III Domenica di Pasqua 2017 – Da Gerusalemme ad Emmaus … e ritorno – Lc 24,13-35

Tutti momenti della Messa sono importanti, certamente il cuore palpitante è la Consacrazione delle specie eucaristiche e la S. Comunione, ve ne è uno, però, che viene spesso trascurata, se non per tirare un sospiro di sollievo quando la celebrazione è stata un po’ troppo lunga e l’omelia noiosa: quella del congedo!

Questa parte è importante perché, forse nessuna si ferma a riflettere, ci troviamo esattamente nella stessa situazione dei discepoli di Emmaus. Come loro, nella Messa, abbiamo partecipato alla Pasqua di Gesù: alla sua Passione-Morte-Risurrezione, abbiamo sentito l’ annuncio di un Signore che è vivo, ma, forse anche il nostro cuore dubita, perché non lo vediamo come abitualmente vediamo ciò che ci circonda, le persone che incontriamo e non abbiamo ancora compreso la Scrittura e quanto ci ha detto Gesù stesso, che cioè per giungere alla Risurrezione occorre passare attraverso la porta stretta del dolore, dell’ abbandono, dell’ incomprensione, della solitudine del Calvario, della Croce.

Torniamo alle nostre case, alle nostre occupazioni e il nostro cuore è ancora pieno di amarezza! Crediamo che la Risurrezione di Gesù avrebbe risolto tutto, ma non ne vediamo ancora gli effetti a partire da noi stessi!

Vorremmo già vedere il mondo nuovo trasfigurato dalla luce del risorto! Un mondo rappacificato … diventano nostre le stesse parole gli stessi dubbi di Cleopa e del suo compagno. Per loro, come per noi, come anche per gli altri discepoli, per gli uomini del nostro tempo non è ancora radicata la certezza che vi può essere risurrezione dai morti, che vi può essere un Dio che fa risorgere i morti. Questo Gesù, questo Messia che si è arreso di fronte alla cieca e brutale violenza degli uomini. Come riconoscerlo Dio? Allora l’uomo cerca di sostituirsi a Dio, facendosi lui Dio ricercando una vita senza fine che l’uomo, nessun uomo, nessuna scienza può dare! Eppure Gesù è accanto a noi, sta facendo strada con noi, perché Gesù è vivo, ma non lo riconosciamo ancora. Allo stesso modo accade per la nostra umanità oggi, distratta da mille cose, ubriaca di immagini e di parole vuote, di luci e di immagini che le impediscono di riconoscere la vera Parola, la Scrittura e la vera luce che è il Risorto.

L’ umanità continua a cercare tra i morti, anche tanti cristiani continuano a cercare Gesù tra i “morti”, ma lì non lo possono trovare! Bisogna cercarlo tra i vivi, perché è vivo. Non nei ragionamenti sottili della mente, ma nella fede.

Siamo ormai talmente tristi, rassegnati che quasi non alziamo neanche più gli occhi al cielo.
Il Signore è fra noi, cammina con noi, ma noi non ci accorgiamo della sua presenza. Come i ciechi del Vangelo, come i discepoli di Emmaus abbiamo ancora bisogno che il Signore apra gli occhi, la mente il cuore. Lo fa, come sta facendo oggi in questa Eucaristia spiegando le Scritture. Di fronte alla Scrittura, alla Parola di Dio, il cuore comincia ad aprirsi. Perché non è una parola qualunque, in essa c’è la presenza di Dio e se il nostro cuore rimane chiuso è perché noi stiamo di fronte a Lei come se fosse parola di uomini, una parola solamente umana.

Il richiamo di Gesù “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”, è ancora valido per tutti noi oggi.

Ma anche se è così, qualcosa nei loro cuori si è mosso, arrivati dove erano diretti invitano quello straniero, che sembra dover andare ancora più lontano a fermarsi presso di loro, lo accolgono, lo ospitano … e accade
l’impensabile “allo spezzare del pane”. Lo straniero, non è più straniero e riconoscono Gesù, che scompare, però, alla loro vista.

Questo scomparire di Gesù ci deve fare riflettere sul fatto che la presenza del Signore risorto accanto a noi, nella nostra vita, è una presenza vera, ma che è altra da quella che noi normalmente sperimentiamo con l’organo della vista. Ci deve rimandare alla presenza di Gesù nei Sacramenti, nel Pane Eucaristico, nelle persone che fanno parte della mia vita e in quelle che incontro ogni giorno.

Vi siete accorti che per i discepoli di Emmaus accade quello che viviamo in ogni Messa? è successo quello che sta succedendo nella Messa, in ogni Messa. Noi veniamo qui con la nostra vita, magari anche con i nostri problemi, con le nostre cose belle e Gesù si fa vicino a noi. Certo non lo vediamo, ma c’è. Anche noi siamo come Cleopa e il suo amico duri di testa e di cuore e abbiamo bisogno di capire … e il Signore, ci parla e ci spiega attraverso le Scritture che ascoltiamo, poi ecco il grande momento, quando sull’ altare Gesù si rende presente nel segno del pane che viene spezzato e dato, la comunione che riceviamo. E noi come rimaniamo? Si aprono i nostri occhi nel senso che riusciamo a riconoscere Gesù con gli occhi della fede e con l’amore del nostro cuore.

Viene spontaneo a questo punto chiederci: noi che ogni domenica riceviamo quel pane che viene spezzato, riconosciamo in quel pane la presenza viva, concreta del risorto? Oppure …? Perché noi siamo quei discepoli… Chiediamoci perché il nostro cuore fa fatica ad “ardere”? Qualcuno ha provato a rispondere arrivando a concludere che come il comandamento dell’amore a Dio è inscindibilmente unito a quello dell’amore al prossimo, così per riconoscere Gesù “nello spezzare il pane” vi deve essere nella nostra vita il germe della Carità.

Rivolgiamo anche noi lo stesso invito al Signore: “Resta con noi perché si fa sera” tante volte nella nostra vita!
È sera nel nostro cuore, le nostre speranze si affievoliscono sempre più, ma tu Signore ti fai nostro compagno e siedi a mensa con noi e rinasce la speranza, anche noi possiamo riconoscerti e, così, ripercorrere la strada per annunciare a tutti che sei il vivente, che ti abbiamo incontrato e che dalla delusione, dalla tristezza siamo passati alla gioia.

Deo gratias, qydiacdon

 

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