Il Manifesto della Fede del Cardinale Gerhard Müller

 

«Non sia turbato il vostro cuore!» (Gv 14,1). E’ con questo versetto del Vangelo che si apre il “Manifesto della Fede” del cardinale Gerhard Cardinale Müller, diffuso domenica 10 febbraio in sette lingue.

Ciò che ha spinto il cardinale a offrire una testimonianza pubblica della Verità cattolica è stata la richiesta di «molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa cattolica», preoccupati per la «sempre più diffusa confusione nell’insegnamento della fede». «È compito proprio dei pastori» – afferma il cardinale – «guidare gli uomini loro affidati sulla via della salvezza, e ciò può avvenire solamente se tale via è conosciuta e se loro per primi la percorrono. A proposito ammoniva l’Apostolo: «A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto» (1 Cor 15,3)».

In un momento in cui «molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede, con un pericolo crescente di non trovare più il cammino che porta alla vita eterna», il cardinale Müller ritiene che la fonte più sicura di orientamento sia il Catechismo della Chiesa Cattolica, «scritto allo scopo di rafforzare i fratelli e le sorelle nella fede, una fede messa duramente alla prova dalla “dittatura del relativismo”».

I riferimenti al Catechismo costituiscono il filo conduttore del Manifesto, che si apre con una confessione di fede nella Santissima Trinità, «epitome della fede di tutti i cristiani», che «segna una differenza fondamentale nella fede in Dio e nell’immagine dell’uomo rispetto alle altre religioni». Il cardinale professa quindi la fede nella Chiesa, la cui autorità, «si estende a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate».

«La Chiesa non è un’associazione creata dall’uomo, la cui struttura può essere modificata dai suoi membri a proprio piacimento: essa è di origine divina» ed è ancora valido «l’ammonimento dell’Apostolo secondo cui maledetto è chiunque proclami un altro Vangelo, “anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo”» (Gal 1,8). Compito del Magistero della Chiesa nei riguardi del popolo di Dio è quello di «salvaguardarlo dalle deviazioni e dai cedimenti» affinché possa «professare senza errore l’autentica fede». Questo è particolarmente vero per quanto riguarda i sette sacramenti. «Per questo la Sacra Scrittura ammonisce riguardo alle condizioni per ricevere la santa Comunione: «chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore» (1 Cor 11, 27)». «Dalla logica interna del sacramento si capisce che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevano la santa Eucaristia fruttuosamente, perché in tal modo essa non li conduce alla salvezza. Metterlo in evidenza corrisponde a un’opera di misericordia spirituale.»

L’osservanza della legge morale è necessaria a tutte le persone di buona volontà per conseguire la salvezza eterna. «Infatti colui che muore in peccato mortale senza pentimento rimarrà per sempre separato da Dio. Ciò comporta delle conseguenze pratiche nella vita dei cristiani, tra le quali è opportuno richiamare quelle oggi più frequentemente trascurate». Seguono a questo punto una serie di richiami ai numeri del catechismo che ricordano il Magistero della Chiesa in tema di difesa della vita e condanna dell’omosessualità e di altri peccati (cfr 2270-2283; 2350-2381).

Il cardinale ricorda quindi il giudizio personale che segue la morte, con «la terribile possibilità che una persona, fino alla fine, resti in contraddizione con Dio: rifiutando definitivamente il Suo amore, essa si dannerà immediatamente per sempre. L’eternità della punizione dell’inferno è una realtà terribile, che – secondo la testimonianza della Sacra Scrittura – riguarda tutti coloro che muoiono in stato di peccato mortale». «Tacere su queste e altre verità di fede oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno contro cui il Catechismo ammonisce vigorosamente».

Il Manifesto si chiude con un appello a ricordare «queste verità fondamentali aggrappandoci a ciò che noi stessi abbiamo ricevuto (…) L’avvertimento che Paolo, l’apostolo di Gesù Cristo, da al suo collaboratore e successore Timoteo è rivolto in modo particolare a noi, vescovi e sacerdoti. Egli scriveva: «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero» (2 Tm 4,1-5)».

Il Manifesto dopo la firma del cardinale Müller, reca un’aggiunta significativa: Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede dal 2012-2017.

Manifesto della Fede

«Non sia turbato il vostro cuore!» (Gv 14,1)

Dinanzi a una sempre più diffusa confusione nell’insegnamento della fede, molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa cattolica mi hanno invitato a dare pubblica testimonianza verso la Verità della rivelazione. È compito proprio dei pastori guidare gli uomini loro affidati sulla via della salvezza, e ciò può avvenire solamente se tale via è conosciuta e se loro per primi la percorrono. A proposito ammoniva l’Apostolo: «A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto» (1Cor 15,3). Oggi molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede, con un pericolo crescente di non trovare più il cammino che porta alla vita eterna. Tuttavia, compito proprio della Chiesa rimane quello di condurre gli uomini verso Gesù Cristo, luce delle genti (vedi LG 1). In questa situazione, ci si chiede come trovare il giusto orientamento. Secondo Giovanni Paolo II, il Catechismo della Chiesa Cattolica rappresenta una «norma sicura per l’insegnamento della fede» (Fidei Depositum IV). Esso è stato scritto allo scopo di rafforzare i fratelli e le sorelle nella fede, una fede messa duramente alla prova dalla «dittatura del relativismo».

1. Dio uno e trino, rivelato in Gesù Cristo

L’epitome della fede di tutti i cristiani risiede nella confessione della Santissima Trinità. Siamo diventati discepoli di Gesù, figli e amici di Dio, attraverso il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. La differenza delle tre persone nell’unità divina (254) segna una differenza fondamentale nella fede in Dio e nell’immagine dell’uomo rispetto alle altre religioni. Riconosciuto Gesù Cristo, i fantasmi scompaiono. Egli è vero Dio e vero uomo, incarnato nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio è l’unico Salvatore del mondo (679) e l’unico mediatore tra Dio e gli uomini (846). Per questo, la prima lettera di Giovanni si riferisce a colui che nega la sua divinità come all’anticristo (1Gv 2,22), poiché Gesù Cristo, Figlio di Dio, dall’eternità è un unico essere con Dio, suo Padre (663). È con chiara determinazione che occorre affrontare la ricomparsa di antiche eresie che in Gesù Cristo vedevano solo una brava persona, un fratello e un amico, un profeta e un esempio di vita morale. Egli è prima di tutto la Parola che era con Dio ed è Dio, il Figlio del Padre, che ha preso la nostra natura umana per redimerci e che verrà a giudicare i vivi e i morti. Lui solo adoriamo in unità con il Padre e lo Spirito Santo come unico e vero Dio (691).

2. La Chiesa

Gesù Cristo ha fondato la Chiesa come segno visibile e strumento di salvezza, che sussiste nella Chiesa cattolica (816). Diede alla sua Chiesa, che «è nata dal cuore trafitto di Cristo morto sulla croce» (766), una struttura sacramentale che rimarrà fino al pieno compimento del Regno (765). Cristo, capo, e i credenti come membra del corpo sono una mistica persona (795), per questo motivo la chiesa è santa, poiché Cristo, unico mediatore, l’ha costituita sulla terra come organismo visibile e continuamente la sostiene (771). Attraverso di essa l’opera redentrice di Cristo diventa presente nel tempo e nello spazio con la celebrazione dei SS. Sacramenti, soprattutto nel Sacrificio eucaristico, la S. Messa (1330). La Chiesa trasmette con l’autorità di Cristo la divina rivelazione, «che si estende a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate» (2035).

3. L’Ordine sacramentale

La Chiesa è in Gesù Cristo il sacramento universale della salvezza (776). Essa non riflette sé stessa ma la luce di Cristo, che splende sul suo volto, e ciò avvenire solo quando il punto di riferimento non è l’opinione della maggioranza né lo spirito dei tempi, ma piuttosto la Verità rivelata in Gesù Cristo, che ha affidato alla Chiesa cattolica la pienezza di grazia e di verità (819): Egli stesso è presente nei sacramenti della Chiesa.

La Chiesa non è un’associazione creata dall’uomo, la cui struttura può essere modificata dai suoi membri a proprio piacimento: essa è di origine divina. «È Cristo stesso l’origine del ministero nella Chiesa. Egli l’ha istituita, le ha dato autorità e missione, orientamento e fine» (874). Ancora oggi è valido l’ammonimento dell’Apostolo secondo cui maledetto è chiunque proclami un altro Vangelo, «anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo» (Gal 1,8). La mediazione della fede è inscindibilmente legata alla credibilità umana dei suoi annunziatori: essi, in alcuni casi, hanno abbandonato quanti erano stati loro affidati, turbandoli e danneggiando gravemente la loro fede. Per loro se realizza la parola della Scrittura: «non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci» (2 Tim 4,3-4).

Compito del Magistero della Chiesa nei riguardi del popolo di Dio è quello di «salvaguardarlo dalle deviazioni e dai cedimenti» affinché possa «professare senza errore l’autentica fede» (890). Questo è particolarmente vero per quanto riguarda i sette sacramenti. La S. Eucaristia è «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» (1324). Il sacrificio eucaristico, in cui Cristo ci coinvolge nel suo sacrificio della croce, è finalizzato alla più intima unione con Lui (1382). Per questo la Sacra Scrittura ammonisce riguardo alle condizioni per ricevere la santa Comunione: «chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore» (1Cor 11, 27), dunque «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione» (1385). Dalla logica interna del sacramento si capisce che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevano la santa Eucaristia fruttuosamente (1457), perché in tal modo essa non li conduce alla salvezza. Metterlo in evidenza corrisponde a un’opera di misericordia spirituale.

Il riconoscimento dei peccati nella santa confessione almeno una volta all’anno è uno dei precetti della Chiesa (2042). Quando i credenti non confessano più i loro peccati ricevendone l’assoluzione, si rende vana la salvezza portata da Cristo, Egli infatti si è fatto uomo per redimerci dai nostri peccati. Il potere del perdono, che il Risorto ha conferito agli Apostoli e ai loro successori nell’Episcopato e nel Sacerdozio, rimette i peccati gravi e veniali commessi dopo il Battesimo. L’attuale pratica della confessione evidenzia come la coscienza dei credenti non sia oggi sufficientemente formata. La misericordia di Dio ci è data, affinché adempiamo i suoi comandamenti per conformaci alla sua santa volontà e non per evitare la chiamata alla conversione (1458).

«È il sacerdote che continua l’opera di redenzione sulla terra» (1589). L’ordinazione, che conferisce al sacerdote «un potere sacro» (1592), è insostituibile perché attraverso di essa Gesù diventa sacramentalmente presente nella sua azione salvifica. I sacerdoti scelgono volontariamente il celibato come «segno di questa vita nuova» (1579). Si tratta della donazione di sé stesso al servizio di Cristo e del Suo Regno che viene. Al fine di conferire validamente l’ordinazione nei tre gradi di questo sacramento, la Chiesa si riconosce vincolata alla scelta compiuta dal Signore stesso, «per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile» (1577). A tale riguardo, parlare di una discriminazione della donna dimostra chiaramente una erronea comprensione di questo sacramento, che non riguarda un potere terreno ma la rappresentazione di Cristo, lo Sposo della Chiesa.

4. La legge morale

Fede e vita sono inseparabili, poiché la fede senza le opere compiute nel Signore è morta (1815). La legge morale è opera della sapienza divina e conduce l’uomo alla beatitudine promessa (1950). Di conseguenza, la «Legge divina e naturale mostra all’uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine» (1955). La sua osservanza è necessaria a tutte le persone di buona volontà per conseguire la salvezza eterna. Infatti colui che muore in peccato mortale senza pentimento rimarrà per sempre separato da Dio (1033). Ciò comporta delle conseguenze pratiche nella vita dei cristiani, tra le quali è opportuno richiamare quelle oggi più frequentemente trascurate (cfr 2270-2283; 2350-2381). La legge morale non è un peso ma fa parte di quella verità liberatrice (cfr Gv 8,32) attraverso la quale il cristiano percorre la via della salvezza e non deve essere relativizzata.

5. La vita eterna

Molti si chiedono oggi per quale motivo la Chiesa esista ancora se gli stessi vescovi preferiscono agire da politici piuttosto che da maestri della fede proclamare il Vangelo. Lo sguardo non deve soffermarsi su questioni secondarie, ma è più che mai necessario che la Chiesa si assuma il suo compito proprio. Ogni essere umano ha un’anima immortale, che alla sua morte si separa dal corpo,però con la speranza della risurrezione dei morti (366). La morte rende definitiva la decisione dell’uomo a favore o contro Dio. Tutti devono affrontare il giudizio personale subito dopo la morte (1021): o sarà necessaria ancora una purificazione oppure l’uomo andrà direttamente verso la beatitudine celeste e gli sarà permesso di contemplare Dio faccia a faccia. Esiste però anche la terribile possibilità che una persona, fino alla fine, resti in contraddizione con Dio: rifiutando definitivamente il Suo amore, essa «si dannerà immediatamente per sempre» (1022). «Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi» (1847). L’eternità della punizione dell’inferno è una realtà terribile, che – secondo la testimonianza della Sacra Scrittura – riguarda tutti coloro che «muoiono in stato di peccato mortale» (1035). Il cristiano attraversa la porta stretta, «perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano» (Mt 7,13).

Tacere su queste e altre verità di fede oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno contro cui il Catechismo ammonisce vigorosamente. Ciò rappresenta l’ultima prova della Chiesa, ovvero «una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia della verità» (675). È l’inganno dell’Anticristo, che viene «con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati» (2Ts 2,10).

Appello

Come lavoratori nella vigna del Signore, noi tutti abbiamo la responsabilità di ricordare queste verità fondamentali aggrappandoci a ciò che noi stessi abbiamo ricevuto. Vogliamo dare coraggio per percorrere la via di Gesù Cristo con determinazione, così da ottenere la vita eterna seguendo i Suoi comandamenti (2075).

Chiediamo al Signore di farci conoscere quanto è grande il dono della fede cattolica, attraverso il quale si apre la porta alla vita eterna. «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,38). Pertanto ci impegniamo a rafforzare la fede confessando la verità che è Gesù Cristo stesso.

L’avvertimento che Paolo, l’apostolo di Gesù Cristo, da al suo collaboratore e successore Timoteo è rivolto in modo particolare a noi, vescovi e sacerdoti. Egli scriveva: «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero» (2Tm 4,1-5).

Possa Maria, Madre di Dio, implorarci la grazia di aggrapparci alla confessione della verità di Gesù Cristo senza vacillare.

Uniti nella fede e nella preghiera

Roma, 10 febbraio 2019

Gerhard Cardinale Müller

Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede dal 2012-2017

fonte: Corrispondenza Romana

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