Il Signore al primo posto – XXIII Ordinario C ,2016

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
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“ Chi di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”
Parole dure quelle che pronuncia Gesù a noi oggi, difficili. Gesù mette in guardia dal pensare che seguirlo sia qualcosa di mellifluo, di banale. In contrasto con quello che è il pensiero comune oggi, in cui si pensa che seguire il Signore, essere suoi discepoli, essere cristiani si possa ridurre a qualche momento, a qualche esperienza in cui non siamo noi che ci arrendiamo a Gesù, ci mettiamo completamente e totalmente nelle sue mani disposti a farci rigirare come un calzino, a lasciarci scombussolare vita, affetti, e tutte quelle logiche umane che mettiamo sempre avanti quando ci viene chiesto qualcosa di grande, di impegnativo, ma che, affinché sia attuabile, richiede che paghiamo di persona.    

Non cadiamo, poi, nell’ errore di pensare che queste condizioni siano richieste solo per chi è chiamato ad una particolare missione. Le condizioni che Gesù richiede nel Vangelo a chi vuole seguirlo riguardano tutti: ciascuno nel suo stato di vita, lì dove il Signore lo ha voluto!

Vediamo allora queste condizioni!

Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie,
La nuova traduzione ha addolcito il termine che suonava: “ Se qualcuno viene a me e non odia …”: Come? Gesù che dice imparate da me che sono mite e umile di cuore oggi ci incita ad “odiare” coloro che ci sono più cari negli affetti? La durezza del linguaggio sta proprio nel paradosso! L’ amore al Signore è prioritario, ma Gesù non è disumano, non ci vuole proibire di amare, anche in modo forte, di coltivare gli affetti più intimi ci chiede di anteporre l’ amore per Lui ad ogni altro perché solo così potremo ricomporre i nostri affetti e l’ amore che ci lega ai genitori, fra i coniugi, nei confronti dei figli in modo vero e autentico, Avremo, inoltre, anche quella libertà interiore che, senza renderci insensibili, ci permetterà di affrontarne il distacco o la privazione certo con grande dolore, ma anche nella speranza e in quella serenità che nasce dalla fede.

Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo …
La croce è quella porta stretta di cui il Signore ci ha già parlato! Difficile portarla, difficile abbracciarla, noi tutti aspiriamo alla gioia e alla felicità, purtroppo fa parte della nostra condizione di fragilità umana, terrena. Quando si presenta nella nostra vita la prima reazione è quella di fuggire, di ribellarsi, ma noi non possiamo sottrarci perché è la via seguita dal maestro e “ il discepolo”, non è più grande del maestro.
Certo portare la croce esige pazienza e resistenza, ciò che occorre di più, però, è l’ abbondono fiduciosa alla volontà di un altro come ha fatto Gesù nell’ orto degli ulivi.

Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare …
È un richiamo alla nostra responsabilità e consapevolezza da coniugare con la libertà che il Signore ci lascia.
Seguire Gesù non può essere basato sull’ entusiasmo del momento, ma è una decisione seria che impegna per tutta la vita, in un sempre che oggi si fa fatica pronunciare. Occorre riflettere su ciò che si sta per fare considerando quello che ciò significa per la nostra vita, che si interseca con altre vite, con altre persone

Davvero il Signore ci sembra molto pretenzioso e magari viene anche la tentazione di dirgli, ma allora noi ci fermiamo qui.
Queste richieste, che per buona parte ci scandalizzano, di fronte alle quali si sgonfiano tutte le nostre presunzioni diventando, senza esclusione, poveri e umili fanno salire alle nostre labbra un invocazione: “Signore aiutaci”.
Aiutaci a comprendere e sperare solo in Te, ad abbandonarci a Te, così potrai prenderci per mano e noi potremo davvero seguirti.

Domani [ 4-9-2016] vi sarà la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. É un esempio che questo abbandonarsi nelle mani di Dio è possibile. Famosa la sua frase sulla matita nelle mani di Dio: “ Io sono una piccola matita nelle sue mani, nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con questo. La matita deve solo poter essere usata”.
Chiediamo al Signore nell’ Eucaristia lo stesso coraggio e lo stesso abbandono che ha avuto questa “ piccola, grande santa”, e ci renderemo conto che le richieste del Signore non sono poi così gravose, che essere suoi discepoli è possibile, se solo avremo il coraggio di abbandonarci ed allora … saremo beati.

Deo gratias, qydiacdon

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