III domenica di Avvento anno C – 2018- «E noi, che cosa dobbiamo fare?».

Abbiamo incontrato, in questo percorso di Avvento, Domenica scorsa, Giovanni Battista, che” percorrendo la regione del fiume Giordano”, predicava un Battesimo di conversione per accogliere il Signore che viene. La sua predicazione ha un forte impatto sulle folle che accorrono chiedendo: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Io concludevo la mia riflessione sulle letture dicendo che ciascuno di noi deve diventare e assomigliare al Battista, ad essere un po’ questa voce che grida in un mondo che oscilla fra l’ indifferente, il materiale, ma anche angosciato per i tanti segni di violenza, di male, di solitudine, di smarrimento di valori e di verità.
Verrebbe da chiedersi se i cristiani assolvendo alla loro missione di testimoni e di annunciatori e di testimoni sappiano ancora suscitare una domanda simile nelle coscienze degli uomini e delle donne di oggi o se non siano come il sale che sta perdendo il sapore … terribile se il sale perde il sapore, non serve più a nulla!
Chiederci se le nostre vite sono impregnate di Cristo e se lo porgiamo agli altri, con molta umiltà, ma anche con tanta chiarezza oppure se gli altri si allontano perché non riescono a cogliere in noi questa trasparire Gesù.

«E noi, che cosa dobbiamo fare?».
Spesso noi siamo molto bravi ad indicare agli altri quello che loro dovrebbero fare, atteggiandoci a veri maestri, ma questa domanda coinvolge anche noi, non possiamo chiamarci fuori da una volontà di accoglienza continua del Signore. Della sua Parola del suo Vangelo. Noi, prima di tutti, dobbiamo essere nella dinamica di quella conversione continua che fa sì che anche noi rivolgiamo a Giovanni questa domanda. Ed ecco le risposte del Battista!

  1. Condivisione, solidarietà: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».  Farci accanto a chi è in situazioni di indigenza e di povertà con profonda umiltà, senza sentirci né superiori, né i primi della classe.
  2. Ai pubblicani Giovanni richiama la giustizia e onestà: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Che implicano il rispetto delle regole, la legalità vivremo così un’esistenza veramente onesta!
  3. «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Risponde il Battista ai soldati. Mitezza anche nello svolgere un compito che potrebbe portare a prepotenze, sopraffazioni e ad ogni tipo di violenza. Svolgere con mitezza anche compiti che implicano autorità può apparire difficile e inconciliabile, ma non è così. Vi propongo uno stralcio della descrizione di mitezza:

“La mitezza è la sintesi tra amore e comprensione,
tra la spinta ad agire in favore dell’altro
e la valutazione delle diverse situazioni
in cui è possibile imbattersi
e che devono essere gestite con prudenza e obiettività.
Mitezza non è quel buonismo che tutto scusa,
anche ciò che deve essere affrontato con coraggio,
pazienza e sano spirito di sopportazione.”(R. Quaglia) 

Non dimentichiamo che dovrebbe essere la qualità distintiva del cristiano!

Le risposte del Battista investono in modo concreto la vita e le situazioni spronandoci all’ esercizio di una Carità accorta, intelligente, efficace, prudente e vera! Colui che viene, liberandoci dal peccato ci permetterà di vivere tutto questa nella misura in cui lo accoglieremo e ne faremo il nostro compagno di viaggio e di vita.
Ecco, quindi, il motivo della nostra gioia, perché l’Atteso è vicino è prossimo.

Abbiamo sentito questo invito alla gioia nella liturgia:

“Rallegratevi sempre nel Signore … ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino. (Fil 4,4.5 ) ”  (dice l’ apostolo nell’ antifona d’ ingresso ).

“Rallègrati, figlia di Sion,grida di gioia … Canta ed esulta,(esorta il profeta)”.

“Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.” Abbiamo pregate nel salmo.

“Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto”, ancora esorta S. Paolo.

Ma da dove nasce questa gioia?  Non nasce da qualcosa, come sponsorizzata da qualche pubblicità televisiva, ma nasce dal Signore che si rende presente nella storia umana, nella mia vita, nelle nostre vite. Quel Signore che non è un Dio lontano o indifferente, distante e solitario, ma che si fa vicino, amico discreto e rispettoso della nostra libertà e che soprattutto ci ama sempre per primo.

Vorrei concludere con un passo di un filosofo, Kirkegaard:
“Tu ci hai amati per primo, o Dio. Noi parliamo di Te come se ci avessi amato per primo una volta sola. Invece continuamente, di giorno in giorno, per la vita intera, tu ci ami per primo. Quando al mattino mi sveglio ed elevo a te il mio spirito, tu sei il primo, tu mi ami per primo. Se mi alzo all’ alba ed immediatamente elevo a te il mio spirito e la mia preghiera, tu mi precedi, tu mi hai già amato per primo. È sempre così. E noi ingrati, che parliamo come se tu ci avessi amati per primo una volta sola”

Ecco da dove nasce la nostra gioia.

Deo gratias,qydiacdon

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