COLPO DI SCENA I medici concedono tempo: Rimandata l’esecuzione di Charlie. C’è speranza

Al termine di una giornata angosciante di silenzio e preghiere la mamma di Charlie Gard ha annunciato sulla sua pagina Facebook: “Siamo stati in trattative oggi con Great Ormond Street Hospital e hanno accettato di darci un poco piú di tempo con Charlie. Siamo davvero grati per tutto il sostegno che ci state dando in questo momento estremamente difficile. Stiamo raccogliendo ricordi preziosi che porteremo come un tesoro per sempre nei nostri cuori molto pesanti”.

Ufficialmente, stando a quanto dicono i media inglesi in queste ore, la decisione scaturisce dalla richiesta accordata ai genitori di “prepararsi” al trapasso definitivo, ma questa sospensiva, sembra da un certo punto di vista riaprire i giochi anche perché il Daily Mail ha parlato espressamente di un cambio di idea dei medici. Anzitutto perché concedere quello che la mamma di Charlie, Chris, ha definito “more time”, più tempo, significa un procrastinare sine die il distacco del ventilatore che ad oggi tiene in vita il piccolo di dieci mesi. E questo è un valido argomento per dimostrare che nel caso di Charlie non siamo di fronte ad alcun accanimento terapeutico dal momento che non sembra essere giustificata allora la fretta per accelerare la morte in vista di una cessazione di una sofferenza non più sostenibile.

Ma in secondo luogo c’è anche un aspetto non irrilevante. In queste ultime ore l’ospedale è stato tempestato di e-mail e telefonate e l’opinione pubblica mondiale è stata “ufficialmente” investita di questo dramma, con dichiarazioni di politici e la presa di posizione netta di migliaia di persone che sui social network non parlano d’altro. E’ immaginabile che nelle prossime ore, spostando la morte più in là, il Great Ormond Hospital sarà bersaglio di ancora più richieste incessanti a rivedere la propria posizione, che però ad oggi è forte di una doppia sentenza favorevole della corte inglese e della Cedu europea.

Ma il circuito mediatico delle pressioni potrebbe aver giocato un ruolo non indifferente nel concedere più tempo ai genitori. Una concessione che, quando sarà il momento di staccare il respiratore e di far morire Charlie per soffocamento, dovrà essere ancora più pesante visto che alla repentinità di oggi, si sostituisce un temporeggiare ogni giorno che passa che verrà visto dall’opinione pubblica come sadico e non più giustificato. L’ospedale si metterebbe nella difficile condizione di dover giustificare una manipolazione totale e arbitraria della vita del piccolo.

E non è escluso che in questo ore/giorni di sospensiva non arrivino quelle pressioni decisive tali da far virare la vicenda di Charlie verso un esito che solo fino a poche ore fa sembrava impensabile. Non è finita dunque, in quel lasso di tempo concesso durante una partita a scacchi con la morte, ci sta la tutta la speranza per continuare a chiedere con forza: don’t kill Charlie e il tweet di Papa Francesco arrivato ieri sera sembra dare forza a questa speranza: «Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo». Poche parole, ma inequivocabilmente riferite al caso del piccolo Charlie, anche tenuto conto che in tanti fedeli ieri hanno chiesto un intervento diretto di Papa Francesco con preghiere, lettere-appello e persino telefonate a casa santa Marta.

Alle parole del Papa si sono aggiunte anche quelle del cardinale Carlo Caffarra che in un’intervista al Giornale ha detto chiaramente: “Siamo arrivati al capolinea della cultura della morte. Sono le istituzioni pubbliche, i tribunali, a decidere se un bambino ha o non ha il diritto di vivere. Anche contro la volontà dei genitori. Abbiamo toccato il fondo delle barbarie”, aggiunge Caffarra, che continua: “Siamo figli delle istituzioni, e dobbiamo la vita ad esse? Povero Occidente: ha rifiutato Dio e la sua paternità e si ritrova affidato alla burocrazia! L’angelo di Charlie vede sempre il volto del Padre. Fermatevi, in nome di Dio. Altrimenti vi dico con Gesù: “Sarebbe meglio che vi legaste al collo una macina da mulino e vi gettaste nel più profondo del mare”.

Andrea Zambrano
in: La nuova Bussola Quotidiana

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