bambini sì, loro mi daranno retta!”, pensò, avvicinandosi velocemente.Infatti, si era appena posato sulla neve, che tutti i bambini si erano già raccolti in cerchio attorno a lui “com’è carino questo passerotto!”, dissero “che cosa sarà venuto a fare? forse vuole giocare con noi”, “oh no! sono qui per svelarvi un bellissimo segreto!”, cinguettò l’uccellino, piegando un po’ di lato la testolina “nascerà tra poco sulla terra, proprio qui tra noi, un altro bambino, il figlio di Dio!”, “ascoltate quanti cip cip, cip cip”, notò un bambino “sembra proprio che voglia dirci qualcosa”, “io dico che ha fame!”, esclamò una bambina e gli diede delle briciole di torta.

Ma il passero non pensava davvero al cibo, era lì per qualcosa di ben più importante, per richiamare meglio la loro attenzione, batté eccitato le ali e ripeté da capo tutto, cinguettando nel modo più chiaro possibile. “come vorremmo capirti!”, disse un bambino all’uccellino, accarezzandolo, il passero fu certo che i bambini, purtroppo, non potevano comprenderlo. “gli adulti fanno i sordi”.

Al passero dispiaceva molto di non poter comunicare a nessuno il grande segreto “quale sfortuna che gli uomini non sappiano ciò che sta per accadere!”, pensava “gli adulti fanno i sordi e mi cacciano via, e i bambini, tanto gentili, non riescono a capirmi”, “se non posso raccontare nulla agli uomini, non vi sarà nessuno ad accogliere Giuseppe e Maria al loro arrivo a Betlemme”, si preoccupava l’uccellino “e nessuno, proprio nessuno sarà davanti alla stalla nella notte santa per far compagnia al figlio di Dio! debbo fare a ogni costo qualcosa!”, decise. Allora chiamò gli altri passeri e raccontò loro ciò che aveva udito nella casetta di Maria, i passeri si rallegrarono subito quanto lui. “se gli uomini non vogliono capire quale bambino sta per nascere, noi lo faremo sapere almeno agli altri uccelli”, decisero; in men che non si dica, volarono in ogni direzione e diffusero ovunque la notizia; allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, proprio tutti seppero del grande evento, nel mondo degli uccelli cominciò a regnare l’impazienza.

 

Ovunque fervevano preparativi, tutti provavano i loro più bei canti attendendo la nascita del figlio di Dio, quando Gesù nacque e fu deposto nella greppia, i primi a vederlo furono l’asinello che aveva portato Giuseppe e Maria a Betlemme, il bue che abitava nella stalla, e stormi di allodole, fringuelli, cinciallegre, pettirossi, usignoli e merli venuti da ogni parte, dal tetto della stalla i passeri vegliavano su Gesù bambino, mentre gli altri uccelli cantavano gioiosamente tutt’ attorno.

Poi arrivarono i primi pastori, che avevano finalmente udito l’annuncio dagli angeli discesi dal cielo, davanti a Gesù, si meravigliarono di trovare tutti quegli uccelli in festa, si guardarono l’un l’altro “cantiamo anche noi”, dissero, e fecero un coro solo con allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, suonando pure dolcemente i loro flauti e le zampogne. Quando gli altri uomini li udirono di lontano e capirono che era nato il figlio di Dio, pure loro si rallegrarono e cominciarono a cantare, così in ogni luogo della terra fu festa per il sacro evento.

Potete immaginare la felicità del nostro passero! per merito suo, Gesù, nascendo, aveva trovato tante e tante creature e tanti canti di felicità attorno a sé e ancor oggi, nella notte santa, davanti al Presepio o all’albero di Natale, bambini e grandi riempiono di canti le loro case.

Cosa mangia un passerotto? - Appena nato, piccolo e adulto

 

 

La rosa racconto sulle buone opere – Natale

Natale: andare incontro al Signore con le buone opere … anche se a volte sembrano insignificanti.

La rosa, da un racconto di Bruno Ferrero.

Per andare all’università, un ragazzo percorreva ogni giorno,
in compagnia di una sua amica, una strada molto
frequentata. In un angolo di questa via, c’era sempre una
mendicante che chiedeva l’elemosina ai passanti. La donna
sedeva sempre allo stesso posto, immobile come una statua,
con la mano tesa e senza mai alzare gli occhi su chi le dava
qualcosa. Il ragazzo non le dava mai nulla, la sua compagna
le dava sempre una moneta. Un giorno la giovane,
meravigliate gli domandò:”Ma perché non dai mai nulla a
quella poveretta?” E lui rispose: “Dovremmo regalare
qualcosa al suo cuore, non alle sue mani” Alcuni giorni
dopo,arrivò con una splendida rosa appena sbocciata, la
depose nella mano della mendicante e fece l’atto di andarsene.
Allora accadde qualcosa d’inatteso: la
mendicante alzò gli occhi, guardò il ragazzo, si sollevò a
stento da terra, prese la mano del ragazzo e gliela baciò. Poi
se ne andò stringendo la rosa al petto. Non si vide per una
settimana. Otto giorni dopo, la mendicante era di nuovo
seduta nel solito angolo della strada. Silenziosa e immobile
come sempre. “ Ma di che cosa avrà vissuto in tutti questi
giorni in cui non ha ricevuto nulla?” chiese l’amica. E il
ragazzo rispose:
“ Della rosa!”

1 Domenica di Avvento 2023

Vangelo Mc 13,33-37
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Parola del Signore
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Inizia un nuovo anno liturgico in cui ci viene proposto, dalla liturgia la lettura del Vangelo di Marco.
“Non si comincia dal paragrafo iniziale del suo Vangelo, che sarà oggetto di lettura nella settimana prossima: si parte dal punto in cui terminerà la penultima settimana dell’anno, con l’annuncio del ritorno di Cristo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”.
A prima vista, ciò può sembrare strano ed illogico. Invece, nella liturgia, c’è un’estrema sottigliezza nell’effettuare il cambiamento di tono: la nostra attenzione, che nelle ultime settimane era centrata sul giudizio e sulla fine del mondo, si sposta ora sul modo di accogliere Cristo: non con paura, ma con impazienza, proprio come un servo che attende il ritorno del padrone (Mc 13,35).
In quanto preparazione al Natale, l’Avvento deve essere un tempo di attesa nella gioia. San Paolo interpreta il nostro periodo d’attesa come un tempo in cui dobbiamo testimoniare Cristo: “Nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (1Cor 1,7).”

Si ritrova nel Vangelol’ idea dell’ imminente ritorno del Signore; al tempo stesso ci rende avveduti contro la tentazione di identificare i segni
dei tempi, per definizione mai del tutto chiari e sempre approssimativi e ambigui, sintomi certi e incontrovertibili della fine. Attenzione ai millenarismi! la storia passata deve insegnarci!
In tempi di confusione come il nostro, il Vangelo ha l’intento di richiamarci alla fedeltà a Cristo. L’ Avvento è, quindi, tempo di accoglienza del Signore e per prepararci alla venuta di Cristo.

E’ Anche tempo di preparazione di accoglienza non passiva, ma come dice la preghiera dei colletta della Messa: “O Dio, nostro Padre,
suscita in noi la volontà
di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene,
perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria
a possedere il regno dei cieli.”

Ma quali sono queste buone opere? Ce le diceva il Vangelo di Mt: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, [36] nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.” Sono le opere dell’ amore!
dunque, saremo valutati sull’amore che abbiamo donato agli altri ogni giorno: a scuola, a casa, in parrocchia, nelle varie attività che svolgiamo… ovunque.
“State attenti…vegliate…vigilate… non addormentatevi…” sono i verbi che ci accompagneranno per tutto questo periodo di Avvento.
Per questo dobbiamo sempre essere vigilanti e attendere il Signore con speranza, ma anche con operosità.

BUON AVVENTO A TUTTI

Qy diac don

52 idee su AVVENTO nel 2023 | avvento, buona domenica, idee ...

Ancora sulla Preghiera

 

La preghiera comincia come monologo dell’anima con se stessa e si manifesta poi parte dello Spirito di Dio in essa. In ciò si annuncia da lontano, sebbene già incalzante, il paradosso della preghiera: Colui che parla attraverso di noi è colui al quale parliamo.E così, ‘pensare, ricordare e ringraziare si compiono reciprocamente e sono veri solo in  questo triplice rimando’. Alfred Delp, il gesuita tedesco giustiziato dai nazisti,, diceva: “Il pane è importante, la libertà ancora più importante, ma più importante di tutto è l’ adorazione”, e così riconoscere il primato di Dio e della sua Parola nel mistero umano.